La paura di McCullough aumentò con il passare delle ore. E quando il dottore sentì all’improvviso la voce di Walters nella cuffia trasalì in modo tale che quasi gli sfuggì di mano la macchina fotografica.
— Signore! — disse il pilota. — Drew riferisce movimenti nel corridoio davanti alla camera in cui si trova. Sono passati cinque Tipi Due, diretti verso la cupola che state perlustrando. Aveva spento la luce della camera stagna e li ha visti chiaramente, senza che loro vedessero lui.
— Tutti fuori! — gridò il colonnello. — Presto. Passiamo dalla strada che abbiamo percorso prima, evitando il corridoio. Io… non credo che sia ancora venuto il momento di tentare un contatto formale…
— Drew dice anche che, attaccato alle reti dell’intercapedine tra le fusoliere c’è uno straniero che somiglia al Tipo Uno.
— Faremo finta di non vederlo — disse Morrison — e speriamo che anche lui faccia altrettanto. Hollis, muovetevi!
Uscirono tutti dalla cupola. Morrison camminava in testa; Hollis e McCullough tenevano d’occhio le pareti; Berryman chiudeva la marcia. Si trascinarono lentamente verso Drew e la porta aperta della camera stagna, frugando con gli occhi negli spazi scuri tra i vani e le tubature che li circondavano.
— Dottore!
La torcia di Morrison aveva inquadrato un piccolo straniero irsuto, molto simile a un porcospino, che si allontanava traballando. McCullough non riuscì a vedere se avesse delle mani, o qualcosa di simile.
— Fatto — disse riponendo la macchina fotografica e avanzando in fretta.
Drew si era messo nella classica posizione difensiva, all’esterno della porta. Si era rannicchiato e aveva infilato una gamba tra le maglie della rete, appoggiando alla parete l’estremità della racchetta da sci, con la punta nella direzione dei compagni in arrivo. Morrison, leggermente imbarazzato, si mise nell’identica posizione, all’altro lato della porta, e fece cenno agli altri di entrare.
Passarono prima McCullough e Hollis, che si voltarono poi per aiutare Berryman; quando l’imprevisto si verificò avevano appena infilato la mano sotto le ascelle del pilota.
Nel momento in cui quattro voci cercarono di usarla contemporaneamente, la radio di McCullough sembrò impazzire, in un fragore di oscillazioni. Poi McCullough vide gli stranieri spuntare e balzare verso di loro da quelle masse scure che aveva preso per dei macchinari. Non riusciva a vedere Morrison e Drew. Il colonnello aveva perso la sua pila, ma l’aveva recuperata subito, e Berryrnan veniva trascinato indietro con forza.
Uno degli stranieri si era ancorato con due tentacoli alla rete e altri due si erano attorcigliati attorno ai piedi del pilota. Un altro extraterrestre si portò alle spalle di Berryman, agitando furiosamente i pungiglioni, e colpì con violenza le bombole dell’ossigeno. Se McCullough e Hollis avessero mollato la presa, il pilota sarebbe andato incontro a una morte orribile.
11
Per alcuni secondi McCullough guardò affascinato la pila del colonnello, che veniva spinta avanti e indietro nella lotta e colpiva gli stranieri che si trovavano sulla soglia. La scena, illuminata da quel raggio di luce impazzito, assumeva il tono irreale dei vecchi film muti. Lampi di luce abbagliavano e confondevano terrestri ed extraterrestri; proprio per questo motivo, McCullough tardò ad accorgersi che Berryman si era liberato un piede e lo stava usando per colpire il tentacolo avvinghiato all’altro. McCullough aveva visto tutta la scena come una serie di quadri sconnessi.
Hollis, attraverso la radio che trasmetteva sempre un fragore di oscillazioni per il fatto che tutti la volevano usare nello stesso tempo, gli urlò qualcosa e gli indicò la rete. Il fisico si era inginocchiato accanto alla porta scorrevole e aveva infilato la parte inferiore delle gambe tra le maglie e la parete. McCullough capì e fece altrettanto. Poi insieme afferrarono Berryman con tutte e due le mani e tirarono con forza.
Berryman si liberò dal primo straniero, all’improvviso, e andò a sbattere il casco contro lo stipite. La forza dello strattone era stata tanto violenta da proiettarlo oltre la porta a tale velocità da costringere i suoi due compagni ad afferrarlo per i piedi. Il secondo straniero era ancora attaccato alle bombole d’ossigeno e continuava a colpirle con violenza.
Un paio di gambe comparvero dietro lo stipite. McCullough ne afferrò una e tirò per aiutare il compagno a entrare. Nel tessuto che ricopriva la gamba c’erano ampi squarci, e uno di questi era macchiato di sangue.
Il continuo fragore rendeva difficile anche il pensare.
McCullough e Hollis adagiarono Berryman in mezzo a loro, gli infilarono le gambe nella rete e concentrarono tutti i loro sforzi contro lo straniero ancora attaccato alla schiena del pilota. Hollis infilò la punta della racchetta da sci tra il ventre dello straniero e le bombole, per fare leva. Lo straniero, forse colpito in un punto molto sensibile, ebbe una scossa violenta ma non lasciò la presa. Poi McCullough scoprì il modo di liberare Berryman. Afferrando l’estremità dei tentacoli e tirandoli, questi si staccavano con una certa facilità.
Si udì uno scatto smorzato. McCullough si guardò attorno e vide che anche tutti i suoi compagni erano al riparo nella camera stagna. Drew stava infilando la sua arma tra i tubi che correvano ai due lati della porta scorrevole e la maniglia, in modo da formare un catenaccio. Forse gli stranieri sarebbero riusciti ad aprirla, ma non senza danneggiare l’impianto idraulico.
Il frastuono nella cuffia diminuì e permise di distinguere parole e frasi.
— … Ho la tuta strappata. Mi manca l’aria… Toglietemelo di dosso! Toglietemelo… State zitti, tutti quanti… Tenetelo fermo, altrimenti colpisce… La mia gamba, maledizione, dov’è il dottore? Chiudete la radio e aprite i visori… Silenzio, e aprite gli elmetti…
McCullough rimase in silenzio, come gli era stato ordinato, e, improvvisamente, si rese conto che anche lui aveva contribuito al frastuono generale. Comunque non aprì il visore, perché aveva le mani piene di tentacoli dello straniero.
Nei pochi minuti che gli furono necessari per togliere dalla schiena di Berryman il corpo che si contorceva, McCullough ebbe modo di osservare lo straniero con attenzione. Tra la base dei tentacoli, quasi all’orlo del ventre, c’era una leggera rientranza, in cui brillava qualcosa di morbido e umido che poteva soltanto essere un occhio. Il meccanismo di apertura e di chiusura era costituito da doppie palpebre che si muovevano verticalmente anziché in senso orizzontale; l’occhio stava indubbiamente fissando McCullough. Le estremità dei tentacoli vibravano nel tentativo di liberarsi della stretta e per qualche strana ragione McCullough pensò al cane grosso, stupido e amico, al quale un giorno aveva cercato d’insegnare a porgere la zampa.
Ma quella creatura non era certamente amica… Almeno non lo era nel senso che alla parola davano gli umani… E non era nemmeno stupida. A meno che…
Non riuscì a finire il pensiero, perché Berryman era riuscito a togliersi da sotto lo straniero e la creatura aveva cominciato a sobbalzare tra loro due, tentando furiosamente di tendere e ritirare i tentacoli. Berryman afferrò una racchetta che ondeggiava nell’aria e l’appoggiò al ventre della creatura per respingerla. Hollis e McCullough lasciarono andare i tentacoli, e lo straniero rimase sospeso al centro della camera stagna, privo di forze.
— Io volevo rimetterlo nel corridoio, con i suoi amici — disse Hollis, dopo aver riaperto il visore. — Qui, dove siamo in cinque contro uno, può lasciarsi prendere dal panico e ferirsi…
— Siete sicuri che quest’aria sia respirabile? — domandò Berryman attraverso il vetro rotto del visore. Aveva il naso e una guancia feriti da un profondo taglio.
— Dottore — disse il colonnello — guardate la guancia di Drew. E la mia spalla…
— Hollis! Dietro di voi!