Ugo la fissava attento. Lei se ne stava seduta su una cassa da frutta, completamente bagnata e sporca di fanghiglia sino ai capelli. Era assorta, la testa piegata di lato e sembrava che non le importasse nulla di quello che stava succedendo.
<<è bellissima!>>, osservò Ugo.
<<Sì, è vero! è proprio sprecata per Orazio.>>
Ugo la guardava ipnotizzato. Era diverso. Il suo volto era completamente coperto da bende e, un ciuffo di capelli, gli usciva dalle pieghe di queste, in alto. Pareva ancora più monumentale e orrido.
<<Se ella resta in vita, sarà per noi una minaccia perenne>>, sentenziò Ugo, freddo.
<<Ma cosa farfugli? Cosa vuoi che facciamo? Non vedi che è poco più di un vegetale? E poi la madre e il frate sono dalla nostra parte, non rischiamo nulla...>>
<<Sì, ma noi non abbiamo vinto niente se lei continua a respirare. Orazio sì, andrà in galera, ma con l’animo innocente, con la coscienza pulita... e non è quello che voglio! Lui deve pentirsi di essere nato, deve pentirsi di respirare, deve pentirsi di amare qualcuno, non deve più permettersi di provare nessun sentimento, perché io voglio essere lì a strapparglieli tutti! L’amore che lui prova per le persone deve generare morte, altrimenti queste non sono vendette, sono buffonate!>>
<<Ma che dici? Vuoi veramente ammazzare qualcuno? Ma sei pazzo!>>
<<Sì, sono pazzo, e allora?>>, Ugo l’afferrò dal collo e lo sollevò per aria. <<Non è forse tutto il mondo governato da pazzi? E quando uno si sente re, il vero pazzo è colui che vuol togliergli il trono!>>
<<Ma cosa vaneggi, lasciami!>>, urlava strozzato. <<è questo il tuo ringraziamento? Io t’ho ridato un’identità, una nuova vita... una nuova forza! Ora più nessuno potrà riconoscerti! E tu mi compensi così?>>
<<Farò di meglio: ti regalerò la pace eterna!>>
Ugo non fece altro che stringere più forte e scagliarlo contro il muro. Poi, rivolto a Grazia:
<<Come sei bella. Questo mondo ti sporca, è necessario che tu l’abbandoni. Ma sotto gli occhi del tuo amato! Solo il più grande dei dolori può rendere pura una morte innocente!>>
Colle dell’Eremo. Sala mensa, mattina, ore 6 e 28 min.
<<A breve, la polizia sarà qui!>>, diceva soddisfatto frate Luigi. <<E finalmente, si porrà fine all’errare per la terra di questo infido individuo! Tutti voi dovrete testimoniare che costui è un traviatore assassino, tutti!>>
<<Ma non sarebbe meglio sentire prima Padre Gustavo?>>, chiese frate Emanuele.
<<No! Padre Gustavo è impegnato nella meditazione. E sapete benissimo che quando si avvicina l’anniversario del nostro santo egli medita ininterrottamente per un mese senza soste!>>, un trillo di telefono tagliò la già tesa atmosfera. Io, continuavo a sedere senza dire una parola. <<Vai a rispondere frate Carmine! E voi tutti guardate questa madre! Ha il cuore infranto! Forse non rivedrà più la sua tenera figliola e tutto per colpa di quella serpe!!! Il nostro dovere di francescani è quello di...>>
<<Frate Luigi, frate Luigi!!!>>
<<Cosa c’è? Cosa urli?>>
<<Sotto... alla basilica... sta succedendo... una cosa... spaventosa!>>
<<Ma cosa diamine tartagli?>>
<<Al telefono! Era don Gino! Dice che un pazzo dal volto bendato è entrato nella basilica ed è salito, picchiando tutti, sino al rosone superiore della facciata della chiesa. Ha sfondato il vetro ed ora minaccia di uccidere la figlia di Donna Valeria, se Orazio non scende entro 5 minuti!>>
<<Mia figlia? Che succede a mia figlia?>>, domandò stupita, singhiozzando. <<Frate Luigi; non erano questi i patti a... a Grazia non doveva succedere nulla, nulla! La mia bambina! No! La mia bambina...>>
<<Ah! E così eravate d’accordo!>>, dissi in una scarica di energia ripresa. <<Finalmente si scoprono le carte! Ragazzi! Scendiamo tutti alla basilica, non c’è tempo da perdere, In quanto a lei, frate Luigi, si vergogni! Perché se succede qualcosa, avrà sulla coscienza la vita di un’innocente! Avanti, tutti giù!>>
Ci fiondammo alla basilica. Durante la corsa i miei pensieri erano rivolti alla povera Grazia. Ogni tratto del suo volto che affiorava nella mia memoria, mi faceva correre sempre più veloce, sempre più veloce tra la pioggia fitta che sembrava non finire mai. E poi, chi diavolo era quel bastardo che la voleva morta?
<<SCATTINI!!! Esci fuori! Altrimenti la taglio a fette come un’anguria!!! Avanti, tutti sotto! Venite a vedere, su!!! La morte di un’innocente! E scrivete pure che l’ho uccisa io, per colpa di un figlio di puttana!!! Dov’è? Dov’è?>>
Arrivai ai piedi della basilica e sopra di me, tra la pioggia e i tuoni si stava consumando quell’assurda tragedia.
<<Scattini, dove sei?>>
<<Sono qui!>>, urlai. <<Sono arrivato!>>
<<Bene, sistemati sotto così potrai raccogliere il sangue della tua bella!>>
<<Aspetta: no! Non farle del male! è me che vuoi! Lasciala stare!>>
<<No Orazio: ti sbagli! Non voglio te. Voglio le persone che ami. Voglio ucciderle tutte! E dopo di lei, toccherà a Sara, e poi tutte quelle segnate sulla tua agenda telefonica!>>
<<La mia agenda? Sara? Ma come fai a... UGO!!! TU SEI UGO!!!>>
<<Bravo! Mi hai riconosciuto! Ora sono proprio felice. Vuol dire che quando l’ammazzo, me la prenderò comoda. Di un po’ Orazio, quanto sono lunghe le budella di una persona? Circa 9 metri, vero? Che ne dici: se la squarto... arriveranno la sotto? Eh? Dove sei? Rispondi!>>
<<Non ti vede!>>, mi disse Emanuele. <<Orazio, non ti vede! Col buio e con la pioggia da lassù non può vederti!>>
<<Ho capito cosa vuoi fare! Pensi di riuscire ad imitare la mia voce?>>
<<Ci provo!>>
<<Dove sei? Bestia! Parla, o la apro come un giornale!!!>>
<<Sono qua, sotto di te!>>
Emanuele riproduceva la mia voce alla perfezione e io, presa una spessa corda dal furgoncino di frate Egisto, legata un’estremità al suo paraurti posteriore, già mi dirigevo all’interno dell’imponente chiesa. Prima però, mi assicurai di dire al frate che, passati cinque minuti, sarebbe dovuto salire sul furgone e partire a tutta velocità!XV. La resa dei conti
La facciata esterna della basilica, era spartita in tre sezioni. La prima conteneva al centro un portale in stile gotico, la seconda un grande rosone centrale, con ai lati i simboli dei quattro evangelisti, mentre nell’ultima vi era il rosone più piccolo; ove quel fanatico, sfondato il vetro, minacciava la vita di Grazia tenendola sospesa, per una mano, nel vuoto.
Arrivai sin lassù facendo in un lampo chilometri di scale. Aprii la porta di quello che doveva essere il soffitto della chiesa e, come da copione, Ugo continuava a farneticare contro Emanuele. Ero proprio dietro di lui. La pioggia e i fulmini, fuori, continuavano a fare la colonna sonora di quell’impossibile tragedia. In due secondi, fabbricai un cappio all’estremità della corda, (ero molto esperto di cappi, già a quattro anni mi esercitavo a farli per eventuali suicidi). Poi, mentre Ugo mi lanciava dannazioni credendomi sotto, glielo stressi al collo. Si girò di scatto.
<<Sei qui! Non giù... e questo cos’è?>>