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— Ehi — obiettò la signorina Bishop — mi pareva che aveste detto che cambiare i circuiti di un robot era il peggior reato del mondo… qualcosa in cui non avreste mai voluto immischiarvi.

— C’è un’enorme differenza tra l’alterare la mente di un uomo o di un robot (turbando le sue idee e modificando i suoi principi), e il limitarsi a renderla pigra, il che è precisamente ciò che ho fatto — osservò Zane. — A molta gente piace essere pigra. Anche ai robot. Pensateci bene.

La mossa successiva di Zane era stata requisire l’aereo privato (a bordo del quale i legislatori in vacanza si stavano sbronzando) sul campo d’atterraggio di una località alla moda, nel deserto. — È stato un bene che l’abbiate prelevato voi — osservò il deputato smarrito. — Ricordo che i miei colleghi litigavano per decidere chi avrebbe pilotato fino a Parigi, in Francia, per reclutare qualche pupa e per prendere dell’assenzio, se la festa avesse cominciato a diventare noiosa.

Il Segnale Quattro aveva guidato Zane e Flaxman a ovest, sopra una grande tenuta in montagna, ricca di prati e punteggiata di querce e di bianche statue di ninfe inseguite da ermafroditi, dove un branco di cervi addomesticati si era dato alla fuga davanti agli sbuffi dei reattori che portavano l’apparecchio verso l’atterraggio. Una grande casa bianca dalle colonne scanalate si era rivelata come il rifugio della Gente di Penna (e della sua organizzazione terroristica, i Figli della Sibilla) e come la prigione in cui era rinchiusa la signorina Blushes.

— Sì, quei giovani perversamente affascinanti mi hanno indotto a seguirli — confessò la rosea robicchia. — Mi avevano promesso che avrei potuto censurare le loro poesie e scrivere racconti morali per le robicchie appena costruite. Sono stati molto simpatici, anche se non hanno mantenuto tutte le loro promesse… mi hanno mostrato lane di sfumature che non credevo neppure esistessero e nel frattempo hanno curato il mio lavoro a maglia e hanno parlato sempre con me. Ma quelle vecchie signore! — Il suo alluminio anodizzato rabbrividì. — Nient’altro che libidine della carne e un flusso di parole sconce. E fumavano la pipa! Volevo che Zane le imbavagliasse con i loro gioielli brillantati, ma lui è di animo troppo gentile. — Lo guardò teneramente attraverso la cabina imbottita dell’aereo, il cui pavimento era coperto di pozze di liquore versato e di salatini sbriciolati.

Il Segnale Cinque (Mezza Pinta, per processo di eliminazione) aveva portato Zane, Flaxman e la signorina Blushes in mezzo al Pacifico, oltre l’ultimo campo di alghe purpuree, là dove un vascello dall’aspetto sinistro solcava le onde solitarie al di là del limite delle acque territoriali: era il battello-bisca, dotato di armi pesanti, Regina del Sindacato del Crimine, che godeva fama di essere la più vecchia bisca galleggiante permanente del Sistema Solare.

L’armamento del vascello e le sentinelle dagli occhi d’aquila rendevano impossibile un attacco aereo. Dopo aver regolato l’aereo perché volasse in cerchio sulla Regina a una distanza di sette chilometri, Zane aveva messo alla prova la sua struttura resistente all’acqua lanciandosi in mare con un piccolo razzo da tuta spaziale dotato di serbatoi di riserva. Si era avvicinato alla sua meta saettando a nove metri sotto il livello dell’acqua, come una torpedine vivente. Arrivato alla Regina senza che nessuno si fosse accorto di lui, aveva praticato nella chiglia un foro di dimensioni accuratamente precalcolate e, approfittando dell’agitazione che questo aveva provocato a bordo, aveva abbandonato il suo motore a razzo per arrampicarsi in fretta lungo la fiancata, come un Nettuno metallico e sgocciolante incoronato di nero.

Il suo radiocolbacco gli aveva permesso di individuare in un attimo la cabina in cui l’abominevole Filippo Fenicchia stava facendo sgocciolare acido nitrico su Mezza Pinta (dopo aver girato il suo occhio TV perché potesse guardare lo spettacolo) nel tentativo di costringere il cervello a giurare, sull’onore di sua madre, che avrebbe aderito al Sindacato del Crimine come banco-memoria, congegno intimidatorio e superspia ad alto livello: La Garrota aveva cominciato a intuire possibilità d’impiego molto più grandi per i cervelli in scatola, invece di limitarsi a ricattare una casa editrice di secondo piano.

— Mi aveva messo alle corde — intervenne Mezza Pinta. — Se avessi giurato, avrei dovuto mantenere la mia parola… in duecento anni si impara a farlo, o si impazzisce. Forse, sarebbe stata una esistenza interessante… mi ha detto, per esempio: “Pensa cosa proverebbe un traditore del Sindacato del Crimine se aprisse la valigia e dentro ci fossi tu, a guardarlo con il tuo occhio e a dirgli che è spacciato!” ma io continuavo a chiedermi quando avrei cominciato io, ad avere paura. Ero ostinato. E volevo fargli perdere tempo. L’acido non mi avrebbe fatto soffrire, vedete, mi avrebbe dato solo nuove sensazioni e forse nuove idee. Per un po’, almeno.

Nel momento in cui Zane aveva fatto irruzione nella cabina, il robot sarebbe stato paralizzato dal raggio cortocircuitante che il previdente Fenicchia gli aveva puntato contro, ma Zane aveva teso davanti a sé una rete di rame che aveva agito come una gabbia di Faraday. Quando aveva visto le macchie provocate dall’acido sul guscio di Mezza Pinta, il robot aveva allungato una chela verso la base alcalina che La Garrota teneva pronta per neutralizzare l’acido e, gridando “Un criminale per un uovo!” aveva colpito con l’altra chela il viso grigio del gangster, spaccandogli metà dei denti e asportandogli un bel pezzo di guancia e di mento, metà del labbro superiore e la punta del naso.

Immediatamente, Zane aveva versato il neutralizzatore su Mezza Pinta, l’aveva raccolto, era passato in mezzo ai gangster paralizzati dalla catastrofe e si era ributtato in mare, nel punto dove aveva lasciato a galleggiare il suo motorino a razzo. Temendo che l’uovo non sarebbe stato in grado di resistere sott’acqua a causa della pressione, il robot era avanzato saettando proprio al di sotto della superficie, reggendo alto Mezza Pinta con una chela.

— Oh, ragazzi, che corsa! — intervenne l’uovo, poi aggiunse, meditabondo: — Potevo quasi sentire quell’acqua.

— Doveva essere veramente uno spettacolo straordinario — ammise Zane — se qualcuno dell’equipaggio avesse avuto il tempo di distrarsi dalle operazioni di salvataggio della Regina: un uovo d’argento che correva misteriosamente sulla cresta delle onde!

— No, non fatemi venire le convulsioni! — intervenne Flaxman, curvando le spalle e chiudendo gli occhi. — Scusate, Mezza Pinta.

Quando era giunto al limite del cerchio di sette chilometri, Zane aveva chiamato per radio la signorina Blushes e l’aveva guidata perché abbassasse l’apparecchio fin quasi al livello del mare: poi Flaxman gli aveva gettato una scala di corda. La prima cosa che il robot aveva fatto, appena salito a bordo, era stato avvitare una fontanella nuova a Mezza Pinta.

— Io non credo a quella storia delle otto ore — disse Mezza Pinta. — Ricordo benissimo che, quella volta che la bambinaia era in ritardo, avevamo fatto finta di svenire per spaventarla.

— Dimmi una cosa, Zane — chiese incuriosito Gaspard. — Cosa sarebbe successo se il tuo motore razzo si fosse guastato?

— Sarei andato a fondo — rispose il robot. — E sarei là ancora adesso, con Mezza Pinta fra le braccia e… se la mia struttura e il mio faro avessero resistito, starei contemplando le bellezze dei sedimenti marini e della vita negli abissi. O, più probabilmente, conoscendomi bene, starei tentando di raggiungere a piedi la riva.