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E ora i rimanenti quattro investigatori erano quasi giunti al termine della loro passeggiata. Da dove si trovavano risultava visibile solo il tetto della casa: il resto, come accadeva con il Kolb Studio, si trovava al di là del muretto proprio sul ciglio del precipizio.

Joe condusse il piccolo gruppo fino alla porta di casa Tyrrel, bussando poi energicamente.

Quasi subito la porta venne aperta da una candida vecchietta che non poteva essere altri che la signora Tyrrel in persona. Sembrava averli attesi tutto il tempo. Era magra e curva sotto il peso dei suoi ottant’anni, con lunghi capelli d’argento; tuttavia i suoi movimenti conservavano un’inaspettata freschezza. Al collo portava una collana Navajo di argento e turchesi su una veste viola, anch’essa indiana.

— Il signor Keogh, suppongo — disse la vecchina con voce più chiara e forte del previsto.

— Molto piacere, signora Tyrrel. Le presento i miei assistenti in questo caso. — Mentre parlava, Joe si rese conto della rigida figura di un uomo che si aggirava nel salotto ascoltando presumibilmente ogni cosa. E quello dev’essere Brainard, si disse. Il nipote della signora Tyrrel era uh uomo sulla cinquantina, di carnagione chiara e fisico legnoso; portava baffi lunghi e ben curati, e indossava un maglione Pendleton su camicia e cravatta.

— Entrate pure, signori, non state sulla porta — li invitò la signora Tyrrel con stanca impazienza, studiando a uno a uno con interesse gli assistenti di Keogh. — Entrate. Anche lei, signorina.

L’ingresso di pietra e legno ricordò subito a Maria, la hall dell’El Tovar, anche se naturalmente in scala molto ridotta.

Joe fece una veloce e concisa presentazione. La vecchia signora strinse calorosamente la mano a tutti, mentre Brainard si limitò a salutarli con un cenno del capo.

Gli occhi dell’anziana donna si soffermarono a lungo su Bill Burdon, guardarono altrove e poi tornarono a lui. Sembrava quasi domandarsi se l’avesse già visto, anche se naturalmente un precedente incontro era da escludere. Ma ultimamente tutti sembravano conoscerlo.

Finalmente l’attenzione dell’anziana donna tornò a Keogh. — Signor Keogh, quasi arrivava tardi! Ho sentito la voce di Cathy pochi minuti fa!

3

In piedi dentro la caverna illuminata a giorno da quelle lampade totalmente sconosciute, il giovane Jake Rezner riuscì a non perdere la calma. Nonostante la rabbia del momento e il fatto che l’uomo avesse i capelli scuri e fosse coperto di polvere, si ricordò di aver davanti solo un vecchio, probabilmente pazzo da legare.

Con voce quantomai tranquilla, una cosa incredibile visto il suo temperamento, Jake domandò al vecchio come diavolo facesse a sapere che tipo di vita aveva vissuto fino ad allora.

Tyrrel ridacchiò seccamente. — Su questo argomento ne so più di quanto tu possa immaginare, mio giovane amico. A proposito, come ti chiami? — La voce che veniva dalla figura coperta di polvere suonava roca e potente; l’accento, con grande sorpresa di Jake, era marcatamente britannico. Conosceva l’inglese britannico solo dai film, ma era certissimo di non sbagliarsi.

— Mi chiamo Jake Rezner, signore, e lavoro per il Corpo Civile di Conservazione.

L’altro lo guardò con vaga benevolenza. — Ah, capisco. Vieni dagli anni Trenta.

Jake sbatté le palpebre. — Da dove vengo, signore?

— Dagli anni Trenta. Ah, lascia perdere. Voi siete quelli che tracciano i sentieri e costruiscono i ponti — tagliò corto il vecchio con tono in qualche modo sprezzante.

— Finora di ponti ne abbiamo costruito solo uno — replicò Jake, incapace di pensare a una risposta migliore.

Il vecchio intanto lo guardava con quello che sembrava crescente disprezzo. — E quindi sei venuto qui per stare con noi?

Per poco Jake non scoppiò a ridergli in faccia. — Stare con voi? Veramente non avevo alcuna intenzione di traslocare.

L’altro rise di gusto a questa affermazione, e fu una risata molto cruda. — Se ancora non lo sai dopo essere stato portato fin quassù…

— Se ancora non so cosa?

Invece di rispondergli, il vecchio scosse pietosamente la testa e si rivolse a Camilla continuando a tenere sotto un braccio la scatola del pranzo per bambine.

— E quindi — la rimproverò — non hai ancora detto nulla a questo ragazzo. Immagino sia appena arrivato.

Sorprendendo in qualche modo Jake, Camilla si limitò a restare immobile con le braccia abbassate e i piccoli pugni stretti lungo i fianchi. Senza guardare direttamente nessuno dei due uomini, la ragazza annuì energicamente come se non riuscisse più a parlare.

Rivolgendosi nuovamente al vecchio Tyrrel, cercando di apparire conciliante in modo che non si rendesse necessario prenderlo a pugni, Jake disse: — Non vi preoccupate: io non resterò.

— Non sono affatto preoccupato — ribatté l’altro, più irritato che mai da quel tono tollerante. E poi, guardando il giovane da sotto le folte, polverose sopracciglia: — Purtroppo invece tu resterai — affermò. Era un dato di fatto, non un’offerta di ospitalità. — Su questo ormai non puoi più scegliere. Quello che dobbiamo vedere adesso è se sei un buon lavoratore oppure no.

— Le ho detto che non ho alcuna intenzione di… lavoratore? — Il tono di Jake mutò d’improvviso. Sembrava quasi che il vecchio stesse per offrirgli un lavoro.

Ancora una volta il vecchio emise la sua cruda risatina. — Ho detto lavoratore, proprio così. C’è un sacco di lavoro da fare qui, lavori importanti, alcuni troppo pesanti per una ragazza… o almeno per questa ragazza. Io non ho tempo per farli: sono troppo occupato — spiegò, squadrando Jake dalla testa ai piedi. — Un giovane forte che sa costruire i ponti mi tornerà molto utile. Ti insegnerò a trovare le rocce che mi servono, a lavorarle e a trasportarle con la dovuta attenzione.

La prospettiva di un vero lavoro cambiava tutto, naturalmente. Come chiunque altro nel Ccc, Jake avrebbe smesso immediatamente di fare qualunque cosa stesse facendo pur di lavorare. Se vi fossero stati dei posti di lavoro invece della depressione economica nessuno di loro avrebbe vissuto in tenda, spaccando pietre e tracciando piste per un progetto di lavoro governativo a mille miglia dalle loro case e a cento dalla prima città civile. E, grazie a Dio, il Ccc non era come l’esercito: se uno trovava di meglio, poteva togliersi la divisa, posare gli attrezzi e andarsene senza finire in galera.

— Sono un buon lavoratore — disse Jake dopo una pausa. La sua voce aveva ora toni diversi, seri e rispettosi. Tuttavia, visto che lo zio Sam garantiva comunque vitto e alloggio poteva permettersi di tirare un po’ sul prezzo. — Che lavoro dovrei fare, e quant’è la paga?

Il suo interlocutore guardò dapprima lui e poi Camilla, si soffermò su di lei e poi ripeté la sua cruda risatina. In qualche modo Jake non riuscì a conciliarla con la sua voce tanto britannica. — Vuoi anche una paga?

Jake sentì il suo volto avvampare. — Certo che voglio una paga! Crede forse che lavorerò gratis?

— Oh, non lavori gratis? E anche se ti pagassi, dove credi di poter spendere i soldi?

Convinto che il vecchio volesse solo scherzare, Jake scosse la testa e scoppiò a sua volta in una nervosa risata. — Be’, immagino che dopo esser stato qui per un po’ mi verrà voglia di tornare in città.

— Non è questione di “dopo”, mio giovane amico. Tu sei qui e qui resterai, a meno che io decida che non valga la pena tenerti.

— A meno che… ma che razza di discorso è questo?

Edgar Tyrrel cercò di calmarlo con puerili esortazioni, come con un bambino, e con sciocchi gesti della mano. — Vuoi una paga? E va bene. Ti darò cinque dollari al giorno, che ne dici?

Jake si calmò immediatamente. — Cinque dollari al giorno? Va benissimo!

— E un giorno, prima della tua morte, potrei anche decidere di lasciarti andare. Ma ti avviso che non sarà facile, perché saprai cosa succede qui — aggiunse il vecchio scultore, guardandolo con braccia conserte e occhio giudice.