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Il giovane uomo si guardò attorno, colmo d’incertezza. — Aspetta un attimo per favore. Questo non può essere…

Camilla teneva ancora il fucile casualmente appoggiato alla spalla, come se possedesse una certa esperienza con le armi. Era ferma in piedi, e lo guardava fisso.

Le parole gli morirono in gola. Per forza. Non c’era modo di esprimere a parole la sua sorpresa per quanto vedevano i suoi occhi. La forma delle creste rocciose era tutta sbagliata, e nonostante fossero alte non lo erano abbastanza. E come aveva fatto a seguire il Colorado dal campo fino a quel punto? Era accaduto quella stessa mattina… e allora come mai la strada del ritorno appariva completamente impraticabile, bloccata da un’altissima rupe che precipitava direttamente nelle acque?

La notte calava rapidamente in fondo al Grand Canyon. Jake ebbe la sensazione che il sole fosse tramontato più velocemente di quanto doveva. Tuttavia, rimaneva ancora abbastanza luce per studiare nuovamente il paesaggio. Non era la luce del tramonto che faceva apparire tutto diverso: il panorama era veramente cambiato. Ma come, come? Stava impazzendo anche lui, per caso?

Di nuovo il suo sguardo cercò Camilla per qualche spiegazione. Ma lei non aveva nulla da dire. I due si guardarono a lungo e in silenzio, Jake incredulo e confuso, Camilla triste e rassegnata come se quel folle cambiamento nel mondo circostante fosse né più né meno ciò che si aspettava.

— Ascolta! E quello che diavolo era? — scattò Jake, guardandosi nervosamente attorno. Un lungo ululato ruppe all’improvviso il silenzio. Veniva da poco lontano. Jake non aveva mai sentito un suono del genere, nonostante i due mesi trascorsi al campo.

— Oh, è solo un animale — lo rassicurò Camilla con la voce apologetica acquisita di recente. Con aria decisa ma niente affatto allarmata imbracciò il fucile, tolse la sicura e prese a scrutare le rocce e i cespugli alla distanza.

Inutile aspettarsi altro da lei, si disse Jake. Un attimo più tardi il giovane prese lentamente a risalire il fiume cercando qualche sistema per superare l’imponente ostacolo costituito dalla rupe che gli sbarrava il passo. Ma in quello strano mondo non c’era traccia della pista seguita per arrivare fin lì. Avanzò per meno di venti metri e poi dovette arrendersi. Solo con un martello e chiodi da scalatore poteva sperare di farcela. Eppure doveva esistere un modo, per tutti i diavoli! Altrimenti lui come aveva fatto a discendere il fiume esattamente per quella via appena poche ore prima?

Possibile che questo sia semplicemente un altro dannatissimo fiume? dovette nuovamente chiedersi. Ma no, non era possibile: i grandi fiumi mica spuntavano dal nulla nei territori semidesertici del West!

Quell’intera faccenda, quella serie di cambiamenti incredibili, non aveva la minima logica e non sarebbe dovuta accadere. Eppure era accaduta. Pertanto…

Pertanto cosa?

A quel punto Jake si sorprese a voler tornare nello stretto canyon laterale. Mosse in quella direzione senza alcun motivo particolare, solo perché era il luogo più familiare di un mondo divenuto totalmente estraneo.

Il torrente, l’unico fattore apparentemente costante tra una moltitudine di particolari sbagliati, continuava a gorgogliare tra le rocce per gettarsi infine nel grande fiume ignoto. Nella mente di Jake le sue voci creavano solo parole sconosciute.

Ora che il sole era pienamente tramontato Camilla, dalla pelle candida come il latte e i fluenti capelli rossi, sembrava stare decisamente meglio, perlomeno al punto da togliersi gli occhiali scuri. Stringeva il fucile con la solita aria casuale e continuava a guardare pazientemente Jake, come se si sentisse dispiaciuta per lui e forse, pensò Jake, responsabile.

Finalmente lui rinunciò, almeno sul momento, a trovare una spiegazione per suo conto. — Che diavolo è successo? Com’è possibile tutto questo?

— Oh, Jake, mi spiace tanto — rispose lei con voce calma ma più alta di prima. — Non so spiegarlo neppure io. Vorrei, ma…

Vi fu un improvviso trambusto dietro Jake, una serie di secchi rumori tra le rocce e i cespugli rinsecchiti a pochi metri da loro. Jake si alzò di scatto e si voltò per osservare un enorme orso dal mantello tigrato muoversi tra la vegetazione. Era grande come una mucca, e aveva una bocca che sembrava capace di ingoiare un cane per intero. Strisce nere attraversavano dal muso alla coda un lungo corpo marrone; una passava proprio in mezzo agli occhi. Le zanne, lunghe e fameliche, sembravano decisamente troppo grandi per appartenere a qualsiasi animale Jake avesse mai visto dal vivo o in fotografia. Con la bocca rosso sangue spalancata e ruggente, la belva avanzò trotterellando verso di loro non veloce, ma assolutamente non intimorita.

Camilla borbottò qualcosa, alzando allo stesso momento il fucile e muovendo un passo sulla destra per togliere Jake dalla linea di tiro. Un attimo più tardi la doppietta fece fuoco due volte in rapida successione.

Jake vide, o pensò di vedere, candidi frammenti d’ossa, pezzi di carne e pelo e molle materia cerebrale schizzare da tutte le parti. Il mostruoso animale si accasciò al suolo rotolando scompostamente tra i cespugli rinsecchiti, contorcendosi e rialzandosi tra ruggiti di dolore per poi cadere nuovamente. Camilla aprì freneticamente la doppietta e vi inserì altre due grosse cartucce per un terzo e quarto colpo, ma non sparò. Jake, frettolosamente spostatosi vicino a lei per lasciarle tutto lo spazio necessario, attese qualche istante e poi si avvicinò con molta cautela alla belva ormai morente.

La guardò a lungo, incredulo come non mai. L’orso, poiché non sapeva come altro chiamarlo, era senza dubbio morto stecchito, la sua strana testa quasi staccata dal corpo e ridotta a una poltiglia sanguinolenta da cui sporgevano i frammenti della scatola cranica. Due colpi, due centri: ma che razza di pallottole erano mai quelle? Pallettoni, forse, o una scarica di chiodi e polvere da sparo. Intanto, le zampe della bestia continuavano a contrarsi.

Jake mosse ancora un paio di passi incerti verso il corpo della belva, poi si voltò verso Camilla. — Che diavolo…

— Io li chiamo orsi del canyon. Non so che animali siano, neppure io li avevo mai visti prima. Fuori non esistono, lo so, ma qui ce ne sono parecchi. Sono molto pericolosi: attaccano l’uomo senza pensarci due volte. Tuttavia hanno imparato a star lontano dalla casa: non so come, ma Edgar riesce a mandarli via. La maggior parte non sono così grandi, ma alcuni sono veramente giganteschi. Edgar dice che si possono uccidere senza conseguenze, se proprio si deve: ecco perché mi ha consigliato di prendere il fucile.

— Non ho mai visto nulla del genere! Che orso mostruoso! — esclamò Jake, voltandosi nuovamente verso quel nuovo e terribile prodigio per un’altra conferma a ciò che i suoi occhi avevano già visto. In silenzio, Camilla attese pazientemente che lui se ne riempisse lo sguardo.

Per un periodo che Jake non riuscì a calcolare i due giovani rimasero lì, immobili e silenziosi. Poi, sempre in silenzio come per una sorta di tacito accordo, Camilla si rimise il fucile in spalla e i due iniziarono a risalire il canyon. Stavolta fu lei a guidarlo.

La notte calò con sorprendente rapidità, nere tenebre che sembrarono traboccare dai profondi crepacci sempre in ombra e dalle gole che marcavano le pareti del Grand Canyon. Alzando la testa, Jake contemplò il cielo sopra di loro. Le stelle stavano comparendo più velocemente di quanto uno potesse contarle, ma quando l’oscurità fu totale e Jake cercò le stelle che da sempre conosceva non ne trovò neppure una. E la stella polare, che fin da ragazzo riusciva a localizzare con certezza sia in estate che in inverno, non brillava da nessuna parte.

Per un attimo le gambe sembrarono cedergli. Fermandosi, chiamò la sua compagna e disse: — Camilla, dove siamo? Cosa sta succedendo?