<<Cosa significa identificatore parziale di onde cerebrali a fruizione leggera?>>, domandai curioso.
<<Il pensiero!>>, rispose Lucio che oramai fungeva da cicerone nel mio continuo domandare su tutti gli oggetti presenti. <<Questo casco è in grado di leggere e figurare le tue onde cerebrali!>>
<<Ma dai non dire balle, com’è possibile?>>
<<Devi sapere che le onde del pensiero hanno una certa consistenza elettrica, se pur leggera, quindi sono volatili. Questo apparecchio le cattura e le codifica esattamente come il cervello e poi, le trasmette a questo monitor.>>
<<Mi piacerebbe provarlo...>>
<<Sai Orazio; questa fu la mia prima innovativa invenzione. Ricordo ancora quando la presentai ai miei compagni della facoltà di intelligenza artificiale...>>
<<Cosa ti dissero? Restarono meravigliati?>>
<<Quegli ottusi non la vollero neanche provare! Si nascosero dietro la scienza e la ricerca che prima, avrebbe dovuto esaminare il mio apparecchio in determinate condizioni... credevano fosse una buffonata... un fenomeno da prestigiatore... ma erano loro i pagliacci! Erano loro che aprivano i libri e studiavano i concetti col paraocchi, senza nessun’inventiva, senza nessuna passione! Quell’anno, per non avere più sotto il naso la loro boria da scienziatelli di laboratorio, mi laureai in tre settimane!>>
<<Mi dispiace per come ti hanno trattato...>>
<<Non fa niente... sono abituato ad essere incompreso. Ed guarda ora cos’ho creato...>>, diceva afflitto <<apparecchiature che con un semplice tocco di un dito sono in grado di controllare il mondo intero! Ma io non volevo tutto questo Orazio... fu tuo zio a comandarmelo... io stavo progettando una nave interstellare prima di costruire tutto questo.>>
<<Lucio... se questo non ti piace, puoi anche smettere. Mio zio non può farti più nulla.>>
<<Ma ci sono i vigili fuori, pronti ad arrestarmi!>>
<<Questa è una storia che poi dovremo verificare. Piuttosto, senti: questo affare, funziona anche per i sogni?>>
<<Il procedimento dovrebbe essere lo stesso, perché?>>
<<Ti va di provarlo su di me?>>
<<Va bene...>>
<<Allora tu continua ad armeggiare con la tua scheda, mentre io, mi sparo una pennichella con quest’affare sulla testa!>>
<<Come vuoi.>>
Passarono diversi minuti prima che riuscissi a prendere il sonno ma, non appena passai nelle braccia di Morfeo, sul monitor apparirono nitidi tutti i miei sogni.XII. Le tragedie non finiscono
<<Donna Valeria...>>, diceva l’avvocato Mariano mentre la portava a casa in auto <<ho fatto tutto ciò che mi ha chiesto, assegni... mazzette... favori, ed ora lei è libera! E... mi consenta, ora... ora è il mio turno.>>
<<Non si preoccupi, anche lei avrà la sua ricompensa.>>
<<Ma io... Donna Valeria, non cerco danaro... piuttosto...>>, diceva mellifluo mentre le accarezzava una gamba <<...la passione!>>, continuava sudato mentre la mano saliva sempre più su. <<Valeria, io vi desidero... come non ho mai desiderato nessuna!>>
<<Se è il mio corpo che volete, quello avrete! Ma prima...>>, disse togliendogli la mano <<portatemi a casa!>>
L’avvocato sempre più untuoso, spinse sull’acceleratore per accorciare i tempi della sua ricompensa. Correva con l’auto sempre più nervoso, vicinissimo al volante, preoccupandosi in continuazione del sudore che, a pioggia gli colava dalla fronte e, durante l’apice delle sue fantasie, un filo di bava viscida gli calò dal lato delle labbra andando ad allungarsi sino ai calzoni. Ma Valeria non se ne curava, e continuava a fissare la sua riconquistata libertà fuori dal finestrino.
Una volta a destinazione, l’avvocato Mariano uscì con tanta di quella foga dalla macchina che andò a sbattere con il cranio su di un vaso in cemento armato ubicato sul lato del portone della villa di Donna Valeria. Con un bozzo che a vista d’occhio gli s’ingrossava sulla nuca, camminò barcollante sino alla portiera dell’auto per far scendere Donna Valeria. Ella, elegantissima, salì i nove gradini che la portavano all’ingresso ed aprì la porta.
<<Beh? Non entra?>>, disse ambigua strizzando l’occhio al dottore che, intanto, era rimasto ad ammirare le sue curve sensuali che ondeggiavano al ritmo dei gradini.
Quell’essere oramai era divenuto paonazzo ed umido come una cascata! Corse impacciato verso l’ingresso ma mancò clamorosamente un gradino finendo a corpo morto con la faccia su tutta la scalinata macinandosi i due incisivi superiori e provocandosi un taglio diagonale di cinque centimetri in piena fronte. Di nuovo in piedi, pregno di sangue che colava, malfermo sulle gambe, ma eccitato come un toro da monta, con passo vacillante, e con quella mistura di sudore e sangue che oramai gli aveva dipinto il volto, riuscì ad entrare dentro la casa di Valeria.
<<Dofe fei? Ti foglio adeffo! Ofa!>> e, come il più volgare degli amanti, già iniziava a tirarsi giù i calzoni per dissetare la sua libido.
<<Chiudi prima la porta amore...>>, gli mormorò sensuale Donna Valeria dalla sua camera da letto.
<<Come fuoi tu, amofe...>>
<<Ed ora vieni a prendermi!>>
<<Arrifo e ti defasto!!!>>
All’impazzata, l’eccitato dottore, corse saltellando, causa le brache calate, sino alla stanza di Valeria e non appena entrò, la trovò distesa sul letto!
<<Adeffo...>> intimava sordido con quei liquidi organici menzionati prima che gli uscivano a frotte dalla bocca e dalla fronte <<ti cafalco fino all’alba del 2030!>>, e poi, dopo quest’affermazione di dubbio gusto, si esibì in uno squallido sorriso sdentato. <<Pfepafati... Donna Falefia!>>
<<Spogliati prima... mio stallone furioso... e bevi dal mio seno tutta la lussuria che riesci a trattenere...>>
Appena il dottore fece il gesto di togliersi la cravatta Donna Valeria sfoderò da sotto le lenzuola una calibro 38 con silenziatore e non fece altro che premere il grilletto... una sola... pulita... e precisa volta. La pallottola viaggiò sicura dalla canna dell’arma sino alla fronte del dottore. Costui, forse ancora preda della passione, scatenava un ultimo agghiacciante sorriso per poi cadere in avanti andandosi a conficcare un occhio sullo stipite del letto.
<<Avresti potuto chiedere qualche miliardo... te l’avrei tirato in faccia senza pensarci nemmeno>>, diceva sprezzante a quell’ammasso laido oramai senza vita <<ma il mio ventre è stato macchiato una sola volta dalla vergogna e l’ho lavato partorendo una santa! Una santa!>>
Donna Valeria, senza neanche curarsi del cadavere che giaceva con la testa bucata e fracassata sullo spigolo del letto, cominciò a vestirsi e a fare le valigie.XIII. Il pendaglio
<<Svegliati Orazio...>>, diceva gentilmente Lucio <<svegliati! è giorno!>>
<<Eh? Che succede?>>
<<Orazio... penso che tu... abbia sognato abbastanza ora, se vuoi, poi rivedere tutto.>>
<<Che ore sono...?>>, domandai tentando di aprire a forza l’occhio sinistro.
<<Le 9 di mattina.>>
<<Cazz... dovrei essere al lavoro... ma sì, poi m’inventerò qualcosa. Allora: come sono andato?>>
<<Direi bene; hai sognato per cinque ore.>>, diceva togliendomi il casco.
<<E che sogni ho fatto?>>
<<Li ho registrati: vediamo...>>
Passarono in rassegna: il solito sogno col le Amazzoni, uno in cui ero diventato sceicco ed avevo un harem con 400mila donne e uno in cui ero l’unico uomo in un mondo popolato da sederi. E poi, tornò il sogno della ragazzina. Io e Lucio lo seguimmo con molta attenzione parola per parola.