— C’è forse già qualche intelligenza superumana extraterrestre che ci sfiora le menti con invisibili tentacoli di pensiero per valutarci e giudicarci, e forse giudicare attraverso di noi l’intera razza umana? O c’è qualche specie di insetto seduto dietro un lanciarazzi in attesa di averci nel raggio di tiro?
— Ne abbiamo già parlato diverse volte! — replicò McCullough al pilota, rimproverandolo così di avere toccato un argomento che nessuno di loro voleva discutere. Poi cercò, con un certo imbarazzo, di rimediare al proprio scatto. — Nell’ultima ora, ne abbiamo parlato tre volte.
— Frenata fra meno trenta secondi, P-Due. Tenetevi pronti, P-Uno.
Nella voce del Controllo c’era una nota di autosoddisfazione che superava quella di tensione. Considerando il fatto che i loro calcoli dovevano portare i due scafi a colpire un bersaglio incredibilmente piccolo, quell’esultanza non era del tutto ingiustificata. Però McCullough si domandò, un po’ cinicamente, quanto grata poteva essere la freccia nei confronti dell’arciere, quando il colpire il centro perfetto o il finire sui sacchi di sabbia le avrebbe procurato l’identico violento mal di testa…
Dopo tanti mesi vissuti nella completa mancanza di peso, la decelerazione fu una sensazione sgradevole. La frenata dello scafo di Morrison venne ritardata di parecchi secondi per concedere al P-Uno di avvicinarsi al P-Due… ma non troppo. Era stato deciso che lo scafo di Berryman si avvicinasse direttamente all’astronave straniera, fino alla distanza di un chilometro e mezzo, e che il comandante pilota facesse rapporto su ogni metro di avanzata; avrebbe anche potuto agire di sua iniziativa, nel caso fosse successo qualcosa di imprevisto. Morrison, con la sua radio di maggiore potenza, avrebbe ritrasmesso i rapporti alla Terra e dato consigli a Berryman solo in caso di necessità. Il Controllo non avrebbe potuto fare altro che rimanere in ascolto.
Infatti, a causa dell’intervallo di tempo-radio, qualsiasi cosa potessero dire sarebbe arrivata in ritardo.
In vicinanza dell’astronave straniera tutte le decisioni sarebbero state prese dal colonnello Morrison. Berryman avrebbe avuto una certa sua iniziativa all’inizio, ma, una volta valutata la situazione, tutte le più importanti decisioni toccavano al colonnello. Come misura di precauzione, venne modificata la frenata del P-Uno, in modo da farlo fermare a settantacinque chilometri dallo scafo straniero.
McCullough si domandò cosa poteva pensare Hollis di questa decisione.
Nelle tre settimane dal giorno in cui lo aveva visitato, le condizioni fisiche e mentali di Hollis erano molto migliorate. Il fisico aveva parlato varie volte per radio con McCullough, rassicurandolo sulla propria salute, senza naturalmente accennare alla faccenda della Lurida Annie. Benché non avesse potuto parlare ampiamente del suo problema, McCullough ebbe la certezza che in quel momento Hollis si rendeva perfettamente conto di essersi troppo abbandonato alla immaginazione e di aver manifestato tutti i sintomi classici della mania di persecuzione.
Sullo schermo radar l’obiettivo appariva ora come una macchia di luce pulsante, la cui distanza diminuiva di continuo. Al telescopio, l’Astronave divenne sempre più grande, fino a coprire l’intero campo visivo. A poco a poco la velocità del P-Due rispetto a quella dell’altro vascello diminuì fino a che il piccolo scafo venne a trovarsi sospeso, immobile, a una distanza di circa un chilometro e mezzo.
“Come un avannotto che osserva uno squalo addormentato” pensò McCullough.
Berryman tossì rumorosamente, per schiarirsi la voce.
— L’Astronave… è grandissima. Calcolo che sia lunga poco meno di ottocento metri e che abbia un diametro di cento. Il diametro è uniforme in tutta la lunghezza dello scafo. Somiglia a un siluro, solo che alle due estremità ha delle curvature verso l’interno. A due terzi, verso poppa, almeno immagino che sia la poppa perché all’altra estremità c’è molto più materiale trasparente, lo scafo è circondato da una cintura di grosse bolle. Mi pare che siano una dozzina. Il sole batte direttamente su una di queste bolle, e posso vedere dei riflessi metallici.
“C’è un altro gruppo di cupole trasparenti, attorno alla prua” continuò. “Però sono più piccole e più schiacciate… Forse contengono gli equipaggiamenti di comunicazione e di vigilanza, mentre quelle più grandi, o sono armi… o… o… Forse il professor Pugh potrebbe avere qualche idea di cosa sono, perché lungo tutto lo scafo non si vede niente che somigli ai motori a razzo convenzionali o a scarichi di reattori.”
Il pilota divideva le sue attenzioni tra il telescopio e l’oblò per l’osservazione diretta. Parlava con voce calma, controllata e ostentatamente fredda. Ma tutte le volte che si muoveva, le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, si staccavano dalla pelle e rimanevano sospese nell’aria, come la raffigurazione di stupore dei personaggi di un fumetto. Il labbro inferiore di Walters era scomparso dietro la fila dei denti superiori. McCullough non riuscì a immaginare il proprio aspetto; comunque, non si sentiva per niente bene.
Berryman continuò a parlare.
— Stiamo trasmettendo segnali radio su tutta la gamma di frequenze, nel tentativo di far capire che siamo esseri intelligenti. E lanciamo un razzo luminoso ogni quindici minuti. Fino a questo momento, non abbiamo ottenuto risposta. Non riusciamo a capire il perché di tale atteggiamento, dato che non stiamo tentando di avvicinarci furtivamente. Posso avanzare?
Per dargli maggiore fiducia, Morrison non gli raccomandò di essere prudente, né gli ricordò l’assoluta necessità di agire nel modo migliore. Rispose soltanto: — Molto bene. Noi ci porteremo a un chilometro e mezzo dall’Astronave, per tenervi sotto copertura.
— Con che cosa? — domandò McCullough, istintivamente.
Stava ancora pensando a Hollis e alla sua fissazione sulla presenza di una Lurida Annie a bordo del P-Uno. All’improvviso, McCullough si domandò se un’idea simile poteva essere contagiosa, come una specie di raffreddore psicosomatico…
— È soltanto un modo di dire, dottore. Noi vi possiamo dare soltanto un sostegno morale. Vi prego di ricordare che tutto quanto diciamo viene ritrasmesso su tutta la Terra; quindi, riservate questo canale per il capitano Berryman.
McCullough aveva completamente dimenticato che ogni parola pronunciata sul P-Due veniva ritrasmessa dal Controllo Prometeo in ogni angolo del mondo. Ora immaginava il gruppo dei medici spaziali della base terrestre, intento a riascoltare quel pezzo del nastro magnetico e a valutare ogni parola e inflessione nei minuti particolari, per poi borbottare frasi che si richiamavano ai complessi del padre, a immagini archetipe, e a insicurezze fondamentali. McCullough si sentì avvampare, ma i due piloti erano troppo occupati a guidare lo scafo nella nuova posizione, per poterlo notare.
Si spostarono avanti e indietro lungo i fianchi della gigantesca astronave straniera, per tutta la maggior parte del tempo che avevano stabilito essere il giorno. A ogni passaggio, sorvolavano una differente striscia di superficie, e annotavano tutti i diversi particolari che potevano osservare. Quando raggiungevano le cupole trasparenti di quella parte dello scafo che loro immaginavano fosse la prua, lanciavano un razzo luminoso.
Non ci furono segni di vita da parte dell’astronave.
— O non c’è nessuno a bordo — ipotizzò Berryman — o il loro ufficiale di vedetta si è addormentato. Se non fosse per il fatto che lo scafo ha decelerato in un’orbita solare, e molto precisa anche, io direi che si tratta di un’astronave alla deriva o in condizioni di gravi difficoltà.