Выбрать главу

<<No! Non voglio, no!>>

<<Sì invece! Lo volete!>>, esclamò eccitato. <<La passione vi trasuda dai vestiti! Fatelo! Fatelo voi! Fatelo ora!>>

Donna Valeria stampò le sue labbra su quelle di Orazio Strauss e l’avvio alla passione fu come una ripidissima discesa sulle montagne russe! Donna Valeria agì da esperta Maria Maddalena, ed egli, ebbro di passione, si comportò di conseguenza. Le loro carni furono masticate dalla delizia dei loro ab­bracci sempre più forti, sempre più stretti, sempre più uniti. Insieme passarono ore ed ore di godimenti e piaceri clandestini!VII.        Non era un sogno

Era buio. La mattina era appena cominciata e il cigolio della finestra fece lentamente aprire gli occhi di Donna Valeria. Si sollevò dal letto cingendosi il capo, preda di un martellante mal di testa. Una flebile luce lunare illuminava solo la sua parte di letto, ed ella era ancora ignara che ciò che le era accaduto non era un osceno, torbido incubo. Ma girato il capo, la tremenda realtà si rivelò ai suoi occhi. Un uomo languiva con lei! Con le mani alla bocca in un attimo ripassò tutta la turpe notte passata! Una lacrima di vergogna passò per il suo viso, e la verità le si spiaccicò addosso come il più orrido dei delitti! Si era carnalmente unita con un individuo che neanche cono­sceva! Senza l’unione cristiana, senza che la chiesa avesse acconsentito, senza che Dio li avesse guardati prima unirsi in Chiesa, con il sacro, divino, inviolabile, intangibile, vincolo del Santo Matrimonio! Donna Valeria urlò al cielo, un grido strozzato, senza voce. Cadde a terra e pianse col disdoro che la contorceva! Cercava di cacciare dalla mente quelle immagini che la ossessio­navano, di quello schifo che aveva compiuto con un uomo che l’aveva traviata. Ma stava sem­pre peggio, perché sapeva che sua era la colpa! Fu lei ad acconsentire... fu lei a muovere per prima le labbra... fu lei per prima a godere delle attenzioni che le rivolgeva! E i pianti non servivano a lavare l’onta che la mangiava... Valeria... ora... non era più pura! Con le lacrime che le rigavano il viso e con una mano al ventre dolorante, alzò un braccio al cielo come a cercare un aiuto divino, come se chiedesse: “Dio, fammi tornare indietro... io ti supplico!”. Ma le sue preghiere, sapeva, non avrebbero trovato ascolto.

Passarono minuti che sembrarono secoli. In terra, Valeria, ora lentamente si alzava. Era incer­ta, tremante, lo sguardo era vacuo, assente, ma era sempre lì, nella sua alcova, e dietro di lei c’era l’uomo che l’aveva ingannata, circuita, illusa. Era lì, lui, nel letto, che dormiva beato, goduto di ciò che aveva compiuto, dell’avventura che era riuscito a portare a termine; un’avventura che si sarebbe sicuramente chiusa lì, in quella squallida camera d’albergo, ove chissà quante altre meretrici e donne di malaffare si erano congiunte con ladri, truffatori ed assassini! Era lì, dentro quelle stesse lenzuola, quei veli di cotone che solo all’apparenza erano bianchi, ma che in realtà raccoglievano una verità nera come la fuliggine d’un camino. Era lì, con il sorriso che lo illuminava, perso nei ricordi della notte passata. Era lì, insieme al suo vestito gettato in terra, al suo violino e all’archetto... l’archetto che ora, Donna Valeria, prendeva, sollevava al cielo e sferrandolo compiva la sua atroce ed efferata vendetta, spaccando il cuore del povero, passionale violinista! Un fiotto di sangue schizzò dallo squarcio del torace finendo sul volto di Valeria e su parte della sua pelle nuda. E il già defunto violinista, dopo un urlo soffocato e uno sguardo di pietà verso la sua assassina ora giaceva morto, nel letto, con l’amplificatore del suo strumento che si ergeva dal petto come un bastone conficcato nella sabbia. Era morto! Una pozza di sangue si allargava a macchia d’olio inzuppando di rosso le lenzuola, sempre più rosse... sempre più rosse. Ora Valeria doveva scappare, non poteva farsi trovare nel luogo ove aveva aperto il cuore di una persona, e doveva anche togliere tutte le tracce, tutti i possibili testimoni... e la sua arma finale fu un piccolo e innocente fiammifero. E mentre ella fuggiva nella notte, alle sue spalle, un edificio era inghiottito dalle fiamme.

E questo... è solo l’inizio della storia!VIII.   Avanti il prossimo

<<Il Signor Scattini?>>

<<Ehm... Orazio prego, sono qui!>>

<<Si accomodi.>>

<<Grazie.>>

Mi trovavo nello studio della dottoressa Gilda Fragola: dentista cinquantatreenne!

<<Salve dottoressa...>>

<<Ecco un altro giovane mangia liquirizia! Siediti...>>

Una volta accomodato sulla poltrona cominciò ad esaminarmi la corona dentale.

<<Che schifezza... che marciume... che olezzo! Un alito schifoso, denti marci! Allora giovanotto, quanto zucchero filato ti mangi al giorno?>>, domandò rabbiosa.

<<Ma no, che dice? Sono solo venuto per una pulizia...>>

<<Pulizia?! Per togliere tutto questo tartaro ci vorrebbe un martello pneumatico!>>, diceva nervosa mentre m’agitava un dente con una tenaglietta. <<Cosa facevi quando i tuoi denti chiedevano pietà dopo una notte in gelateria, eh? Ti stravaccavi sul letto a sognare caramelle giganti e bignè, vero? Ecco dove sono finiti tutti i tuoi cannoli alla crema e babà: si sono tramutati in nera carie che ora sta erodendo i tuoi molari!!!>>

<<Dottoressa... mi fa male...>>

<<Silenzio! Adolescente! Ci godi vero, a ruminare gomma americana mentre le tue gengive sanguinano per tutti gli zuccheri che ci mettono dentro, EH?>>

<<Senta: lei faccia solo una leggera pulizia, poi io la pago e non ci vediamo più, va bene?>>

<<Impossibile! Io non faccio lavori a metà: Igor! Legalo al letto!>>

Piombò dallo stanzino adiacente quello che lei chiamava Igor. Una specie di muscolosissimo ragazzino vestito da boy-scout con denti di tutti i tipi, lunghi anche 40 centimetri, che gli spuntavano dalla bocca sparando in tutte direzioni, formandogli un terrificante, gigantesco, orrido sorriso!

<<Igor è mio figlio!>>, esclamò fiera mentre quest’ultimo mi passava, muggendo in continuazione, le strin­ghe su tutto il corpo. <<Lui è il perfetto ragazzino diligente; si lava i denti trentotto volte al giorno e non mangia mai dolci! è il risultato di un mio personalissimo esperi­mento: denti umani, di cinghiale e di coccodrillo... non è un amore?>>

<<Dottoressa, la prego... mi liberi! Le prometto che non toccherò mai più una caramella...>>

<<NO! Adesso è tardi, lurido mangia ciambelle! Ora t’aggiusto io! Userò sui tuoi denti un mio personalissimo esperimento: un trapano con percussione multipla a laser! Monta un generatore che ho acquistato personalmente dall’esercito militare russo! Sai, forse non l’ho tarato bene... e magari ti buco da parte a parte! Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!>>

Ed insieme con la dottoressa cominciò a sghignazzare, saltellando goffamente attorno alla sedia, anche quell’assurda aberrazione del figlioletto.

<<AIUTO!!! AIUTO!!! AIUTOOOOO!!!>>

<<Signor Scattini? Signor Scattini?>>

<<Eh? Chi è? Aiuto!>>

Mi svegliai di soprassalto, ancora nella sala d’aspetto.

<<Signor Scattini, guardi che tocca a lei...>>

<<Ah si? Ehm... no grazie, penso che tornerò a casa...>>

<<Ma come? Ha aspettato così tanto tempo...>>

<<Appunto dico: m’è venuto sonno e ora vado a dormire! Semplice no?>>

<<Come vuole...>>

Che incubo. Ed era un periodo che sognavo in continuazione; accompagnato da un torpore pe­renne che mi portavo dietro per tutta la giornata. Facevo incubi di tutti i tipi e, tra i più ricor­renti, c’era quello ove una tribù di amazzoni con un seno solo si divertiva ad asportarmi un testi­colo...