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Mentre saliva i gradini della forca gli venne una grande paura. Doveva morire. Così piccolo, così grasso, così verde, con la testa lavata e le unghie tagliate, e doveva morire.

Difatti cominciarono a rullare i tamburi. Il boia mise il cappio al collo dell'avvocato, contò fino a tredici perché era superstizioso, poi schiacciò il bottone. La botola si aprì, il sor Pisello precipitò nel buio pensando: "Stavolta sono morto davvero. Sento già le voci del Paradiso".

Una delle voci diceva:

— Tagli lei, signor Cipollino. Con questa luce io ci vedo troppo poco.

Qualcuno tagliò il laccio che stringeva il collo del sor Pisello e la voce disse di nuovo:

— Gli dia un sorso di questo ottimo sciroppo di patate: noi talpe non andiamo mai in giro senza la nostra bottiglietta di medicinale.

Cosa diavolo era successo?

Capitolo XV

Spiegazione sorprendente del capitolo precedente

Era successo semplicemente questo: Fragoletta aveva narrato a Ravanella i casi del sor Pisello e Ravanella era corsa ad avvertire Cipollino, il quale insieme a tutti gli altri prigionieri liberati si era accampato in una grotta nel bosco.

Cipollino cominciò col farsi prestare una lesina da Mastro Uvetta per grattarsi in testa, in cerca di un'idea.

Finita la grattatina, Cipollino restituì la lesina a Mastro Uvetta e si allontanò correndo. Nessuno gli domandò che cosa avesse deciso di fare.

Il sor Zucchina si accontentò di sospirare:

— Gran testa, quel ragazzo: non se la gratta mai per niente.

Cipollino vagò un bel pezzo per i campi, prima di trovare quello che cercava. Infine capitò in un prato disseminato di monacelli di terriccio: e ogni tanto un nuovo monticello spuntava su come un fungo. La Talpa era al lavoro.

Cipollino non ebbe che da aspettare e quando uno di quei funghi di terra gli spuntò proprio sotto i piedi, si inginocchiò e cominciò a chiamare:

— Signora Talpa! Signora Talpa! Sono Cipollino!

— Ah è lei, — rispose seccamente la Talpa. — Ha intenzione di propormi qualche altro viaggetto sottoterra per andare in cerca di sorgenti luminose?

— Non parli così, signora Talpa: grazie al suo aiuto mi sono ricongiunto con i miei amici. Abbiamo potuto liberarci ed ora abitiamo provvisoriamente in una grotta qui vicino.

— Grazie delle informazioni, ma a me non interessano un bel niente. Arrivederla.

— Signora Talpa! Signora Talpa! — chiamò di nuovo Cipollino, — Mi stia a sentire.

— Dica pure, ma si tolga dalla testa che io abbia voglia di aiutarla ancora.

— Non si tratta di me. Si tratta dell'avvocato Pisello. Lo devono impiccare domattina.

— Buon prò gli faccia, — rispose la Talpa, — andrei volentieri ad aiutare a fargli il nodo. Gli avvocati non mi sono simpatici, e i piselli non mi piacciono.

Insomma, ci volle del bello e del buono a convincere la Talpa, ma Cipollino era sicuro del fatto suo: sotto le sue apparenze brusche, la bestiola aveva un cuore d'oro massiccio e non avrebbe rifiutato i suoi servigi per una giusta causa.

Così fu: la Talpa ad un certo punto si commosse ed esclamò:

— La smetta di chiacchierare, signor Cipollino. Lei ha una lingua che non finisce mai. Mi dica piuttosto da che parte devo scavare.

— Direzione nord-nord-ovest, — rispose pronto Cipollino, spiccando un salto per la gioia.

In men che non si dica la Talpa scavò una larga galleria fin sotto la forca. Quando la botola si aprì e il sor Pisello piombò giù attaccato alla corda, che pareva il peso del filo a piombo, Cipollino lo liberò in un baleno, gli fece bere lo sciroppo di patate che la Talpa portava con sé e gli diede anche dei piccoli schiaffi per farlo rinvenire.

— Oh, signor Cipollino, — esclamò l'avvocato, — è morto anche lei? Che combinazione, ritrovarci tutti e due in Paradiso.

— Avvocato, si svegli, — intervenne la Talpa, — questo non è il Paradiso e nemmeno l'Inferno. E io non sono né San Pietro né il diavolo: sono una vecchia Talpa e ho fretta di andarmene per i fatti miei. Sicché fate presto a uscire di qui e cercate di capitare di rado sulla mia strada. Tutte le volte che incontro Cipollino mi prendo l'insolazione.

La botola era scura, difatti, ma per la Talpa era così luminosa che le era venuto il mal di testa.

Finalmente il sor Pisello capì che l'aveva scampata bella, per merito di Cipollino e della Talpa e non finiva più di ringraziare i suoi salvatori. Abbracciava prima l'uno poi l'altro, poi li voleva abbracciare tutti e due insieme, ma aveva le braccia corte e non ci riusciva. Quando si fu calmato la Talpa scavò una nuova galleria che finiva proprio dentro la grotta dove abitavano Mastro Uvetta, il sor Zucchina, Pero Pera e tutti gli altri.

L'avvocato fu accolto con grandi feste: tutti avevano generosamente dimenticato che in altri tempi egli era stato per loro un pericoloso nemico.

La Talpa si accomiatò dai suoi protetti con le lacrime agli occhi, dicendo:

— Se aveste un po' di buon senso, verreste ad abitare con me sottoterra: là non ci sono forche, non ci sono Pomodori, non ci sono Limoni e Limoncini. Si sta quieti e al buio, questo è il più importante. Comunque, se avete bisogno di me, gettate un biglietto in questa buca: io passerò di quando in quando a prendere vostre notizie. E adesso arrivederci.

La salutarono tutti con affetto e ancora non avevano finito di salutarla quando Pisello si diede una grande manata sulla fronte, così forte che andò a finire a gambe all'aria.

— Che sbadato! Che distratto! La distrazione sarà la mia rovina.

— Avete dimenticato qualcosa? — domandò gentilmente la sora Zucca, raccogliendolo da terra e spazzolandogli il vestito.

Pisello raccontò l'avventura con Pomodoro e concluse dicendo:

— A quest'ora certamente le guardie saranno venute nel bosco a prendere la casa.

Cipollino schizzò via come un topo e in due salti fu sotto la quercia del sor Mirtillo. La casa non c'era più.

Il sor Mirtillo, nascosto tra due radici della quercia, si disperava:

— Ah, la mia bella casa! Ah, il mio bel Castello!

— Sono stati i Limoncini? — si informò Cipollino.

— Hanno portato via tutto: la mezza forbice, la lametta per la barba, il cartello e il campanello per i ladri.

Cipollino si grattò la testa: stavolta ci sarebbero volute due lesine, per tirar fuori un'idea, e Cipollino non ne aveva nemmeno una. Posò affettuosamente una mano sulla spalla del sor Mirtillo e lo accompagnò alla grotta.

Capitolo XVI

Avventure di un poliziotto e di un Segugio sempliciotto

Mister Carotino…

Un momento, Mister Carotino chi è? Di questo personaggio non si è ancora sentito parlare: di dove salta fuori? Che cosa vuole? E' alto o piccolo, grasso o magro? Ora vi spiego subito.

Visto che i prigionieri non si trovavano, il Principe Limone ordinò un rastrellamento generale delle campagne circostanti. I Limoncini, armati di rastrelli, rastrellarono per bene i campi ed i prati, i boschi e le siepi per trovare i nostri eroi. Lavorarono giorno e notte e raccolsero un mucchio di cartacce, di sterpi, di pelli di bisce e di ramarri, ma di Cipollino e dei suoi amici neppure l'ombra.

— Buoni a nulla! — Tuonava il Governatore. — Quasi tutti i rastrelli hanno i denti rotti… Meritereste che facessi rompere i denti anche a voi.

Le guardie batterono i denti per la paura, e per un quarto d'ora si sentì un tic-tic-tic che pareva la grandine.

— Qua occorre un investigatore, — disse il Gran Ciambellano.

— Che cos'è un investigatore? — domandò il Principe.