La voce intanto, a brevi intervalli, pregava, in tono supplichevole:
— Mister Carotino! Aiutatemi, per favore! Aiutatemi!
— Una donna chiede il mio aiuto, — rifletteva intanto l'investigatore — ed io mi rifiuterei di prestarglielo? Che cos'ho al posto del cuore?
Preoccupatissimo si tastò sotto la giacca e respirò di sollievo, costatando che il cuore batteva ancora.
La voce si allontanava verso il nord. In quella direzione i cespugli si agitavano violentemente, veniva di là uno scalpiccio soffocato, il rumore di una lotta selvaggia.
Carotino balzò in piedi e, seguito da Segugio, si mise a correre verso nord, senza perdere di vista la bussola. Alle sue spalle echeggiò una risata.
Carotino si arrestò, indignato, si volse verso l'ignoto personaggio che rideva alle sue spalle e gridò, con tutta la nobiltà del suo animo:
— Ridi, ridi pure, perfido pirata! Ride bene chi ride ultimo!
Il pirata rise di nuovo, poi gli venne un accesso di tosse.
Infatti, Ravanella gli aveva dato una robusta manata sulle spalle per farlo star zitto. Fagiolino — il pirata non era altri che lui, il figlio del cenciaiolo Fagiolone — si mise il fazzoletto in bocca per poter continuare a ridere a suo agio.
— Proprio adesso che gliel'abbiamo fatta, — bisbigliò severamente Ravanella, — vuoi rovinare tutto.
— Ma lui crede che siamo pirati, — disse Fagiolino per scusarsi.
— Vieni, — fece Ravanella, — cerchiamo di non perdere le sue tracce.
Carotino e Segugio avevano ripreso a correre verso nord, inseguendo il rumore di passi che continuava a venire da quella direzione (ossia continuando ad inseguire due ragazzetti, Tomatino e Patatina, che fingevano di lottare tra loro). Patatina si fermava di quando in quando e con la sua vocina aggraziata chiamava, per essere sicura che Carotino non perdesse le sue tracce:
— Aiuto! Aiuto, signor investigatore! Sono prigioniera dei pirati! Venite a liberarmi.
Come potete immaginare, i ragazzi erano già riusciti ad attirare Il poliziotto ben lontano dalla grotta nella quale si rifugiavano Cipollino e gli altri nostri amici. Ma il loro piano non si limitava a questo.
Il primo ad accorgersene fu Segugio. A un certo punto, quando gli pareva di essere lì lì per azzannare i pirati e si preparava a dare loro una solenne lezione, gli successe qualcosa di strano.
— O cielo, sto volando! — ebbe il tempo di esclamare.
E stava effettivamente volando, appeso ad una trappola che lo scaraventò in cima ad una quercia e lo tenne impastato contro il tronco, legato come una mortadella.
Carotino era rimasto indietro di qualche passo, e quando girò l'angolo non vide più il suo fedele aiutante.
— Segugio! — chiamò.
Nessuna risposta.
— Certamente si sarà fermato per via a inseguire qualche lepre. Da dieci anni è al mio servizio, ma non sono ancora riuscito a fargli perdere il vizio di distrarsi.
Non sentendo alcun rumore chiamò di nuovo:
— Segugio! Segugio!
— Sono qui, padrone, — gli rispose una voce lamentosa, irriconoscibile.
La voce sembrava venire dall'alto. L'investigatore guardò in su, tra i rami, e proprio in cima, legato al ramo più alto della quercia, vide Segugio.
— Che cosa fai lì? — domandò severamente. — Ti sembra questo il momento di giocare con gli scoiattoli? Faresti meglio a scendere subito. I pirati non sono mica lì che aspettano, e se perdiamo le loro tracce, chi libererà la bella prigioniera?
— Padrone, lasciate che vi spieghi, — supplicava Segugio, tentando invano di liberarsi dalla trappola.
— Non c'è niente da spiegare, — proseguì indignato Mister Carotino. — Mi spiego benissimo da solo, senza bisogno delle tue bugie, che non ti piace dar la caccia ai pirati, e preferisci far la scimmia tra i rami. Ma io sono un investigatore serio, il più serio d'Europa e d'America, e non posso tenere al mio servizio un buffoncello. Basta così: sei licenziato.
— Padrone, padrone, lasciatemi parlare.
— Parla quanto vuoi, ma io non mi fermerò certo ad ascoltarti Ho ben altro da fare. Addio, Segugio, ti auguro di trovare una professione più allegra e un padrone meno severo. Ed auguro a me stesso di trovare un aiutante più serio. Giusto ho adocchiato ieri, nel parco del Castello, un Mastino che fa al fatto mio: onesto, modesto e dignitoso. Non gli passa nemmeno per la testa di mettersi a darla caccia ai bruchi su per le querce. Addio, dunque, o cane infedele.
A sentirsi insultare a quel modo, il povero Segugio scoppiò a piangere.
— Padrone, padrone, state attento, altrimenti finirete come me.
— Mi fai ridere. Non mi sono mai arrampicato su una pianta in vita mia, e non sarà il tuo esempio a farmi cambiare abitudini.
Ma proprio mentre pronunciava queste nobili parole, Mister Carotino si sentì afferrare alla vita da qualcosa che lo stringeva fino a farlo soffocare: udì il rumore di una molla che scattava e costatò che stava volando a sua volta tra i rami degli alberi. Anzi, notò che si trattava della stessa quercia sulla quale si era arrampicato Segugio, e quando il volo finì egli si trovò a due palmi dalla coda del suo cane, bene assicurato al tronco da una solida fune.
— Ve l'avevo detto, — disse il cane, nel suo solito tono lamentoso. — Ve l'avevo molto, molto detto.
Carotino faceva sforzi terribili per mantenere la sua dignità in quella scomoda posizione.
— Tu non mi hai detto un bel niente. Il tuo dovere sarebbe stato di avvertirmi che stavo per cadere in un tranello, invece di farmi perdere il tempo in chiacchiere.
Segugio si morse la lingua per non rispondere. Capiva benissimo lo stato d'animo del suo padrone, e non desiderava procurargli altri dispiaceri.
— Eccoci dunque in trappola, — riflette Carotino. — Pensiamo ora come uscirne.
— Non vi sarà tanto facile, — disse una vocina ai loro piedi.
— Ma questa, — pensò Carotino, — questa è la voce della bella prigioniera.
Guardò in basso, aspettandosi di vedere comparire una schiera di terribili pirati col coltello fra i denti, e in mezzo a loro una principessa in lacrime: vide invece un gruppetto di ragazzini che si rotolavano per terra dalle risa.
Ravanella, Patatina, Fagiolino e Tomatino si abbracciavano ridendo, poi improvvisarono un gaio girotondo attorno alla quercia.
— Lor signori, — cominciò con aria severa l'investigatore, — lor signori avranno la bontà di spiegarmi che scherzo è questo.
— Noi non siamo signori, — rispose Fagiolino — siamo pirati.
— E noi siamo principesse prigioniere.
— Mi facciano subito scendere di qui, altrimenti sarò costretto a prendere severi provvedimenti.
— Prenderemo molti, molti provvedimenti, — aggiunse il cane agitando rabbiosamente il suo mozzicone di coda.
— Non credo che potrete prendere né molti né pochi provvedimenti fin che starete in quella posizione, — disse Ravanella.
— E noi cercheremo di lasciarvi lassù il più a lungo possibile, — rincarò Tomatino.
— La situazione mi sembra chiara, — bisbigliò Carotino nell'orecchio di Segugio.
— Molto, molto chiara, — approvò tristemente Segugio.
— Siamo prigionieri di una banda di ragazzi, — continuò l'investigatore. — Quale disonore per me. Inoltre si tratta quasi certamente di ragazzi assoldati dagli evasi per farci perdere le loro tracce.
— Si tratta molto, molto certamente di ragazzi assoldati, — ammise il cane. — Solo mi meraviglio della bravura con cui ci hanno preparato questa trappola.