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— Ragazzo, a quanto sembra tu credi nel diavolo, e pensi che il diavolo sia io. Vero?

Dissi: — No, signore — ma senza troppa convinzione. Gramp scoppiò a ridere, e non era uomo da ridere facilmente.

— Johnny, mi sorprendi — disse Gramp. — Hai proprio la faccia di quello che ci crede. — E scoppiò a ridere di nuovo.

Charley Bryce guardò Gramp. C’era una strana luce nei suoi occhi.

— Voi non ci credete? — domandò.

Gramp smise di ridere.

— Piantatela, Charley — disse. — Fate venire al ragazzo delle idee stupide. — Si guardò attorno per accertarsi che Gram non ci fosse. — Non voglio che cresca superstizioso.

— Tutti, più o meno, sono superstiziosi — disse Charley Bryce.

Gramp scosse la testa.

— Io, no.

— Credete voi di non esserlo — disse Bryce — ma se si viene al dunque, scommetto che lo siete.

Gramp corrugò la fronte.

— Scommettete quanto, e come?

Il commerciante fece frusciare ancora le carte, poi le depose sul tavolo. Prese la pila di gettoni e li contò ancora una volta. Poi disse: — Scommetto tredici dollari contro un dollaro. Tredici pezzi d’argento contro la prova che voi non credete al diavolo.

Gramp mise da parte i soldi che aveva sul tavolo e prese il portafoglio per togliere un biglietto da un dollaro. Lo mise sul tavolo e disse: — Charley Bryce, siete coperto.

Charley Bryce spinse la pila di dollari accanto alla banconota e tolse la penna stilografica dal taschino, quella con cui Gramp aveva sottoscritto l’ordine delle sementi. Ricordo la penna perché era una delle prime stilografiche che mi fosse capitato di vedere, e aveva destato tutto il mio interesse.

Charley Bryce diede la penna a Gramp, poi strappò uno dei fogli dal blocco degli ordini, e lo mise davanti a Gramp, con la parte non stampata rivolta verso l’alto.

Disse: — Scrivete questo: «Per quattordici dollari io vendo la mia anima», e firmate.

Gramp scoppiò a ridere e prese in mano la penna. Cominciò a scrivere, rapido, poi la sua mano rallentò, e alla fine smise di scrivere. Non mi riuscì di vedere fino a che punto della frase fosse arrivato.

Alzò gli occhi per guardare Charley Bryce. Disse: — E se… — poi tornò a guardare il foglio di carta, e alla fine guardò i soldi che stavano in mezzo alla tavola. Quattordici dollari. Uno di carta, e tredici d’argento.

Tornò a sorridere, ma fu un sorriso forzato.

Disse: — Prendete i soldi, Charley. Credo che abbiate vinto.

Fu tutto. Il commerciante sogghignò e raccolse i soldi. Poi Gramp lo accompagnò fino alla stazione.

Ma Gramp, dopo quella sera, non fu più lo stesso. Oh, continuò a giocare a poker. In questo non cambiò mai. Né quando cominciò ad andare in chiesa la domenica con Gram, né quando si lasciò alla fine, nominare sagrestano, smise mai di giocare alle carte, e Gram continuò a criticarlo. Arrivò anche a insegnarmi il poker, a dispetto di Gram.

Charley Bryce non si fece più vedere. Forse lo avevano assegnato a un’altra zona, o forse aveva cambiato lavoro. Fu soltanto il giorno dei funerali di Gramp, nel 1913, che scoprii che Gram era al corrente della conversazione e della scommessa di quella sera. Si era fermata in guardaroba a riporre della biancheria, e non era ancora salita al piano superiore. Me lo disse dopo dieci anni, mentre tornavamo dal funerale.

Ricordo che le domandai se sarebbe entrata a fermare Gramp, nel caso in cui si fosse accorta che stava per firmare. Lei sorrise, e disse: — Lui non avrebbe mai firmato, Johnny. Sarebbe stata comunque una cosa di nessuna importanza. Se esiste veramente un diavolo, Dio non gli permetterebbe di andare in giro travestito a tentare la gente in quel modo.

— Voi avreste firmato, Gram? — le domandai.

— Tredici dollari per scrivere un’idiozia su un pezzo di carta, Johnny? Ma certamente che avrei firmato. Tu no, forse?

Dissi: — Non so.

È passato molto tempo da allora, ma continuo a non saperlo.