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Erano le due di mattina e oramai la testa mi vibrava come una campana. E proprio quando mi rassegnai a salutare i miei poveri timpani, mi si avvicinò Linda a braccetto del suo ragazzo: un essere basso, tozzo, con un ciuffo di capelli lunghi davanti, il resto della testa rasata, la faccia quadrata, lo sguardo assente e la bocca perennemente aperta. Le dissi:

<<Ti sei decisa? Andiamo a casa?>>

<<No, stasera vado a dormire a casa di Ennio, hai capito? E se mia so­rella fa storie mandala a cagare anzi, già che ci sei vacci pure tu, mi sono rotta il cazzo di voi, e se hai problemi, ne puoi parlare con Ennio.>>

<<No, Linda!>>, le dissi. <<Tu vieni a casa! Ho promesso a Sara di riportarti ad una certa ora. Sono anche sceso a patti con te facendoti restare di più, ma ora la festa è finita!>>

<<Dì un po’ tipo...>>, prese parola Ennio <<hai “probblemi”? Lei fa il cazzo che le pare hai capito? E se non ti togli dalle balle ti piglio a cartoni in faccia, hai capito?>>

Non ci vidi più! I miei occhi divennero di un rosso fuoco! Il mio sangue bollì a 3000 gradi! Ettolitri di adrenalina mi si riversarono a fiotti nelle arterie. Il digri­gnare dei miei denti si sentiva nitido nonostante la musica! Gli mollai un secco ceffone di manrovescio in piena faccia! Sputò quattro denti che andarono a finire in bocca ad una delle tante ra­gazze che ballavano sulla pista!

Al che lo presi dal bavero del suo puzzolen­tissimo giubbotto di pelle e gli dissi:

<<Senti coglionetto! Io le merdine come te me le mangio a colazione, hai... compreso? E se non vuoi che ti stacchi la testa e ti caghi in gola tu sta­sera fai quello che dico io! Hai... intuito?>>

Lo scaraventai in aria! Fece un volo di undici metri per tutta la discoteca andando a sbattere, in uno sfavillare di scariche elettriche, su una delle casse acustiche ubicate ai lati.

La musica cessò di colpo. Mi si dipinse attorno un alone di energia pura, e come un Mosè percorsi la pista verso di lui mentre tutti si aprivano terrorizzati, a ven­taglio, al mio passaggio.

Lo incenerii con lo sguardo e... HUATATATA!!! In pochi secondi, lo colpii 104 volte in più parti del corpo.

<<Ho colpito uno dei tuoi punti di pressione, fra tre secondi... potrai ascoltare solo musica classica!>>

Mi girai con gli occhi dei presenti che mi fissavano terrorizzati. Verso di me, stava cor­rendo il buttafuori. Lo scansai gentilmente. Volò per tutta la discoteca sfondando quattro muri e andando a finire nel finestrino del tram n° 15 che pas­sava nella via adiacente. Mi diressi verso Linda, la presi ancora impaurita per mano e la trascinai fuori da quella bolgia. Prima di congedarmi mi girai per l’ul­tima volta verso i pre­senti...

<<Beh?>>

Indietreggiarono tutti impauriti.

<<Sarà meglio!>>

E uscii definitivamente. Fuori mi attendeva una fitta pioggia invernale.

<<Ma chi sei tu?>>, disse Linda affascinata. <<Una specie di supereroe?>>

<<Finalmente mi rivolgi la parola senza riempirmi di parolacce. Sali in mac­china...>>

<<Sei stato fico! Troppo fico!>>

<<Grazie!>>

<<Ma dove stiamo andando?>>

<<A casa, no?>>

<<No, ti prego, voglio conoscerti, parlarti!>>

<<Devo portarti a casa; ho promesso.>>

<<Dai, non sono neanche le tre... ti porto io in un posto tranquillo; di­ventiamo amici.>>

<<E va bene... ma due chiacchiere poi a casa.>>

Il posto tranquillo era il Parco Europa, noto ritrovo di coppiette!

<<Mamma come sei fico, te l’ha mai detto nessuno?>>

<<Beh, non è uno dei complimenti che ricevo spesso... ma, parliamo. Cosa vuoi sa­pere di me?>>

<<Ti scopi mia sorella?>>

<<Ma che razza di termini, io... io non mi scopo nessuno...>>

<<Volevo sapere come ci vai con una donna.>>

<<Di solito mi piace passeggiare...>>

<<Non hai capito, come la fai godere?>>

<<La vuoi finire di parlare come Laura Palmer? Io non scopo e non godo con nessuno!>>

<<Sei vergine?!>>

<<Io non... non voglio di... dire questo, voglio dire che... che con una ra­gazza si fa l’amore, non si sco... scopa...>>

<<Ma che ti succede? Stai tremando! Orazio... guarda cos’ho qui con me.>>

<<Co... cos’è?>>

<<Un goldone!>>

<<Un che?!>>

<<Un preservativo, un cappuccetto, un coprica... come li chiami tu? Guarda che è normale, oramai li ven­dono da tutte le parti... ne ho tanti nella borsetta. Allora: vuoi scopare con me?>>

<<Ma la vuoi finire di parlare in questo modo? Ma cosa credi? Che l’amore è una cosa che si compra dal tabaccaio? Uno ci soffre per amore; ci muore! Non lo trova den­tro una macchina con una ragazzina vogliosa che neanche cono­sce! Ma vattene via!>>

Le rifilai un calcione scaraventandola fuori dalla macchina. Finì col sedere su una pozzan­ghera. Andai via sgommando schizzandole in faccia almeno 20 litri di fango putrido.

Ero sconvolto! Una ragazzina con l’esperienza sessuale di una settantenne! E poi non c’è niente di più volgare di una ragazza che porta con sé dei profilattici. E come se io tenessi delle spirali nel portafoglio! Ma dov’è andata a finire quella genera­zione che sfogava i propri im­pulsi in fantasie variopinte? Mi serrai in casa e piansi la morte dell’ingenuità!

Il giorno dopo ebbi subito l’impulso di recarmi a casa di Sara per assicurarmi che non fosse successo nulla. Suonai al citofono.

<<Chi è?>>

<<Ehm, sono Orazio...>>

<<Sali!>>

Suonai il campanello.

<<Chi è?>>

<<Ehhh... sono sempre Orazio.>>

Aprì la porta Sara.

<<Ciao Sa...>>

Un secco cazzotto mi colpì in pieno volto.

<<Porco, maiale! Se ti rivedo ancora gironzolare at­torno a mia sorella giuro che t’ammazzo!>>

<<Ma Sara io non...>>

<<Non dire una parola! Non dire una parola! Cosa hai fatto a Linda?>>

<<Ma io non... non le ho fatto niente!>>

<<Niente? è tornata a casa sconvolta! Dicendo che hai abusato di lei! Ma come hai potuto? E io che t’avevo dato fiducia... io che comin­ciavo a provare qual­cosa per te...>>

<<Sara, io non l’ho toccata con un dito, era lei che...>>

<<Non dire menzogne, assassino! Sei un lurido assassino... a lei che è così innocente...>>

<<Così cosa?!>>

<<Ma perché m’hai fatto questo anche tu? Perché?>>

<<Ma Sara io...>>

<<Vattene! Vattene e non farti vedere più, assassino! O giuro che t’ammazzo!>>

<<Sara...>>

<<Vattene!!!>>

Ed eseguii prontamente il suo comando. Non mi feci più vivo. E da tempo or­mai, non vedo né lei, né tantomeno sua sorella!”.

<<Una storia alquanto triste caro il mio Scattini...>>

<<Per favore, la prego dottore, mi chiami solo Orazio...>>

<<Come vuole. Comunque, aldilà di tutto, simili storie possono far scat­tare molte fobie, mi creda Orazio, ma non riesco a trovare un nesso col suo sogno ricorrente...>>