— Papà! Cosa ti è successo? — esclamò Cathy allarmata. Là, alle forti luci della grotta, poté esaminare meglio le cicatrici sul volto del padre. Quelle che una volta dovevano essere orribili bruciature si erano lentamente ammorbidite e rimarginate, lasciando solo un’ombra di quello che un tempo doveva essere stato un devastante incidente.
— Cosa sono quelle cicatrici? — insistette Cathy. — Non le ricordo.
— Qualcuno ha tentato di uccidermi — le spiegò brevemente suo padre, voltandosi dal tavolo di lavoro. — Volevano… volevano bruciarmi vivo.
Il suo sguardo si addolcì quando vide l’orrore sul volto di sua figlia.
— Ma adesso è tutto finito — la rassicurò. — Per fortuna hanno fallito. Ed è successo molto tempo fa. Guarda, questa è la pietra su cui lavoro. Non ha nulla in comune con la banale roccia calcarea su cui scolpisco i miei lavori per Brainard. Ormai da tempo mi dedico interamente ad altre cose.
Tyrrel smise di parlare e ascoltò qualcosa nella notte. Guardò Cathy, e la sua espressione si fece preoccupata. Passarono diversi minuti prima che anche lei potesse udire ciò che sembrava angosciarlo. Voci umane, e sempre più vicine: sembravano quelle di due donne e un uomo.
18
Nella chiara luce del sole di mezzogiorno Jake ascoltò inorridito e immobile le urla provenienti da dietro la roccia, scheggiata e annerita, ma sempre dannatamente intera. Il mostro che cercava in tutti i modi di uccidere ovviamente viveva ancora.
In piedi accanto al suo compagno, Camilla si era tappata le orecchie con le mani, ma adesso univa le sue urla a quelle del vampiro.
La rabbia strappò Jake dalla sua momentanea paralisi. Con violenza e cattiveria schiaffeggiò più volte Camilla per tentare di strapparla a quello stato d’isteria. Un attimo più tardi lei si gettò tra le sue braccia singhiozzando, e lui cercò di confortarla. Poi la strinse per le spalle e la scosse energicamente. Urlando per farsi sentire sopra le urla di agonia di Edgar le disse: — Dobbiamo sistemare le altre cariche! Dobbiamo finirlo una volta per tutte!
Camilla tremava come una foglia. — Lo so, lo so! Adesso sto meglio.
Di nuovo Jake raccolse la mazza e lo scalpello. Altre due esplosioni rappresentavano la loro sola speranza. La dinamite c’era, e così gli inneschi.
Camilla ebbe un’ispirazione. — Ci siamo dimenticati del cherosene nelle lampade a petrolio! Corro alla casa a prenderlo.
— Ottima idea. Buttiamo dentro anche le lampade. L’importante è che quel fuoco continui a bruciare.
Lei si allontanò correndo.
Frettolosamente Jake tastò la pietra scegliendo i punti dove realizzare la nuova serie di fori. Dieci secondi dopo riprese a martellare. Il fallimento del primo tentativo lo metteva crudelmente davanti ai fatti: per uno come lui quella dannata lastra di roccia rappresentava una barriera quasi insormontabile.
Due minuti dopo Camilla fu di ritorno. Camminava adesso, e portava con sé tre grosse lampade a petrolio. Si avvicinò alla fessura e le gettò all’interno con una certa calma. Il vetro s’infranse, e la nuova doccia di liquido infiammabile generò un’intensa colonna di fumo nero.
Poi si precipitò ad aiutare Jake. — Faremo prima se tengo lo scalpello.
— Forza!
Lei afferrò l’utensile con entrambe le mani, ruotandolo dopo ogni colpo come aveva visto fare a Jake. Dal canto suo, lui prese una mazza più grande. Una strana frenesia generata dal terrore in lenta crescita sembrò donare ai due una forza sovrumana, e il lavoro procedette molto più velocemente di prima.
Iniziando il secondo nuovo foro, Jake gettò casualmente un’occhiata nella piccola grotta. Ciò che prima era un buio recesso nella roccia era adesso bene illuminato dalle fiamme. Con spaventoso orrore Jake riuscì a vedere, a livello del suo ginocchio, una parte della testa di Tyrreclass="underline" i capelli non c’erano più, e la pelle del cranio appariva annerita e fumante. Tuttavia il vampiro viveva ancora: evidentemente nel suo tormento vagava carponi tra le fiamme urlando come una belva feroce.
Il denso fumo nero oscurava la metà di ciò che le fiamme arancioni cercavano di rivelare, ma tuttavia Jake si rese conto che i vestiti di Tyrrel erano bruciati almeno per metà, sul torace e le spalle, e che il vampiro stava guardando i suoi assalitori. I suoi occhi brillavano fissi e vitrei nella devastata rovina del volto e le sue labbra si muovevano emettendo strane parole tra le urla.
Sconvolto dall’orrore, Jake assestò un colpo che mancò completamente lo scalpello e, fortunatamente, le mani di Camilla. Lei gli urlò di stare attento e lasciò cadere l’utensile.
Jake urlò a sua volta, e lei scese a riprendere lo scalpello. Ma improvvisamente tutto questo fu troppo per lei: cedendo ai nervi, lasciò cadere ogni cosa e prese a fuggire giù per il canyon verso il grande fiume.
Jake urlò dalla disperazione. — Camilla, torna qui! Camilla, non posso farcela da solo! Camilla!
Quelle urla la richiamarono alla logica. Fatti pochi metri si fermò e, singhiozzando, tornò indietro. Ma quando fu vicina a Jake si lasciò cadere a terra, esausta, incapace di fare altro, rassegnata a un’orribile morte.
Di nuovo Jake afferrò lo scalpello con la sinistra, cambiando mazza e riprendendo la più piccola. Di nuovo riprese a martellare, ma le braccia gli tremavano per la tensione e la fatica.
Il foro si approfondiva lentamente. Il tempo passava. Le urla del vampiro pian piano si mutarono in rantoli odiosi, mentre il fuoco lentamente si spegneva e la colonna di fumo nero si diradava fino a diventare un semplice filo di fumo. Jake non riusciva a credere che quei rantoli potessero mai fermarsi.
Lentamente, troppo lentamente, l’ultimo foro della serie prese forma nella roccia calcarea. Il sole passò lo zenith e cominciò la sua lenta discesa. E purtroppo, nonostante la fretta e lo strano modo in cui passava il tempo Jake dovette cominciare a fermarsi per riposare un po’ le braccia.
Non se la sentì però di guardare nuovamente nella grotta, anche perché quell’ultimo filo di fumo disperso irrimediabilmente dal vento annunciava che l’incendio si era spento. L’assalto del cherosene in fiamme era terminato, e il loro nemico sopravviveva ancora in qualche modo.
— Jake, scusami amore mio. Adesso ti aiuterò.
Camilla era riuscita a rimettersi in sesto, e adesso si avvicinò a lui.
Jake annuì e sorrise, conservando il poco fiato che gli restava per il lavoro ancora da fare. Per un istante posò la mazza, appoggiandosi alla barriera di roccia per riposare e asciugandosi con la manica della camicia il sudore dalla fronte, dal viso, dalla lunga barba incolta.
Camilla si avvicinò abbracciandolo con affetto.
Senza alcun preavviso la mano bruciata di Tyrrel uscì brancolando dalla fessura. Il braccio sottile si proiettò in avanti come un serpente a sonagli, coperto da fumanti rimasugli di carne e tessuto ed estendendosi incredibilmente lontano. La ferrea morsa delle sue dita mancò per un soffio il braccio di Jake, afferrando Camilla per il collo della maglia.
Jake emise un incoerente urlo di terrore, lasciò cadere la mazza e balzò indietro. La mano bruciata di Tyrrel si strinse intanto su Camilla, trascinandola con forza sovrumana verso la stretta apertura tra le rocce. La ragazza cercò istintivamente di resistere e non urlò neppure, emettendo piuttosto una sorta di prolungato singulto.
Ma la sorpresa passò all’istante: Jake mosse un passo avanti e afferrò lo scalpello, lungo forse un terzo di una mazza da baseball e altrettanto pesante, colpendo con tutta la sua forza il polso scheletrico di Tyrrel. Ma questi non mollò la presa, mentre il braccio di Jake venne scosso da tali vibrazioni da fargli pensare per un attimo di aver colpito la roccia per errore.
Il corpo di Camilla s’irrigidì oltre ogni limite. Tutti i suoi muscoli lottavano per evitare di venire trascinata, schiacciata nella stretta apertura. L’attonito singulto di sorpresa si trasformò in parole coerenti: — No, Jake, no! Devi usare il legno! Il legno!