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— Mamma mia, — pensò spaventato, — a momenti il mio viaggio finisce prima di incominciare.

Per fortuna trovò un tombino e si calò nella fogna. Non aveva ancora messo dentro tutta la testa che si sentì chiamare.

Era un vecchio conoscente, un po' parente di suo padre, che anche lui, una volta, viveva nella cucina del Castello. Si chiamava Sette e mezzo, perché aveva sette zampe e mezza: l'altra metà l'aveva perduta per un colpo di scopa male assestato.

Ragno Zoppo lo salutò con molto rispetto e Sette e mezzo gli si mise al fianco, cominciando a parlare dei bei tempi.

Ogni tanto si fermava, per spiegare come erano andate le cose quella volta della scopa, ma Ragno Zoppo tirava via, senza cedere alla tentazione di una bella chiacchierata.

— Ma dove vai con tanta fretta? — chiese infine Sette e mezzo.

— Vado a trovare mio cugino, — rispose evasivamente Ragno Zoppo, che non voleva stargli a raccontare tutta la storia di Cipollino, del Visconte e della Talpa.

— Quello che sta al Castello del Ciliegio? Mi ha giusto invitato a passare una settimana nel suo solaio. Quasi quasi vengo anch'io: in questo momento non ho affari urgenti.

Ragno Zoppo non sapeva se essere contento o no della compagnia. Ma poi pensò che in due il tempo passa prima e ci si aiuta se capita qualche inconveniente.

— Ben volentieri, — rispose, — se sei disposto a camminare un poco più in fretta, perché ho una commissione da fare e non vorrei arrivare in ritardo.

— Fai sempre il postino in prigione? — domandò Sette e mezzo.

— Oh, adesso sono in licenza, — rispose Ragno Zoppo. Sette e mezzo era un amico, ma certe cose non le devono sapere nemmeno gli amici.

Così chiacchierando, giunsero finalmente fuori di città e poterono uscire dalla fogna. Ragno Zoppo tirò un respiro di sollievo, perché là sotto c'era un cattivo odore che gli dava il voltastomaco. In breve furono tra il verde dei campi. Era una bella giornata, e il vento agitava dolcemente l'erba profumata. Sette e mezzo spalancava la bocca come se volesse respirare tutto il vento in una volta.

— Che delizia, — esclamava, — da tre anni non mettevo il naso fuori della mia fogna, ma adesso credo che non ci tornerò mai più e mi stabilirò in campagna.

— La campagna è già molto popolata, — osservò Ragno Zoppo, indicando al suo compagno una lunga fila di formiche, affaccendatissime a trascinare un bruco nel formicaio.

— A lor signori non piace la compagnia della gente, — malignò un grillo, affacciato sulla soglia del suo buco.

Sette e mezzo volle a tutti i costi fermarsi a spiegare al grillo la sua opinione sulla campagna. Il grillo rispose, Sette e mezzo ribattè, il grillo esclamò, Sette e mezzo gridò, non la finivano più di chiacchierare, e il tempo passava.

Molta gente si era intanto radunata ad ascoltare: grilli, coccinelle, e, a debita distanza, perfino qualche moscerino temerario. Un passero che fungeva da vigile urbano notò l'assembramento e si abbassò per disperderlo, adocchiando subito Sette e mezzo.

— Ecco un buon boccone per i miei piccoli, — borbottò tra sé. Fu il moscerino a dare l'allarme:

— Attenzione, la polizia!

In un attimo non si vide più nessuno, sembrava che la terra li avesse inghiottiti. Ragno Zoppo e Sette e mezzo si rifugiarono nella tana del Grillo, che chiuse precipitosamente la porta e rimase di guardia.

Sette e mezzo tremava come una foglia, e Ragno Zoppo cominciava a pentirsi di aver preso con sé un compagno così chiacchierone, che gli faceva perdere del tempo e attirava su di loro l'attenzione della polizia.

— Eccomi segnalato, — pensava tra sé il vecchio postino, — il passero ha certamente preso nota della mia presenza nel suo registro. E quando si è segnati là sopra è facile finir male.

Si rivolse a Sette e mezzo e gli disse:

— Compare, come vedi, il viaggio è pericoloso. Che ne diresti se a questo punto ci dividessimo?

— Mi meraviglio molto di te, — esclamò Sette e mezzo, — prima mi convinci a seguirti per mare e per terra, poi mi vuoi lasciare nelle peste. Bell'amico, in fede mia.

— Sei stato tu a volermi seguire. Ma il punto non è questo. Io ho una commissione da fare al Castello e non intendo passare la giornata in questo buco, pur ringraziando il Grillo per la sua ospitalità.

— Ed io verrò con te, — dichiarò Sette e mezzo, — ho promesso a tuo cugino di andarlo a trovare e voglio tener fede alle mie promesse.

— Allora andiamo, — concluse Ragno Zoppo.

— Aspettate un minuto, guardo se c'è la polizia, — fece il Grillo. Aprì cautamente la porta: il passero era ancora lì sopra. Volava basso scrutando diligentemente l'erba filo per filo.

Sette e mezzo tirò un lungo sospiro preoccupato e dichiarò che in quelle condizioni non avrebbe mosso un passo, e avrebbe impedito anche a Ragno Zoppo di muoversi.

— Non ti permetterò di arrischiare la vita, — disse, — ho conosciuto tuo padre e mi sento responsabile verso di lui della tua salvezza.

Non rimaneva che aspettare. E siccome il passero non diminuì per un istante la sorveglianza, tutta la giornata se ne andò in quella vana attesa. Solo al tramonto la polizia si ritirò nella sua caserma, ossia su un cipresso accanto al cimitero, e i nostri due viaggiatori poterono rimettersi la strada fra le zampe.

Ragno Zoppo era molto contrariato per aver perso tutto quel tempo.

Durante la notte poterono compiere un bel po' di strada, ma ad un certo punto Sette e mezzo dichiarò che era stanco e desiderava riposare.

— Non possiamo, — protestò Ragno Zoppo, — non possiamo assolutamente. Io non mi fermerò.

— Vorresti dunque lasciarmi a mezza strada, e per di più di notte? Così tratti i vecchi amici di tuo padre? Ah, come vorrei che quel povero vecchio fosse qui per poterti rimproverare come meriti.

Tanto disse e tanto fece che Ragno Zoppo dovette rassegnarsi. Si cercarono un posticino sotto la grondaia di una chiesa e si accomodarono per dormire.

Ragno Zoppo, è inutile dirlo, non potè chiudere occhio e passò il tempo a guardare con rabbia il suo vecchio compagno di viaggio che russava beatamente.

— Se non fosse per lui a quest'ora sarei già arrivato e forse sarei già sulla strada del ritorno.

Appena il cielo cominciò a schiarirsi ad oriente lo destò senza tanti complimenti.

— In cammino, — ordinò.

Ma dovette ancora aspettare che Sette e mezzo si facesse una accurata pulizia. Il vecchio chiacchierone si lavò coscienziosamente le sue sette zampe e mezza, e solo dopo questa operazione dichiarò che era pronto a proseguire.

La mattina passò senza ulteriori incidenti. Verso mezzogiorno, per nascondersi alla vista di un altro passero che si avvicinava minacciosamente, si infilarono in una specie di galleria. Quando ne uscirono, dopo essersi assicurati che il pericolo era passato, si trovarono in una larga radura senz'erba, pesticciata in tutti i sensi da impronte irriconoscibili.

— Strano posto, — osservò Sette e mezzo, — si direbbe che un intero esercito sia passato da queste parti.

Da un lato del piazzale si ergeva una costruzione bassa, dalla quale uscivano voci sospette.

— Io non sono curioso, — dichiarò ancora Sette e mezzo, — ma darei un pezzettino della mia ottava zampa per sapere dove ci troviamo, e che gente abita là dentro.

Ragno Zoppo tirava via di buon passo, senza guardarsi attorno. Era stanco morto, perché non aveva chiuso occhio durante la notte, e gli doleva il capo a causa di un principio di insolazione. Aveva lo strano presentimento che non sarebbe mai arrivato alla meta. Gli pareva che il Castello, invece di avvicinarsi, si allontanasse sempre più. Chissà poi se avevano conservato la direzione giusta: ormai avrebbero dovuto essere in vista almeno della torre più alta. E' vero che erano tutti e due vecchi e senza occhiali, perché non si è mai visto un ragno con gli occhiali e può anche darsi che fossero passati accanto al Castello senza accorgersene…