— Strangeway… — disse Keogh sovrappensiero. Era un commento, quasi una domanda.
L’interpellato accavallò le gambe e aggrottò le sopracciglia. — Esiste forse un motivo per cui non dovrei usare questo nome, Joseph?
— No, nessun motivo. Certo non perderò il sonno per un nome fittizio. È la sua presenza qui, invece, che mi stupisce — replicò Keogh esitando. — A questo punto direi che è assodato che nella sparizione di Cathy Brainard c’entra qualcuno dei vostri, giusto? E poi, come faceva a sapere della presenza qui di John e del sottoscritto?
L’uomo che si faceva chiamare Strangeway annuì lentamente. La sua risposta ignorò la seconda domanda. — Sì, c’entra qualcuno dei nostri. Uno solo, intendo: Tyrrel. E temo proprio che non si tratti di un coinvolgimento casuale.
— Tyrrel? Vuol dire Edgar Tyrrel?
— Sì, lo scultore, l’artista scomparso nel canyon cinquant’anni fa. Ecco, lui è un nosferatu. Oh, invero questa è una faccenda che presenta molti, molti lati oscuri! — commentò Strangeway con tono vagamente apocalittico, alzandosi e lanciando un’occhiata fuori dalla finestra dove la scarsa luce del giorno invernale faticava a morire. — Ma ora torna il momento dell’azione. Esco, Joseph. Immagino che abbia presto intenzione di far visita alla signora Tyrrel…
— Allora ci vedremo sulla strada, amico mio — salutò Strangeway, voltandosi per uscire. Keogh fu decisamente sollevato constatando che usciva tranquillamente dalla porta come tutti; d’altro canto, il sole non era ancora tramontato.
— Vampiri — commentò un meditativo John Southerland non appena la porta si chiuse dietro uno di loro. — Certo che è proprio una strana storia, Joe. Ma ti sei chiesto che diavolo diranno quei due da Phoenix quando dovremo spiegare loro questo lato della faccenda?
Joe si voltò di scatto. — No, perché non ho la minima voglia di spiegarglielo. E tu?
— No grazie.
— E allora ai due di Phoenix non diremo altro che lo stretto necessario sulla natura di Strangeway e di quel Tyrrel. Questo significa però che dovremo stare attenti a come usarli.
— E come li useremo?
— Oh, certamente possono aiutarci a setacciare il canyon. Fondamentalmente è questo che vuole la signora Tyrrel, se ho ben capito quello che diceva al telefono, e quindi… Non ho idea di cosa la spinga a pensare che possiamo far meglio delle centinaia di uomini che l’hanno setacciato il mese scorso: glielo chiederò non appena possibile.
— E Strangeway invece come lo useremo? — John fece in modo di calcare il tono sul punto interrogativo.
— Cristo John, non ne ho idea! Ne so esattamente quanto te sul motivo per cui è qui. L’unica cosa certa è che, stando a lui, la nostra cliente non è esattamente vedova.
— Già. Mi chiedo se lo sappia.
— Be’, se davvero il marito della vecchia Sarah si aggira in questa zona come vampiro mi sembrerebbe strano che la moglie non ne sappia nulla: perché allora rivolgersi proprio a noi, Keogh Co., i discreti specialisti del paranormale? Per quanto riguarda quel Brainard, mi dà l’impressione di uno che non ha mai visto un vampiro neppure in un film. A parte questo, debbo dire che mi sembra un uomo stanco e spossato, come uno a cui manchi l’amata figlia da un mese: certo che la polizia non l’ha aiutato molto.
John si dondolò sulla sedia restando in equilibrio sulle gambe posteriori. — Esiste una signora Brainard da qualche parte, una madre adottiva della ragazza?
— No. Esisteva, ma è morta tre anni fa. Da allora la ragazza non ha fatto altro che girare da una scuola all’altra.
Qualcuno bussò alla porta e John si alzò a rispondere. I due giovani aiutanti erano tornati insieme, carichi di cose. Purtroppo nessuna camera si era resa disponibile in giornata.
Quando tutti e quattro furono nuovamente seduti attorno al tavolo, Joe cominciò a fornire a Bill e Maria le scarse informazioni che possedeva su Cathy Brainard. John fece girare diverse foto della ragazza e quindi una concisa descrizione battuta a macchina e corredata di foto segnaletica. Al momento della scomparsa indossava un giaccone invernale, jeans e scarponi da montagna, aveva un grosso zaino e tutto lasciava presumere che intendesse accamparsi nel canyon.
Mentre i suoi assistenti studiavano la scheda segnaletica, Joe guardò con insistenza il suo orologio. Alzandosi dal tavolo, andò a lato della finestra e guardò fuori senza spostare la tenda nella luce sempre più tenue del pomeriggio. Il passo successivo, si disse, era presentarsi alla signora Tyrrel e a suo nipote con tutti i suoi collaboratori tranne Strangeway, che amava fare eccezione.
Sì, decisamente era giunto il momento di recarsi a casa Tyrrel.
Prima di uscire con i suoi colleghi dalla stanza, Joe aprì una delle valigie portate su da Bill e porse un walkie-talkie a ognuno dei presenti. Ogni radio era abbastanza piccola da stare comodamente nel taschino di una giacca invernale.
Ma vi erano altre cose nella valigia, strumenti richiesti da Joe ai suoi amici di Phoenix. Dopo averli studiati per un attimo, il detective di Chicago decise di lasciarli lì per il momento.
Così equipaggiati, Joe e gli altri si infilarono i giacconi e uscirono lasciando l’albergo dall’ingresso occidentale per evitare di ripassare dalla hall. L’oscurità incombente cominciava a sfoltire il numero di turisti sull’ampia strada pavimentata che costeggiava il margine del canyon attraversando quasi tutta Canyon Village. Joe condusse i suoi uomini oltre Kachina Lodge, Thunderbird Lodge e Bright Angel Lodge, tutti alberghi molto più moderni dell’El Tovar, costruiti con i materiali del Ventesimo secolo e meno alti e pretenziosi.
La piccola squadra di detective non dovette spingersi molto lontano prima di incontrare Strangeway. Li aspettava seduto sul muretto, la testa riparata dal cappuccio della giacca, e si unì a loro senza proferir parola.
Lampioni stradali di modesta potenza e troppo distanziati si accesero improvvisamente lungo tutta la strada pedonale, conferendo all’ambiente l’aspetto di un parco cittadino. Il crepuscolo si avvicinava inesorabile man mano che gli ultimi riflessi del giorno svanivano dalla coltre di nubi. Il sole comunque non era ancora tramontato.
Il gruppo procedette verso ovest seguendo la strada pedonale, con il basso muretto di pietra sulla loro destra. Oltre, le pareti del canyon precipitavano bruscamente per centinaia di metri come la costa di un nero oceano artico. Piena di nebbia e totalmente invisibile, quella gigantesca ferita nella crosta della Terra cominciava a dominare i pensieri di Maria con la sua cupa presenza, surreale come un sogno.
— Sembra — disse Bill per rompere il silenzio, procedendo al fianco dell’attraente collega — che sia profondo più di un miglio e lungo almeno dieci. Peccato per tutta questa nebbia! Ma… cos’è quello strano edificio?
Maria estrasse l’opuscolo da una tasca e lesse qualcosa a riguardo: si trattava senza dubbio del Lookout Studio, costruito nel 1914 dalla Fred Harvey Company con roccia calcarea non lavorata in modo da fonderlo con l’ambiente roccioso circostante.
Pochi passi lungo la strada e passarono davanti al Kolb Studio, eretto secondo l’opuscolo all’inizio del secolo da due fratelli che erano sia fotografi che esploratori. Lo studio era vuoto adesso, espropriato dalla direzione del parco.
E finalmente una volta superata la piazzola che segnava l’inizio del sentiero del Bright Angel, con il relativo recinto dei muli distante pochi metri dal ciglio del baratro, il gruppo di persone giunse in vista di Casa Tyrrel.
Strangeway sembrò volersene andare a questo punto. Dopo aver mormorato qualcosa a Keogh, il piccolo uomo si allontanò dando l’impressione di svanire lentamente nella strada in penombra fino al recinto. Incuriosita, Maria lo guardò allontanarsi.