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<<No, lasci stare. C’è già tro... troppa confusione qua dentro...>>

<<Siedi innanzi a me!>>

<<Guardi che io...>>

<<Siedi!>>

<<Va bene... ma non mi faccia male...>>

Gli occhi del frate s’aprirono e né fuoriuscì un fascio di luce bianchissima che si stampò dritto sulla mia fronte.

<<Concentrati! Le nostre menti ora si fondono... sono tutt’una! Sono nei tuoi pensieri, provo ciò che tu provi... mio Dio! Ma qui è pieno di seni, volti femminili, cosce, fianchi... ma sono in con­tatto con una psiche? O con una rivista di Playboy? E dov’è la fede Orazio dov’è? C’è una caos pazzesco qua dentro...>>

<<Gliel’avevo detto padre...>>

<<Silenzio! Ma santa Madonna: non ci capisco niente!>>

<<Guardi meglio. In fondo, sono solo un gigantesco indeciso!>>

Padre Gustavo, restò 45 minuti a sfogliarmi il cervello poi, con una secca risata finale stac­cò “i fari” dalla mia testa e riprese l’aspetto di prima.

<<Sei il ragazzo più divertente che abbia mai conosciuto.>>

<<Me lo diceva anche il mio psicanalista (...riposi in pace).>>

<<Nel tuo cranio è tutto incredibilmente interessante!>>

<<Soprattutto il pezzo di Playboy, vero?>>

<<Orazio! Bando alle ciance. Ho visto di tutto, ma non ho visto la fede! Tu non credi Orazio, non credi in Dio!>>

<<Ma va?>>

<<Un giorno molto vicino ti pentirai della tua scelta di ateismo. La fede Ora­zio, la fede! C’è bisogno anche di quella nel tuo mondo, devi trovare per lei uno spi­raglio dal quale essa possa difenderti. Molte sventure hanno se­gnato il tuo cammino e altre ancora ti faranno inciampare... la fede è il ba­stone! Il bastone contro tutti gli sgambetti!>>

<<Se lo dice lei...>>

<<Ma ora basta. Esci pure. Fuori ci sono io ad aspettarti!>>

<<Scusi ma... non ho capito, dov’è lei?>>

<<Ho detto che sono fuori ad aspettarti!>>

<<Come fa ad essere fuori se è qui dentro?>>

<<Non discutere: vai!>>

<<Va... va bene! Salve e buona meditazione... (mah!)>>

Uscii dalla cella.

<<Ciao Orazio!>>

Davanti avevo... Padre Gustavo.

<<Questa non l’ho capita. Siete gemelli?>>

<<No, sono solo un’emanazione della mia mente! In questo momento sono in cella a meditare, nell’orto a tagliare l’insalata, qui dinanzi a te, in vacanza a Parigi e nel bagno al piano di sopra!>>

<<Veramente? Se passa da disneyland mi porta un Pippo di peluche?>>

Padre Gustavo m’accompagnò nel magazzino ove si trovavano tutti gli arnesi di mio zio. Nonostante fosse molto presto, preparammo il mate­riale in cortile (così, al termine della preghiera tutti avrebbero trovato il lavoro a portata di mano). E vi­sto che gli unici svegli nell’eremo eravamo io e frate Emanuele, Padre Gustavo, decise di moltiplicarsi per diciannove rendendo il lavoro più scorrevole. Anche se questo pro­vocò una rissa fra cinque Gustavi che litigarono su chi avrebbe dovuto guidare il montacarichi!

<<Bel lavoro!>>, disse Emanuele. <<Così, dopo la preghiera, i fratelli potranno met­tersi subito all’opera!>>

<<Orazio,>> disse Padre Gustavo. <<io torno alla meditazione. Buon lavoro!>>

Una nube l’avvolse e svanì!

<<Un tipo curioso>> osservai.

<<Te lo dicevo che era un santo!>> replicò Emanuele.

<<Non ne avevo mai dubitato...>>

<<Vieni: è quasi l’ora della preghiera!>>

<<No, no vai tu. Io preferisco fermarmi qua fuori a guardare la roba...>>

<<Ma guarda che non te la ruba nessuno...>>

<<Davvero... no! Vai pure; io... io resto qui.>>

<<Tu... tu sei uno di quelli che non crede?>>

<<Perché? Non ne avevi mai visto uno?>>

<<Beh, io sono nato praticamente qui. Ero un neonato quando m’abbandonarono dinanzi alla porta dell’Eremo. Fu proprio Padre Gustavo a raccogliermi.>>

<<(...quale dei trenta?)>>

<<Sai: lui mi racconta spesso di quella notte. Mi racconta di quel pianto, quell’eco che sentiva correre lontano nella notte gelida. Da allora vivo qui. Sono frate e sono felice! Non sono mai uscito dall’Eremo. Quindi: nella mia vita ho visto solo fedeli.>>

<<Vuoi farmi credere che non hai mai visitato una città?>>

<<I miei compagni ci vanno spesso... nelle scuole, o solo così per fare un giro... ma io preferisco restarmene qui. Questo è il mio mondo. Io l’accudisco, guardo sempre che tutto sia a posto... mi sembrerebbe di tradirlo se l’abban­donassi. Mi capisci?>>

<<Mah! Non ti capisco... ma ti rispetto!>>

<<Qua vivo proprio bene e mi trovo in perfetta armonia con tutti. Sai: qui mi chiamano “specchio”, perché riesco ad imitare la voce di tutti, poi ti farò sentire. Ma ora vado... pregherò anche per te!>>

<<(...ne hai da pregare allora...)>>

Mentre vedevo il tenero Emanuele allontanarsi, la mattina aveva già destato tutti. Con passi composti, si accingevano a recarsi alla messa. Dal centro del cortile scorsi anche Grazia e Donna Valeria.

<<Grazia!>> chiamai. <<Ehi! Ciao!>>

Si girò, ma subito voltò la testa senza salutarmi. Donna Valeria invece m’attaccò con uno sguardo così tagliente che mi perforò da parte a parte. Ero già pronto a recitare la parte del bravo cristiano per stare di nuovo accanto a Grazia ma, ora, ero già solo, in mezzo al cortile e una tristezza inspiegabile m’assalì. Mi sentivo falso, falso e ipocrita. Per il semplice desi­derio di giacere con una bella fanciulla ero pronto a convertirmi ad ogni religione. Forse, l’incon­tro con Padre Gustavo (che senza enfatizzare è un uomo che ne vale cento), m’a­veva fatto apri­re gli occhi. Durante quella fusione mentale francescana, m’aveva chiesto una fede vera, reale, che io purtroppo non riuscivo a concepire. Mi sentivo finto, ingannatore e menzognero. Ma che avevo da stupirmi... così, ero sempre stato. Rimasi due ore, seduto su un cassone di legno, a fissare un sasso, perso... in chissà quali pensieri.VII.        Dov’è? Dov’è il maiale?

Impresa di pulizia, ufficio di Pier Vincenzo Scattini. Sabato mattina, ore 8 e 50.

TOC-TOC

<<Chi è?>>

<<Mi perdoni signor Scattini...>>, chiese rispettosamente la segretaria.

<<Io non perdono nessuno! Neanche mia madre! Cosa vuole? Le ho detto che non voglio essere disturbato!>>

<<Mi scusi, ma c’è un tizio qua fuori che vorrebbe parlare con suo nipote. Gli ho detto che Orazio non è qui; e insiste allora per parlare con lei.>>

<<Chi è costui? Mm, sarà qualche debosciato suo amico... non sa che qui c’è gente che lavora giorno e notte? Lo faccia passare che l’aggiusto io...>>

<<Va bene! Scusi lei? Il signor Scattini ha detto che può riceverla. Passi... passi pure.>>

Mio zio, pronto a caricarlo d’insulti, già iniziava a fare pratica di parolacce.

Il tizio entrò; e per passare dalla porta senza sbattere la testa sull’architrave dovette abbassarsi. Era gigantesco! Vestito con un impermeabile marrone col bavero alzato e un cappello che gli nascondeva parte del volto.

Mio zio iniziò allora con l’essere alquanto cordiale...