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Dopo qualche attimo di silenzio, Jake disse: — Un po’ sarà per lui.

— Lui non mangia come me o come te. Non è come quelli che respirano.

— Spiegati meglio.

— Lui ha bisogno solo di sangue fresco. Può essere il tuo o il mio, oppure quello di un cane. Qualche volta cattura un animale selvatico e ne beve il sangue.

Jake non trovò risposta.

Troppe cose, cose impossibili, erano entrate a forza nella sua vita divenendo parte della sua visione del mondo in soli tre giorni. Perché per quanto poteva dire dal sorgere e calare del sole, mancava dall’accampamento da tre miserabili giorni. Si chiese però se era davvero così. Ora credeva a Camilla quando diceva che il tempo, come del resto il grande fiume, scorreva in modo diverso nel Canyon Profondo.

— Mi chiedo cosa stanno facendo al campo adesso — fece.

— Ah, potrebbero averti già dimenticato ormai. Sul loro calendario sarà passato forse un mese.

Il giorno prima Camilla aveva proposto casualmente di prendere la doppietta, caricarla con proiettili più leggeri di quelli necessari con un orso e andare a caccia di conigli. E sembrava che non vi fossero particolari problemi a pescare del pesce. Dietro la casa lei aveva anche fatto un orto, in cui Jake poté identificare pomodori e carote tra un fiorire di gramigna che minacciava di soffocare tutto. Una linea secondaria della condotta che portava l’acqua alla casa era sistemata in modo da innaffiare il giardino girando semplicemente un rubinetto.

In ogni caso, quello che veramente lo interessava erano le spedizioni del vecchio scultore nel mondo esterno. — E così Edgar porta qui tutta questa roba, le birre, il cibo in scatola e le uova?

— Esatto. Vuole nutrirci bene — replicò lei di nuovo ridacchiando. — Ti può portare dei vestiti nuovi, se vuoi. A me li ha portati diverse volte. Gli ho chiesto delle sigarette, ma lui dice che fanno male.

— E come fa a uscire di qui quando va a procurarsi quella roba? Che sentiero segue?

Lei rispose con un’alzata di spalle. — Ci va e basta. I vampiri possono farlo. Forse non tutti, ma lui può.

— Ma dai — commentò Jake, cercando in qualche modo di strapparla a quello stato di vaga follia. — Come fai a sapere che è un vampiro?

— Lo so e basta.

— Che idea.

Camilla scosse la testa come se avesse potuto leggere i pensieri di Jake. — Penseresti davvero che sono pazza, amore mio, se ti raccontassi tutto ciò che Edgar può fare. Aspetta e vedrai. Adesso che sei qui ne vedrai delle belle. E ti consiglio di far bene il lavoro che ti ha affidato, te lo consiglio davvero!

Ricordando la morsa che gli aveva stretto e torto il braccio rendendolo innocuo come un bambino, Jake dovette perlomeno darle ragione su questo.

Quando si recò al lavoro la mattina successiva, Jake scoprì che durante la notte Edgar aveva trovato un grosso blocco di scisto Visnù da qualche parte nel fiume (era ancora bagnato, e appariva incrostato di piccole conchiglie su un lato) per poi portarlo in qualche modo su per il Canyon Profondo fino al laboratorio. Rapidamente ne stimò il peso sui cinquecento chili.

L’aveva portato su tutto da solo? Non poteva crederci.

Sul banco di lavoro trovò una piccola nota dalla scrittura chiara e ordinata che cambiava i suoi ordini di lavoro ed era firmata TYRREL.

Jake cominciò a fare quanto ordinato, concentrandosi sul blocco ed estraendo i piccoli noduli bianchi.

Tyrrel ricomparve puntuale al tramonto, proprio quando Jake stava per smettere il lavoro e tornare a casa. Esaminò il raccolto di candidi noduli disposto sul tavolo e si dichiarò ragionevolmente soddisfatto.

Qualche attimo più tardi, solo in casa con Camilla, Jake disse: — Accidenti, il modo in cui maneggia gli attrezzi, la forza che ha: avrebbe potuto fare in mezz’ora ciò che io ho fatto in un giorno. Perché ha bisogno di me? Perché ha bisogno di noi due?

— Ti ho già detto una volta ciò che penso realmente.

— Mi ricordo. Hai detto che voleva le nostre vite. Ma non riesco a capire.

— Neppure io riesco a capirlo, amore. È una sensazione, ecco tutto, solo una sensazione.

Una o due ore prima dell’alba, Jake si svegliò di soprassalto. Una forza o una presenza estranea aveva scosso il letto in cui dormiva. Si svegliò appieno e vide che Edgar si trovava nella stanza con lui e Camilla.

Solo la tenue luce di una notte senza luna, che entrava dalla finestra priva di tende, illuminava la stanza. Tuttavia bastò a Jake per vedere Edgar, vestito come sempre, fermo in piedi accanto al letto con un braccio attorno al corpo nudo di Camilla. Lei era già scesa dal letto a metà, ed Edgar stava aiutandola a guadagnare un incerto equilibrio sulle gambe.

Con il braccio che ancora doleva per la baruffa di due giorni prima, Jake poggiò un piede a terra e si lanciò senza pensarci e pieno di rabbia contro Edgar.

Senza il minimo sforzo questi lo respinse indietro. Jake attraversò barcollando tutta la stanza, battendo il capo contro la parete opposta e scivolando lentamente a terra, stordito.

Lentamente il giovane si riprese e si rialzò. Camilla adesso era in piedi accanto al letto, le braccia lungo i fianchi. Con un brivido di orrore che lo attraversò da capo a piedi la vide ancora addormentata, mentre il suo corpo ondeggiava un poco. E con nuova sorpresa notò, un attimo più tardi, che i suoi occhi erano chiusi e il suo volto sereno e rilassato.

Edgar era vicino e con le dita della mano destra sfiorava a malapena la spalla di Camilla. Con strani gesti e qualche parola sussurrata istruì Camilla su ciò che voleva. Dopo un attimo di esitazione lei obbedì al comando, qualunque questo fosse. Completamente nuda, mosse verso la porta e uscì. Edgar uscì dietro di lei.

— Camilla, svegliati! Camilla! — urlò Jake vedendola sparire. Ma ne Camilla né Edgar gli prestarono la minima attenzione.

Jake si infilò i pantaloni e si precipitò dietro di loro, passando dalla cucina per prendere il coltello del pane. Fu tanto rapido da riuscire a intercettarli appena fuori dalla porta. Si avventò su Edgar col coltello puntato, ma di nuovo questi gli afferrò il polso gettandolo di lato con la massima facilità.

Incespicando, Jake tornò dentro e afferrò la doppietta appoggiata alla parete in un angolo della stanza. Girando su se stesso, puntò l’arma contro l’uomo ancora visibile attraverso la porta e premette il grilletto. Due secchi, inutili scatti risuonarono nel buio insieme al suo respiro affannato.

Jake urlò a Camilla di svegliarsi subito.

A quel punto il vampiro si voltò verso di lui. — Si sveglierà solo quando io lo vorrò — gli disse con massima calma. Poi sorrise, come se trovasse divertenti i suoi inutili sforzi, e tornò con l’attenzione alla sua preda addormentata. La fermò, mosse qualche passo indietro e con un ultima occhiata a Jake chiuse la porta.

Per qualche istante il giovane non poté far altro che guardare impotente la parete. Poi aprì rabbiosamente la doppietta, vide che era scarica e la gettò di lato con un moto di stizza. Due secondi dopo aprì pian piano la porta e prese a seguire Camilla e il vampiro, già lontani dalla casa.

Con Camilla un metro avanti alla sua scorta ed Edgar che la seguiva quasi con deferenza, la coppia si incamminò verso l’ingresso della grotta.

Jake continuò a seguirli tenendosi a una distanza di dieci, quindici metri. Se Edgar si era accorto della sua presenza aveva deciso di ignorarla.

Le figure scomparvero dentro la grotta, che rimase buia. Avanzando ora con grande cautela, Jake si fermò dapprima sull’ingresso per poi muovere un passo dentro e scrutare nelle tenebre. Un vago, tetro bagliore, malsano in qualche modo e quasi purulento, veniva dalla cavità chiusa che ricordava una camera segreta.