10
La mattina dopo la sparizione di Bill, Joe Keogh venne svegliato da un leggero battito alla porta della sua camera d’albergo. Imprecando, Joe guardò l’orologio e vide che erano le otto. Con fatica si alzò dal letto solo per scoprire che riusciva a camminare a malapena. La caviglia slogata si era gonfiata e irrigidita nel corso della notte, nonostante vi avesse applicato impacchi di ghiaccio in abbondanza prima di andare a dormire. Era molto peggiorata da quando si era tolto le scarpe, quattro ore prima, gettandosi esausto sul letto.
Il battito si ripeté e Joe, soffocando l’irritazione, arrancò verso la porta. Nel corso della nottata a casa Tyrrel aveva trascorso il penultimo turno di guardia aspettando la chiamata di Bill. Poi aveva ceduto alle richieste degli altri e si era fatto accompagnare in albergo da John.
Appoggiandosi alla maniglia, chiese: — Chi è?
— Maria. — La risposta fu a malapena percettibile, ma Joe riconobbe la voce. Con un sospiro la lasciò entrare.
La giovane donna, rimasta sveglia praticamente tutta la notte, sembrava decisamente stanca. Ma quando Joe glielo fece notare replicò che in un paio d’ore sarebbe stata pronta a tornare in azione. Non aveva molto da dire, aggiunse, poiché dopo la scomparsa di Bill la notte era trascorsa tranquilla. In ogni caso, mentre parlava si tolse i moon-boot e srotolò il suo sacco a pelo sul divano.
— La signora Tyrrel non le ha offerto di restare là a dormire?
— Nossignore. Anzi, mezz’ora fa ha cominciato a farmi capire che dovevo andare a dormire nella mia camera d’albergo, se ne avevo una. Naturalmente io ho risposto che non c’erano problemi.
Joe rispose con un grugnito e arrancò verso la finestra. Le nubi e la nebbia della notte precedente se n’erano andate, e un sole ancora pallido splendeva in un cielo limpido. Perlomeno, si disse, oggi potevano cominciare a esplorare la zona.
Due secondi fu tutto ciò che poté dedicare al panorama. Poi il detective di Chicago si passò le dita tra i capelli. — Dov’è John? Devo parlargli.
Maria, in procinto di sparire dentro il suo sacco a pelo, esitò. — Vuole che lo chiami per radio?
— Ci penso io. Riposi pure, per adesso. Più tardi avremo senz’altro bisogno di lei.
Ma Maria attese ancora. — Joe, quando cominceremo a cercare Bill?
— Molto presto, glielo prometto. E parteciperà anche lei.
— Ma come hanno fatto quei due bastardi a sfuggirci così ieri notte?
— Ho qualche ipotesi a riguardo. Ipotesi che voglio discutere con lei e con Bill non appena sarà di nuovo qui con noi.
— Va bene. — E con queste parole Maria si sdraiò sul divano e chiuse gli occhi, già mezzo addormentata.
Cercando di non fare rumore, Joe andò nella stanza accanto e chiamò John per radio.
Cinque minuti dopo suo cognato e socio in affari entrò nella suite. — Nessuna notizia di Bill — gli disse per prima cosa. — Brainard non era molto contento di vedermi andare, ma noi lavoriamo per la vecchia Sarah e lei sembrava stanca di avere gente in giro. Ma dimmi, dov’è andato Strangeway?
— In Inghilterra — fu la replica.
— Cosa?
— È così. Non posso offrirti nessuna spiegazione. Perché non ti fai anche tu una dormita finché è possibile? — disse Joe. Il respiro regolare di Maria risuonava debolmente nell’altra stanza.
— Perché al momento sono affamato come un lupo.
— Okay, prendi il telefono e chiama la reception. Ordina una colazione per tre. Per me una frittata, grazie.
Qualche attimo più tardi Joe si chiuse in bagno, dove prese un paio di aspirine e si fece una doccia molto scomoda restando tutto il tempo su una gamba sola.
Dopo aver indossato degli abiti puliti, uscì e trovò John lungo e disteso sulla moquette, a piedi scalzi e profondamente addormentato. Doveva proprio essere crollato, visto che non aveva sprecato neppure il minuto necessario a farsi una sorta di materasso con i giacconi e i cuscini delle sedie. Muovendosi il più silenziosamente possibile, Joe sedette su una delle sedie imprecando silenziosamente contro la caviglia slogata.
Guardando fisso il telefono sul tavolino accanto a lui, si chiese se fosse il caso di mettersi in contatto con l’ufficio di Chicago. Angie, la moglie di John, svolgeva il prezioso ruolo di coordinatrice e probabilmente c’erano un paio di cose che poteva fare per aiutarli.
Ma, prima che potesse decidere se chiamare o meno, arrivò il cameriere con la colazione, svegliando inevitabilmente i suoi colleghi. Maria si mise a sedere e si stiracchiò come una gatta. — Che strani sogni — commentò con espressione vagamente insoddisfatta.
I due giovani furono felici di unirsi a Joe in quell’abbondanza di candido lino e posate d’argento, con cibo delizioso e molto caffè, che tutto suggerivano tranne la vicinanza alla natura più selvaggia. Con un piede comodamente sistemato su un cuscino, Joe consumò una colazione deliziosa anche se inevitabilmente poco allegra, poi ordinò un altro bricco di caffè.
Di quando in quando lanciava un’occhiata al sacco a pelo di Bill, che giaceva accusatorio in uno degli angoli della stanza ancora arrotolato.
Durante la colazione i tre discussero il da farsi. Solo quei brevi e confusi messaggi radio assicuravano loro che Bill stava bene. Ma come mai non aveva ancora ritrovato la strada del ritorno?
Maria disse: — Questa storia non mi convince affatto. Da come conosco Bill, mi aspetterei di vederlo ritrovare la strada del ritorno anche dal Polo Nord.
Joe guardò il suo orologio. — È ancora troppo presto per chiamare i ranger del parco. Ammettiamo che si sia spinto molto lontano, e che abbia dovuto aspettare il sorgere del sole per partire: sarà qui solo tra un po’. Voi due finite di mangiare e riposate ancora. Se Bill non sarà qui per le dieci cominceremo a cercarlo.
Notando la difficoltà con cui Joe si muoveva per la stanza, Maria gli suggerì di chiamare un dottore. Ma Joe scosse la testa, riluttante a questo riguardo. Nessun osso sembrava rotto, e con tutta probabilità il dottore poteva fare ben poco per lui tranne ordinargli di riposare, il che era esattamente ciò che stava facendo. Seduto sul letto, esaminò la caviglia. Almeno non si era gonfiata ulteriormente. John e Maria gli offrirono consigli quantomai contraddittori su cosa fare a quel punto, se applicare impacchi di ghiaccio o una pomata riscaldante. Joe non applicò proprio nulla.
Non appena finito di mangiare, John e Maria si dichiararono pronti a tornare in azione. Silenziosamente lodando l’elasticità dei giovani, Joe grugnì la sua approvazione. Pochi minuti dopo i due detective lasciarono l’hotel diretti a casa Tyrrel. L’intenzione era approfittare del limpido tempo invernale per esaminare metro dopo metro la scarpata sotto la casa in cerca di qualche indizio sulla direzione presa da Bill oppure dai due misteriosi visitatori della sera prima.
John e Maria avevano appena lasciato l’hotel quando qualcuno bussò leggermente alla porta. Era Brainard. Quando Joe aprì, lo vide intento a guardarsi ansiosamente le spalle in direzione della hall, poi venne quasi spinto di lato dall’esile avvocato che si gettò sconvolto e affannato nella stanza. — Qualcuno le sta dietro? — domandò Joe.
Brainard fece finta di non aver sentito. Guardando Joe che tornava saltellando alla sua sedia dopo aver chiuso la porta a chiave, commentò con disapprovazione. — È sicuro di non averla rotta, quella caviglia?
— È solo una slogatura. Sopravviverò — fu la replica. Poi, appoggiandosi comodamente allo schienale, Joe aggiunse: — Per fortuna i giovani sono sempre pronti a mettere i muscoli necessari a fare ciò che bisogna fare. Piuttosto, mi dica un po’: da chi sta fuggendo, e perché?
— Chi? Cosa?
— Andiamo, la gente che le sta alle costole. Immagino siano più d’uno. E immagino anche che sia stato lei a sparare la scorsa notte.