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— Molto poetico. Ma per quanto riguarda i miei pensieri ti dirò, mia cara, che forse ho cominciato a capire.

— A capire?

— Sì, mia dolce Mina. Adesso posso tornare in America, al Grand Canyon.

— Oh, un luogo molto affascinante. Qualche giorno dovrai portarmici, Vlad. E quel giorno mi spiegherai cos’è che hai capito adesso.

— Quel giorno te lo spiegherò.

La coppia si baciò castamente. Qualche attimo più tardi l’uomo cambiò forma e aprì le ali. Quella notte non si sarebbe spostato più in là di Gatwick con la sua forma alterata, poiché il modo più celere per coprire quella lunga traversata oceanica era lo stesso dei più comuni mortali: volare con la British Airways.

Qualche ora dopo aver lasciato la casa di Darwin, confortevolmente sistemato nella pancia di un mostro metallico che ruggiva a più di diecimila metri sull’Atlantico diretto a tutta velocità verso Chicago, il vampiro trovò il tempo di pensare. Molte erano le cose su cui riflettere.

Per cominciare, Tyrrel aveva davvero conosciuto Darwin quando, imberbe ragazzino, ancora respirava? Darwin era morto nella casa di Down un giorno di aprile del 1882. Circa cinquant’anni erano trascorsi tra quel possibile incontro e la ricomparsa di Tyrrel in Arizona, dove aveva conosciuto e sposato Sarah. Un vecchio uomo, secondo gli standard di quelli che respirano, dotato però di forza e agilità sorprendenti.

La vecchia Sarah sapeva certamente se suo marito era già un vampiro al momento del matrimonio. Doveva parlarle non appena rimetteva piede a Canyon Village.

Certo Tyrrel poteva anche non aver mai conosciuto Darwin nonostante fosse stato almeno una volta nella casa del grande scienziato. Ma da vampiro o da semplice turista? Era questo il punto.

Qualunque fosse l’esatta relazione tra Tyrrel e Darwin, l’artista, e anche questo contava, aveva certamente assorbito alcune delle idee dello scienziato.

Sei ore dopo la partenza dall’Inghilterra, l’insolito passeggero si trovava in una delle molte cabine telefoniche dell’aeroporto O’Hare di Chicago, facendo del suo meglio per raggiungere Joe Keogh in Arizona. Ma ogni sforzo risultò vano. Evidentemente nessuno si trovava in quel momento nella stanza di Joe.

Pensierosamente Drakulya appese il ricevitore, attese qualche istante e chiamò un numero di Chicago, uno che ricordava tranquillamente a memoria. Pochi secondi più tardi stava parlando con Angie Southerland, la giovane moglie di John.

Quando la voce di donna disse: — Pronto? — lui replicò: — Ciao, cara Angie. Sono lo zio Matthew. — Dei mille nomi che usava in giro e che Angie conosceva era quello che la metteva più a suo agio.

— Oh — rispose Angie. L’aveva riconosciuto. Senza alcuna sorpresa Drakulya ascoltò la voce di donna precipitare per un attimo in una fredda incertezza prima di tornare calda come sempre.

Una volta esaurito l’iniziale scambio di convenevoli, Drakulya disse: — Io e il suo robusto marito siamo attualmente impegnati nello stesso progetto giù in Arizona. Vi siamo arrivati seguendo strade diverse, ma…

— Lo so — replicò Angie suonando pratica come al solito. — John mi ha detto che aveva un lavoro da svolgere al Grand Canyon. Non è entrato in particolari, però, perché neppure lui sapeva bene di cosa si trattasse.

— Mia cara, lei potrebbe forse aiutarmi molto se compisse qualche ricerca per me. Solo per me.

Mentre parlava, Drakulya sapeva benissimo che le dita di Angie attendevano pronte su una tastiera di collegarsi elettronicamente con cose esoteriche come banche dati e bollettini informatici, i mezzi moderni che consentivano all’agenzia di Joe di conoscere in tempo reale molte cose che accadevano negli Usa e nel mondo.

— Joe ha già chiamato chiedendomi di fare qualche ricerca sul caso. Posso dire a lei ciò che ho trovato finora.

— Ah, molto bene. Le sarei molto grato, cara Angie.

— Tanto per cominciare — disse la giovane donna — Edgar Tyrrel è stato dichiarato legalmente morto nel 1940 su richiesta della vedova. La sua scomparsa risale a sette anni prima, all’estate del 1933, ed è avvenuta durante una delle sue frequenti passeggiate nel canyon. Tyrrel fu descritto come “anziano” nell’anno della scomparsa. Viveva sull’altopiano già da trent’anni.

— Sarebbe tanto gentile da leggermi l’intero rapporto, Angie?

Angie lo era, e difatti lo fece. I giornali del 1933 riportavano concisamente che l’eccentrico scultore, che viveva quasi da recluso, lasciava una giovane moglie e una bambina rimaste entrambe nella casa di Canyon Village. Nel 1940, Sarah venne segnalata sulla costa orientale, ma della bambina non si faceva più menzione.

Un articolo di costume su un giornale di quegli anni lasciava poi intuire che Sarah Tyrrel stava guadagnandosi la fama di eccentrica esattamente quanto il defunto ex marito.

— E della bambina che ne è stato? — domandò Drakulya incuriosito.

Seguì un istante di silenzio al telefono, rotto solo dal ticchettio delle dita di Angie sulla tastiera. Chiedeva informazioni alle banche dati, per riceverne magari qualcuna da un luogo posto in un altro continente.

Cosa ne avrebbe mai pensato il vecchio Merlino, si chiese perplesso il vampiro all’altro capo del telefono, di quei moderni mezzi di divinazione?

Finalmente Angie disse: — Viene menzionata solo nel 1933. Non capisco. Si direbbe quasi che sia scomparsa dalla circolazione, ma non riesco a trovare alcun atto di morte.

— Uhm. Come si chiamava?

— So che sembra incredibile, ma anche il nome risulta sconosciuto.

— E le attività successive della vedova Tyrrel? Cos’ha fatto dopo il 1940?

— I giornali riportano solo qualche frammentaria notizia a partire dagli anni ’60. Viene menzionata soprattutto per le vicende legate all’eredità del marito. Ah, c’è anche questo: dagli anni ’60 in poi viene affiancata nella conduzione degli affari di famiglia da suo nipote, un certo Gerald Brainard.

— Come del resto ci è stato raccontato. Molto bene. Grazie, Angie: lei mi è stata utilissima.

La telefonata terminò. Ignorando i rumori e il continuo brusio dell’aeroporto più affollato del mondo, Drakulya cercò ancora una volta di raggiungere Joe Keogh in Arizona. Stavolta il tentativo ebbe successo.

Il vampiro detective comunicò da Chicago le sue impressioni all’uomo che respirava giù in Arizona, per poi concludere con un po’ di filosofia: — Non c’è motivo — disse — per cui un nosferatu non possa essere uno scultore, uno scienziato, o perché no, un criminologo. Sono tutte abilità simili.

— Immagino che lei abbia ragione.

— Ma certo che ho ragione. Sono molti i nosferatu, me stesso incluso, che collezionano oggetti d’arte. Tuttavia tra noi solo pochi riescono a creare un’opera d’arte con le proprie mani. E questo mi ha lasciato perplesso alla luce di quanto sta avvenendo con Tyrrel… ma adesso non vorrei annoiarla con i miei ragionamenti. Ci vediamo molto presto, Joseph.

Un attimo più tardi in Arizona, nella suite dell’El Tovar, Joe Keogh appese il ricevitore e prese giacca e bastone. Doveva interrogare Sarah Tyrrel su sua figlia, e dato che non vi era telefono a casa Tyrrel doveva uscire e raggiungere la casa a piedi.

La folla di turisti giù nella hall parlava di neve, e non appena Joe uscì, l’aspetto grigio ferro del cielo mattutino e il secco vento gelido che tirava lasciavano prevedere con certezza quasi assoluta lo svolgimento di un bianco Capodanno.

13

Dopo aver cambiato per la seconda volta aereo a Phoenix, ponendo termine a un calvario fatto di snervanti attese e irritanti ritardi, l’ultimo tratto di quel lungo volo verso ovest depositò lo sfibrato viaggiatore al piccolo aeroporto di Flagstaff. La mezzanotte era passata da poco. Drakulya annusò l’aria intensamente, quasi degustando il clima locale. Da quel punto in poi, invece di continuare lungo le strade innevate, preferì arrivare al canyon sotto forma di animale correndo tutto il tempo sulle sue quattro zampe.