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L’avvocato G.C. Brainard sedette e chiuse gli occhi. — È un crimine federale qui nel parco, lo so da me.

— Bene.

— Tuttavia non è certamente questo che adesso mi preoccupa — aggiunse piano Brainard, frugando in una tasca interna della giacca ed estraendone una pistola a tamburo di grosso calibro dalla canna corta e tozza. — Secondo lei cosa devo farne di questa?

— Mi dica, avvocato Brainard: ciò che la preoccupa di più ha forse a che fare con sua figlia Cathy?

Brainard lo guardò sorpreso. All’apparenza si sarebbe detto intristito e offeso dall’allusione. — No, non ha nulla a che vedere con Cathy. Perché?

— Perché la signora Tyrrel mi ha fatto venire qui per ritrovare sua nipote, però adesso lei, il padre della ragazza, e persino la mia cliente fate di tutto per sviarmi da questo obiettivo. Mi dica, avvocato, come ha deciso di adottare Cathy?

— Io sono davvero preoccupato per mia figlia e voglio che torni da me sana e salva! — esclamò Brainard con sguardo offeso.

— Non lo metto in dubbio, ma mi racconti dell’adozione.

— E va bene, se pensa che possa tornarle utile… Mia moglie e io adottammo Cathy nel 1978, quando aveva quattro anni. Non potevamo avere bambini, e così…

Joe insistette per maggiori dettagli. Da quanto gli parve di capire, i Brainard avevano adottato Cathy soprattutto per accontentare la vecchia Sarah. Questa aveva conosciuto la bambina per mezzo di qualche opera caritatevole in cui era impegnata, e ne era stata immediatamente attratta. Ma essendo sola e avendo già superato i sessant’anni, Sarah sapeva che la sua domanda di adozione sarebbe stata respinta.

All’improvviso Brainard sembrò crollare. — Sto girando con una pistola in tasca! Non posso crederci!

— Posso dare un’occhiata alla sua arma? — chiese Joe.

Brainard gliela porse con inesperta leggerezza. Joe la prese, la aprì e ispezionò il tamburo.

— Cosa sta cercando?

— Nulla. Mi chiedevo — replicò Joe pensieroso — se per caso i proiettili erano di legno.

— Cosa? — Nessuna comprensione si palesò negli occhi di Brainard.

— Lasci perdere.

Il rigido avvocato scosse la testa. — Sono stato sciocco a comprare una pistola. So a malapena da che parte esce il proiettile. Sarei capace di uccidere qualche innocente. Ascolti, se vuole aiutarmi non potrebbe cominciare a farla sparire?

Joe posò con cautela la pistola sul bracciolo della poltrona. Più tardi, si disse, l’avrebbe scaricata e smontata nascondendo separatamente i pezzi nella sua valigia.

Poi affrontò direttamente Brainard. — Se vuole un aiuto extra — gli disse a muso duro — deve dirmi esattamente perché gira armato. Insomma, di chi ha paura e perché?

L’altro chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia. Un muscolo prese visibilmente a pulsare a lato della gola, proprio sotto la mascella non rasata. — Debbo un sacco di soldi a certa gente. Dio mio, ma come ho fatto a cacciarmi in questo guaio?

— Che tipo di gente? — chiese Joe d’istinto, anche se sapeva benissimo chi poteva essere a giudicare dalla disperazione di Brainard.

L’avvocato riaprì gli occhi alzando lentamente la testa. — Uno si chiama Tuller. Ne ha mai sentito parlare? Oh, ma perché dovrebbe? Ce ne sono centinaia come lui. Credo che lavori per qualche famiglia mafiosa di New York. Fa l’usuraio per il modico interesse del cinquanta per cento al mese. E io che pensavo di aver trovato il modo di fare un colpaccio, di mettermi a posto per il resto della vita, e invece…

— Quanto?

— Ottantamila dollari. A metà dicembre dovevo ridarne centoventimila. Sono passate già due settimane e ancora non posso pagare. Non posso neppure dar loro un anticipo abbastanza serio, e così eccomi qui. La vecchia Sarah non vuole neppure sentir parlare di prestarmeli, e io non posso certamente biasimarla.

— Di conseguenza lei spera di riuscire a ottenere tra breve qualcosa da Tyrrel, una nuova scultura da vendere per pagare i debiti.

— Già, l’intenzione è quella — ammise Brainard cercando di sorridere. — Sempre che mi lascino in vita abbastanza a lungo. Ma non credo di avere una simile fortuna. Ormai ho già un piede nella fossa. — Pausa. — Mi aiuti, Keogh, la prego, mi aiuti a uscire da questo vicolo cieco e a ripartire daccapo da qualche altra parte. Non c’è alcun conflitto con quello che sta facendo per mia zia Sarah. La pagherò. La pagherò bene, sa? Ho messo via una parte di quei soldi per simili evenienze…

— Non ha pensato di rivolgersi alla polizia?

L’altro rispose con un suono a metà tra un gemito e una risata. La sua mano ben curata batté più volte sul bracciolo della sedia, come per provare la robustezza del legno. — Ah, quella sarebbe veramente la fine. Mi ucciderebbero come un cane. Invece, spero ancora di riuscire a convincerli ad aspettare. Dopotutto, se vogliono i loro soldi debbono darmi l’opportunità di guadagnarli. Il fatto è che non riesco a digerire l’idea di prendermi una scarica di calci nei testicoli e di farmi fracassare tutte le ossa.

Joe annuì pensieroso. — Lei deve cominciare a collaborare, Brainard. Poi vedrò cosa posso fare.

— Collaborare come?

— Tanto per cominciare, mi racconti tutto ciò che sa su Tyrrel.

— Non ho molto da raccontarle, maledizione — scattò Brainard rabbrividendo. — Facciamo qualche affare e i nostri incontri sono ridotti all’osso. Lui non parla mai di sé. E soprattutto non vuole assolutamente farsi pubblicità.

— Immagino che questo Tuller non sappia nulla di tutto questo, di Tyrrel e delle sculture che le porta.

— Oh, no. Io non gliene ho mai parlato. E Tyrrel non è certamente il tipo di persona a cui ricorrerei per un aiuto.

— Capisco — replicò Joe, pensandoci un attimo sopra. — Sua zia sa di questo Tuller e del guaio in cui si è cacciato?

— Sa che sono in un guaio di quel tipo, ma non credo capisca quanto seria sia la faccenda. Le ho detto che temo la vendetta di certa gente, ma lei non mi crede fino in fondo.

— E va bene. Resti qui finché la faccenda non sarà risolta. E stia attento a chi apre quella porta!

La mossa successiva di Joe fu chiamare la reception e chiedere alla signorina di mandargli un bastone da passeggio, o in mancanza di meglio, una stampella. Entrambi gli articoli, spiegò la ragazza, erano disponibili nel centro commerciale del Park Visitors Center e un fattorino poteva portargliene in camera un certo assortimento nel giro di mezz’ora.

Quando, dieci minuti dopo, qualcuno bussò alla porta, Joe si avvicinò convinto che si trattasse del fattorino. Un vero centometrista, doveva ammetterlo. Probabilmente era in cerca di una lauta mancia. Ma la porta socchiusa rivelò invece che si trattava di Sarah Tyrrel.

Qualche attimo più tardi la vecchia Sarah, il suo nevrotico nipote e il detective di Chicago sedettero tutti quanti attorno al tavolo.

Sarah non sprecò un secondo in preliminari. — Signor Keogh, l’intrusione della scorsa notte a casa mia è opera di mio marito. Ne sono certa, poiché l’ho visto.

— Perché non me l’ha detto prima? E perché me lo dice adesso?

— Prima non eravamo soli. Inoltre volevo pensarci un po’ sopra. In ogni caso, mi sono convinta che non è da Edgar che viene il pericolo. Ah, come vorrei potermi dire convinta che stia bene!

Brainard guardò fisso la sua vecchia zia. — Spero che tu abbia ragione riguardo a Edgar. Ma ascolta: ciò che ho visto l’altra notte, ciò a cui ho sparato, non era Edgar.

— Sì, c’era qualcun altro con lui — confermò Sarah. — Una strana presenza. Qualcosa che ha deciso di accompagnarlo.

Joe guardò dapprima uno dei suoi ospiti, poi l’altro. — Io non ero nella posizione giusta per vedere alcunché. Solo questo sapete dirmi riguardo la scorsa notte? Che qualcosa è entrato nella casa con Tyrrel?