— E perché no? Non debbo neppure immaginarlo, perché ce l’ho davanti agli occhi. E comunque da quando sto con lei ho visto cose ben più strane!
15
Lasciando Sarah Tyrrel, Drakulya tornò all’El Tovar con l’intenzione di consultarsi ancora una volta con Joe Keogh e di porre alcune domande al padre adottivo della ragazza scomparsa.
Brainard, ancora ospite nella suite di Keogh, reagì con un certo disagio al modo in cui il signor Strangeway lo guardò, dando la netta impressione di un uomo che avrebbe volentieri scelto di diventare invisibile.
Sottoposto a un severo quanto silenzioso esame, l’avvocato guardò prima Joe, poi Strangeway e infine di nuovo Joe. Poi disse, rivolgendosi a Strangeway: — Lei è forse un amico del signor Tyrrel?
Strangeway scosse la testa. — Non ho ancora avuto il piacere d’incontrarlo. Tuttavia condividiamo un certo bagaglio culturale.
Brainard annuì lentamente. — Ne ero convinto. E quindi lei sarà forse in grado di ritrovare mia figlia.
— Come ho già detto alla signora Tyrrel, farò ciò che posso. Ma prima lei mi deve dire tutto ciò che sa su Edgar Tyrrel.
Brainard frugò in tutte le sue tasche prima di trovare sigarette e accendino. — Oh, non c’è molto da dire. È vivo e si trova laggiù da qualche parte, anche se da un po’ di tempo non lo vedo più. Io e lui facciamo affari…, affari onesti, s’intende. Non c’è nulla di sbagliato nel fare affari, mi auguro.
Con un’altra domanda i due detective vennero a sapere che Brainard non era mai sceso nel Grand Canyon in vita sua, neppure nella versione più moderna e prosaica, e che non aveva alcuna idea dell’esistenza di uno o più Canyon diversi sparsi nel tempo e forse nello spazio. D’altro canto non era difficile aspettarselo da uno che non aveva mai messo piede su uno dei sentieri calpestati ogni giorno da migliaia di turisti, almeno nei tratti più vicini a Canyon Village. Ma Brainard non era un esperto di escursioni, e neppure vi era lontanamente interessato. Addirittura gli sembrava plausibile che uno potesse vivere nascosto per sessant’anni in una sorta di santuario accessibile senza la magia o il suo equivalente nella scienza a pochi chilometri dall’incessante flusso turistico che riempiva l’altopiano in ogni stagione dell’anno.
Drakulya gli disse: — Mi racconti qualcosa di più sugli affari che fa con Edgar Tyrrel e, dato che me lo chiede, le darò un’opinione sulla loro onestà.
— Bene, signore, non c’è nulla di male negli affari che faccio con Edgar. Io sono un mercante d’arte, specializzato nelle sue creazioni. Nel nostro accordo non c’è nulla di complicato: la sola cosa non vera è che tutti lo credono morto. Tuttavia, io non truffo certamente nessuno: le sculture che vendo sono autentiche. Edgar Tyrrel è uno scultore e io vendo le sue opere per lui. A differenza dei quadri, la pietra scolpita è molto difficile da datare con precisione e quindi gli acquirenti credono che si tratti di opere realizzate negli anni Trenta e anche prima. In ogni caso, un uomo ha diritto di vendere le sue creazioni, e di scegliersi l’agente che più gli garba.
A questo punto Joe intervenne dicendo: — Sarah Tyrrel però ha dei diritti legali sulle proprietà e le opere del marito. Ma da quanto ho capito è lei a intascare la maggior parte dei soldi guadagnati in questo affare.
— Forse Sarah se ne è lamentata con voi? — replicò Brainard.
Strangeway fece un vago cenno a Joe, come per tacitarlo. Guardando intensamente Brainard, gli chiese: — Ci racconti, avvocato, com’è cominciato questo vostro accordo.
— Certo — disse Brainard guardando il soffitto e pensando. — Cominciò agli inizi degli anni Sessanta. Mi trovavo qui a fare qualcosa per mia zia, che evita in ogni modo di mettere piede qui a Canyon Village, ma che non ha mai voluto rinunciare a questa casa a favore del Parco.
“Comunque, ero qui per dare un’occhiata ad alcuni dei mobili che arredano la casa e vedere quanto potevano valere, e dato che era tardi decisi di fermarmi per la notte. All’improvviso me lo ritrovai davanti. Gesù, che spavento mi presi!”
— Come, se lo ritrovò davanti?
— Ero seduto qui su una sedia, pensando. In effetti, credo che mi addormentai davanti al fuoco. Poi qualcosa mi svegliò: un sogno, pensai inizialmente. Ma subito mi accorsi che c’era qualcuno nell’altra stanza. Andai a vedere, e me lo ritrovai davanti. Inizialmente pensai a un ladro, ma lui mi convinse del contrario.
— Quindi lui non fece nulla per evitare di essere scoperto.
— Io… credo di no. Forse era curioso di sapere chi fossi.
— E lei come l’ha riconosciuto?
— Oh, avevo visto molte vecchie foto. E trovandolo in casa pensai subito a lui, non so perché. Ma soprattutto fu il modo in cui lui si presentò quando gli chiesi chi era. Molto calmo, poco loquace e molto sicuro di sé. Tuttavia, all’inizio non gli credetti fino in fondo. In fin dei conti, quella era una delle esperienze più assurde della mia vita: stavo parlando con un uomo da tutti ritenuto morto per circa trent’anni. Comunque, per farla breve, alla fine gli credetti. Dovevo. Iniziammo a parlare d’arte, ma dopo un po’ lui si scusò e scomparve proprio come un fantasma. Venti minuti dopo ricomparve portandomi qualcosa che mi convinse del tutto.
— Cosa?
— Un lavoro alquanto pregevole: se ben ricordo, un piccolo coyote. Non uno degli strani animali che a volte scolpisce. Mi disse che era risalito qui sull’altopiano per paragonare uno dei suoi nuovi lavori con una vecchia versione di uno di essi custodita qui nella casa. Ma naturalmente la statua a cui alludeva non era più qui. Tutto ciò che restava nella casa, anche allora, erano riproduzioni.
“Parlammo abbastanza a lungo. Quando scoprì che ero il nipote di sua moglie, quindi praticamente un suo nipote, anche se non potrei mai chiamarlo zio, cominciò a pormi domande su Sarah. Apparentemente non avevano avuto alcun contatto da quando lei lo aveva lasciato.
“Era davvero curioso su di lei, e sembrava preoccupato. Ma la prima condizione che pose per stabilire un rapporto d’affari fu che dovevo tacere con lei del nostro incontro. Infatti nessuno doveva sapere che era ancora vivo.”
Brainard tacque, accendendosi una sigaretta con mani tremanti.
— Per farla breve, dopo aver parlato per diverse ore mi lasciò quel suo nuovo pezzo incaricandomi di venderlo. In cambio non mi cercò soldi, ma mi diede una lista di materiali di cui aveva bisogno: attrezzi, materiali da costruzione e cose come queste. “Posso ottenere questo materiale anche da altre fonti” mi disse “ma lei può farmi risparmiare del tempo.”
— Sempre — intervenne Strangeway — sempre una questione di tempo. In un modo o nell’altro il tempo c’entra sempre. Non sembra anche a lei, Joseph?
— Già — replicò Joe distrattamente, rivolgendosi nuovamente a Brainard. — Continui — disse.
Brainard spense la sigaretta a metà nel portacenere e riprese il suo racconto. — Quando se ne andò io rimasi a lungo a pensare. Più ci pensavo e meno potevo credere a quanto era accaduto. Voglio dire, quel tipo doveva teoricamente avere novant’anni di età ed era forte e attivo in un modo incredibile.
— E questo è successo trent’anni fa. Adesso dovrebbe avere più di cent’anni. Centoventi, per la precisione, e lei sta ancora facendo affari con lui.
— Infatti. È pura follia, lo so. Spiegatemelo voi. Forse è con suo figlio che sto facendo affari adesso, o suo nipote. Forse è suo fratello più giovane, forse è il fantasma di Tyrrel… perché no? Non ne ho idea, signori, posso solo fare qualche ipotesi a riguardo. Tuttavia è innegabile il fatto che continui a portarmi statue da Vendere, e io non ho mai avuto problemi a venderle come autentiche. So cosa pensano i collezionisti, che io e mia zia Sarah abbiamo questo tesoro nascosto da qualche parte che mettiamo gradualmente sul mercato, una statuetta alla volta per non fare scendere il prezzo.