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Cipollino sospirò a sua volta.

— A chi lo dici? Quando sono stato a trovare il mio babbo prigioniero ho osservato molto attentamente le sbarre: è assolutamente impossibile fuggire. Eppure ho promesso al mio babbo di liberarlo, e un giorno o l'altro, quando sarò pronto, tenterò l'impresa.

— Tu sei un ragazzo coraggioso, — fece l'Orso, — vorrei anch'io andare a liberare i miei genitori. Ma non conosco la strada della città, ed ho paura di perdermi.

— Senti, — disse Cipollino all'improvviso, — la notte è appena cominciata. Se tu mi prendi in groppa, possiamo essere in città prima dell'alba.

— Che cosa vorresti fare? — domandò l'Orso, con un leggero tremito nella voce.

— Andiamo a trovare i tuoi genitori. Mi sembrerà di andare a trovare il mio babbo.

L'Orso non se lo fece dire due volte: si chinò in modo che Cipollino potesse salirgli in groppa, e spiccò la corsa.

Cipollino gli indicava la strada:

— A destra! — diceva, oppure: — a sinistra! — Oppure: — Passiamo dietro quella casa. Attento ora, siamo alle porte della città. Il giardino zoologico è da quella parte. Cerchiamo di far piano.

Capitolo XVIII

Un Elefante che sragiona e una Foca chiacchierona

Il giardino zoologico era immerso nel silenzio.

Il guardiano dormiva nella stalla dell'Elefante, con la testa sulla sua proboscide. Aveva il sonno profondo e non si svegliò quando Cipollino e l'Orso bussarono discretamente alla porta della stalla.

L'Elefante scostò con delicatezza la testa del guardiano e la posò su una balla di paglia, poi senza muoversi allungò la proboscide e aprì la porta, borbottando:

— Avanti.

I nostri due amici entrarono con circospezione.

— Buona sera, signor Elefante, — disse Cipollino. — Scusi tanto se siamo venuti a disturbarla a quest'ora.

— Niente, niente, — rispose l'Elefante, — non mi ero ancora addormentato. Stavo cercando di indovinare che cosa potesse sognare il mio guardiano. Cerco sempre di indovinare i suoi sogni, mentre dorme. Dai sogni si può capire se un uomo è buono o cattivo.

L'Elefante era un vecchio filosofo indiano, e aveva sempre dei pensieri strampalati.

— Siamo ricorsi al suo aiuto, — disse Cipollino, — perché conosciamo la sua saggezza. Ci saprebbe indicare la maniera di far fuggire dallo zoo il babbo e la mamma di questo Orso mio amico?

— Sì, — borbottò l'Elefante tra le zanne, — forse saprei indicarvi questa maniera, ma poi a che prò? Nel bosco non si sta meglio che nella gabbia, e nella gabbia non si sta peggio che nel bosco. Tutto sommato, dunque, mi sembra che ognuno dovrebbe rimanere al suo posto.

— Se proprio ci tenete, però, — aggiunse subito, — vi dirò che la chiave della gabbia degli orsi è nella tasca del mio guardiano. Vedrò di prenderla senza svegliarlo. Ha il sonno duro, non sentirà.

Cipollino e l'Orso dubitavano assai che fosse possibile compiere un'operazione così difficile servendosi di una proboscide, ma l'Elefante manovrò con tanta delicatezza che il guardiano non si accorse di nulla.

— Ecco la chiave, — disse, estraendo la proboscide dalla tasca del guardiano. — Vedete di riportarmela, dopo.

— Stia tranquillo, — disse Cipollino, — e accetti intanto i nostri ringraziamenti. Lei proprio non vuole seguirci nella fuga?

— Se avessi mai avuto l'intenzione di fuggire non avrei certo aspettato che arrivaste voi due ad aiutarmi. Buona fortuna.

E riprendendo la testa del guardiano sulla proboscide, cominciò a cullarlo con dolcezza per farlo dormire più profondamente mentre i nostri due amici tentavano il colpo.

Cipollino e l'Orso sgusciarono fuori della stalla e si diressero verso la gabbia degli orsi. Non avevano fatto che pochi passi quando una voce li chiamò:

— Ehi! Ehi!

— Sst! — fece Cipollino spaventato. — Chi chiama?

— Sst! Sst! — rispose la voce in tono canzonatorio. — Chi chiama?

— Smettila di far fracasso, sveglierai il guardiano.

E la voce:

— Smettila di fare il guardiano, sveglierai il fracasso. O che stupido, — aggiunse poi, — mi sono confuso.

— E' il Pappagallo, — bisbigliò Cipollino all'Orso, — ripete tutto quello che sente. Ma siccome non capisce nulla di quello che sente e di quello che dice, così spesso gli capita di parlare a rovescio.

L'Orso volle essere gentile con il Pappagallo e gli domandò:

— Si va bene di qui per andare alla gabbia degli orsi?

Il Pappagallo ripete:

— Si va bene con gli orsi per andare in gabbia? Si va bene in gabbia per mettere gli orsi nella sabbia?

Visto che da lui non c'era da cavar nulla, i nostri due amici procedettero con cautela. Una scimmia li chiamò con un leggero fischio.

— Sentite, signori, sentite!

— Non abbiamo tempo, — rispose l'Orso, — siamo molto occupati.

— Datemi retta solo un minuto: sono due giorni che cerco di sgusciare questa nocciolina e non ci riesco. Datemi una mano.

— Quando torniamo indietro, — disse Cipollino.

— Eh, dite per dire, — fece la scimmia crollando il capo. — Anch'io del resto dicevo per dire. Non me ne importa nulla di questa nocciolina e di tutte le noccioline della terra. Vorrei essere ancora nella mia foresta a saltare qua e là tra i rami, tirando noci di cocco sulle teste degli esploratori. A che cosa servono le noci di cocco se non ci sono scimmie per tirarvele in testa? No, io mi domando a che cosa servono gli esploratori se nessuno li può prendere per bersaglio. Non ricordo quant'è che ho tirato l'ultima noce. L'esploratore aveva una testa rasata e tutta rossa che era un piacere prenderla di mira. Ricordo anche che…

Ma Cipollino e l'Orso erano già lontani e non la sentivano più.

— Le scimmie, — spiegava Cipollino all'Orso, — sono animali stupidi, che si perdono in chiacchiere. Cominciano a parlare di una cosa e non puoi mai sapere come finirà il loro discorso. Tutto sommato, però, quella poveretta mi fa una certa compassione. Perche non dorme? Forse perché non riesce a sgusciare la nocciolina? No, no, non dorme perché sogna la sua foresta lontana.

Nemmeno il Leone dormiva: li guardò passare con la coda dell'occhio e non si voltò nemmeno per vedere dove fossero diretti. Era un animale nobile e saggio, e non lo interessava l'andirivieni della gente.

Così Cipollino e il suo compagno giunsero senza ostacoli davanti alla gabbia degli orsi.

I due poveri vecchi riconobbero subito il loro figliolo e gli tesero le braccia attraverso le sbarre.

Cipollino lasciò che si abbracciassero e si salutassero, provvedendo intanto ad aprire la gabbia. Poi disse:

— Volete smetterla con i piagnistei? La porta è aperta, ma se non ne approfittate, si sveglierà il guardiano, e addio libertà.

Quando i due prigionieri furono usciti dalla gabbia, ricominciarono gli abbracci e i saluti, perché adesso non c'erano più le sbarre a dividerli dal loro figliolo.

Anche Cipollino era abbastanza commosso.

— Povero babbo, — pensava, — anch'io non finirò mai di abbracciarvi, il giorno che riuscirò a togliervi di prigione.

— Adesso però bisogna andare, — disse ad alta voce.

I due vecchi vollero passare prima a salutare una famiglia di orsi bianchi che viveva in un laghetto. Intanto nei giardini si era creata una certa animazione, e la notizia della partenza degli orsi era subito arrivata in ogni angolo. Cosa volete, gli orsi erano in generale abbastanza benvoluti, ma avevano anche loro dei nemici. Una Foca che non li poteva vedere (c'era tra loro un antico odio di famiglia) cominciò ad abbaiare tanto forte che il guardiano, nonostante avesse il sonno duro, si svegliò.