Due dei lanciafiamme avevano esaurito la scorta di combustibile, ma avevano compiuto fino in fondo il loro lavoro: gli ultimi mulini contro cui erano stati puntati (un Prosatore e un Proteiforme della Protone) erano arroventati e puzzavano di isolanti carbonizzati. Il terzo lanciafiamme, la cui canna era impugnata da Homer Hemingway, giocava ancora leggermente su un lucente Fraseggiatore della Editrice Razzi… Homer aveva ridotto il flusso delle fiamme, due minuti prima, per prolungarsi il divertimento.
Gli scrittori non ricostituirono la fila, ma parecchi di loro, soprattutto gli apprendisti maschi, avanzarono verso il robot roseo, urlando disordinatamente e poi all’unisono tutte le parole sconce che conoscevano, e che in realtà erano sorprendentemente poche per specialisti in letteratura: non più di sette, infatti.
A questo punto, il robot roseo “gridò davvero”, facendo salire e scendere al suo fischio tutta la scala delle tonalità, da certi infrasuoni che mettevano i brividi a certi ultrasuoni che provocavano feroci emicranie. L’effetto fu eguale a quello di sette antiche sirene da pompieri con un vertice sonoro più elevato e una base più bassa. Tutti si portarono le mani alle orecchie. Espressioni di autentica sofferenza si dipinsero sui loro volti.
Homer Hemingway ripiegò il braccio sinistro sul capo per ripararsi entrambe le orecchie, eppure batté ancora le palpebre per il fastidio. E con la destra puntò la fiamma davanti a sé, fino a che raggiunse il robot roseo.
— Piantala, sorella! — ruggì, facendo passare la fiamma avanti e indietro, sulle esili gambe curvilinee del robot.
Il grido cessò e un ronzio desolante uscì dal robot roseo, come se una grande molla fosse scattata. L’essere metallico barcollò e cominciò ad oscillare come una trottola che avesse quasi esaurito la carica.
In quell’istante Zane Gort e Gaspard de la Nuit irruppero nella sala. Il robot d’acciaio azzurro avanzò a grandi passi, come può permetterselo un robot (ossia, cinque volte più rapidamente di un uomo) e afferrò il robot roseo mentre quello stava per afflosciarsi. Lo sorresse saldamente, senza dire nulla, e fissò Homer Hemingway che, dal momento in cui era comparso Zane, aveva puntato di nuovo, con un po’ di apprensione, la canna del suo lanciafiamme verso il Fraseggiatore.
Mentre Gaspard lo raggiungeva correndo, Zane gli disse: — Reggimi la signorina Blushes, amico mio. Abbi riguardo, è in stato di shock.
Poi puntò diritto verso Homer.
— Girami al largo, sporco negro di latta! — urlò quello, in tono piuttosto belante, e diresse la fiamma verso il bruncio robot che avanzava. Ma, o il combustibile si esaurì in quel momento, oppure la chela destra protesa di Zane aveva qualche strano potere, perché in quell’istante la fiamma si spense.
Zane gli strappò la canna dalle mani, lo afferrò per la collottola del suo abito da cacciatore, lo rovesciò sul suo ginocchio d’acciaio azzurro e lo sculacciò vigorosamente per cinque volte con la canna scottante.
Homer ululò. Gli scrittori gelarono, guardando Zane Gort come un branco di romani storditi dal piacere avrebbero potuto guardare Spartaco.
5
Heloise Ibsen non era una donna da preoccuparsi troppo per le situazioni spiacevoli in cui si cacciavano i suoi uomini. Mentre Homer veniva sculacciato, lei si avvicinò a passo di danza a Gaspard.
— Non posso dire di avere una grande opinione della tua nuova amichetta — gli disse, abbassando gli occhi sulla signorina Blushes. — È un bel colore per una ballerina di fila, ma non ha abbastanza carne addosso. — Poi mentre Gaspard cercava una risposta, proseguì: — Naturalmente, ho sentito parlare di uomini che hanno dovuto rivolgersi ai robot per avere qualcuno che si occupasse di loro, ma non avrei mai pensato di doverne conoscere uno. Non avevo mai pensato neppure di conoscere il tirapiedi di un editore!
— Senti, Heloise, non sono un tirapiedi! — ritorse Gaspard. — Non ho mai fatto la spia o qualcosa di simile, e non lo farò mai. Quello che avete fatto mi ripugna… non mi vergogno di ammettere che non appena mi sono ripreso dalla botta che mi ha dato il tuo gorilla bianco, sono corso qui per cercare di salvare i mulini-a-parole della Razzi se potevo! È lungo la strada ho incontrato Zane. Sì, mi ripugna ciò che voi cosiddetti scrittori avete fatto, ma anche se avessi saputo cosa stavate preparando, e non lo sapevo, mi sarei opposto in sede sindacale, non sarei mai andato a raccontarlo ai padroni!
— Ah-ah, va a raccontarlo a Flaxman — fece la sua ex innamorata scrollando le spalle nude e abbronzate. — Forse l’Editrice Razzi ti appunterà una medaglia di latta e ti aiuterà a sognare nuovi titoli per le ristampe, pagandoti il quindici per cento della tariffa sindacale. Sporco tirapiedi, hai cercato di fermarci, prima, all’albero dei libri!
— No! — scattò Gaspard. — E se l’avessi fatto, non l’avrei fatto per i padroni! — Cercò di reggere la signorina Blushes tenendola un po’ più lontana, per essere più libero di discutere, ma lei vibrò e gli si aggrappò più strettamente.
— Oh, non è carina? — commentò Heloise Ibsen. — Non è un roseo tesoruccio di latta? Fai le tue scuse a Flaxman e a Cullingham, tirapiedi!
Proprio in quel momento Zane Gort, che aveva ottenuto qualche informazione da Joe la Guardia in cinque secondi (un tempo da primato) e che poi era corso all’armadietto e ne era ritornato in altri quattro secondi, arrivò con una barella. La depose sul pavimento e vi distese la signorina Blushes.
— Aiutami, Gaspard — disse in fretta. — Dobbiamo portarla in un posto tranquillo e rifornirla di elettricità prima che tutti i suoi relais saltino. Prendi la barella dall’altra parte.
— Medaglia di latta va benissimo! — gracchiò Heloise. — Avrei dovuto saperlo che fare il tirapiedi era naturale per uno sporco amatore di robot.
— Heloise… — cominciò Gaspard, ma poi vide che non c’era tempo per parlare. Gli scrittori ammassati nella sala, storditi dagli strilli della signorina Blushes e dall’audacia delle manovre di Zane Gort, si erano ripresi e avanzavano minacciosi. Mentre Gaspard sollevava la barella e trotterellava dietro Zane, Heloise si batté rumorosamente una mano sull’anca.
— Ecco una cosa che i tuoi amici di latta non possono darti! — gli gridò dietro, con una risata volgare.
Pezzi di metallo, scagliati dagli scrittori furibondi, cominciarono a piovere attorno a loro. Zane allungò il passo, fino a che Gaspard fu costretto a correre.
Un candelotto esplosivo scoppiò vicino al suo orecchio.
— Aahg! — singhiozzò furioso Homer Hemingway al loro indirizzo, accendendo l’altro candelotto che gli rimaneva sul mulino-a-parole arroventato. Prima di scagliarlo, rovistò nei suoi banchi-memoria non eccessivamente ricchi per trovare il peggiore insulto che conosceva.
— Sporchi direttori editoriali! — latrò.
Ma il suo missile esplose tre metri troppo presto, mentre il robot e l’uomo che reggevano la barella varcavano la porta. Quando furono sulla strada, Zane rallentò il passo. Gaspard scoprì, con sua grande sorpresa, che cominciava a sentirsi magnificamente: eccitato e un po’ euforico. La sua giacca era sbrindellata, il suo viso sporco, aveva sulla mascella un gonfiore grosso come un limone, ma si sentiva vivo.
— Zane, hai fatto uno splendido lavoro con Homer! — gridò. — Vecchio bastardo di latta, non sapevo che fossi capace di tanto!
— Di solito no — rispose modestamente il robot. — Come sai, la Prima Legge prescrive ai robot di non fare del male a un essere umano, ma per sant’Isaac, è necessario che quell’essere si comporti veramente in modo umano! Homer Hemingway non si comporta da essere umano, invece. Inoltre, non intendevo fargli del male, ma impartirgli un salutare castigo.