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— D’accordo — sospirò Farr, rassegnato al peggio. Lasciò il bagaglio allo spazioporto e si presentò all’ufficio d’imbarco aspettandosi di esser sottoposto a uno snervante interrogatorio.

Ma sbagliava. Fu accompagnato al baccello del vicecomandante Szecr che, senza i soliti preamboli e cerimonie, disse: — Farr Sainh, sicuramente vi sarete accorto che durante questi giorni ci siamo interessati a voi.

Farr non poté negarlo.

— Ora vi rivelerò il motivo di questa sorveglianza. Vi abbiamo tenuto d’occhio perché eravamo preoccupati per la vostra sicurezza.

— Come?

— Temevamo che foste in pericolo.

— In pericolo? Ma è ridicolo!

— Niente affatto. La sera del trattenimento musicale abbiamo trovato una spina avvelenata sulla vostra sedia. Un’altra volta, scoprimmo che la bibita che vi avevano servito era avvelenata.

Farr rimase a bocca aperta per lo stupore. Doveva esserci qualche sbaglio, qualche terribile sbaglio… Ma come? E dove?

— Ne siete proprio certi? — domandò. — Mi sembra incredibile.

L’Iszico, in un’espressione divertita, contrasse i filamenti che dividevano i due settori dell’occhio. — Ricorderete le formalità connesse al vostro arrivo qui. Le leggi ci permettono di sorvegliare l’importazione delle armi, ma il veleno è una cosa diversa. Si può avvelenare un granello di polvere con dieci milioni di batteri virulenti e nasconderlo senza la minima difficoltà. Perciò, uno straniero che abbia intenzione di ricorrere all’assassinio, deve limitarsi allo strangolamento o all’avvelenamento. La vigilanza degli Szecr evita che vengano commesse violenze, perciò dobbiamo star attenti soprattutto al veleno. Quali ne sono i veicoli? Cibo, bevande, punture. Dopo aver classificato i mezzi per raggiungere tali fini, giungiamo a una sottodivisione che dice testualmente: “Spine avvelenate, schegge o aculei fatti per penetrare o pungere cosce, anche e glutei mediante pressione verticale con l’ausilio della forza di gravità”; di qui la nostra sorveglianza su tutti i sedili, poltrone, banchi su cui vi siete seduto.

— Capisco — mormorò attonito Farr.

— Il veleno che era stato messo nella bibita è stato scoperto grazie a un reagente che diventa scuro quando l’altra soluzione è stata manipolata; vedendo che uno dei vostri whisky e soda era diventato più scuro del normale, l’abbiamo eliminato e sostituito.

— Davvero stupefacente — disse Farr. — Ma chi può desiderare di avvelenarmi? E per quale motivo?

— Sono stato autorizzato a impartirvi solo questi avvertimenti.

— Ma… contro che cosa?

— I particolari non vi servono.

— Ma se non ho fatto niente!

Il vicecomandante Szecr fece roteare il suo occhialetto. — L’universo conta otto miliardi d’anni a dir poco, e solo negli ultimi due miliardi si è sviluppata la vita intellettiva, razionale. In tutto questo tempo, però, non c’è stata una sola ora in cui abbia trionfato la giustizia assoluta. Sarebbe quindi stupefacente se questa eventualità si verificasse esclusivamente a vostro beneficio.

— In altre parole…

— In altre parole state attento, guardatevi intorno, non seguite donnine seducenti in camere buie. — Tirò un lungo cordone e poco dopo comparve un giovane Szecr. — Accompagna Aile Farr Sainh a bordo della Andrei Simic. Aboliamo le altre formalità.

Farr lo fissò incredulo.

— Sì, Farr Sainh — dichiarò lo Szecr. — Siamo convinti che abbiate dimostrato la vostra onestà.

Farr uscì dal baccello in preda a una grande perplessità. C’era qualcosa che non andava… gli Iszici non rinunciavano mai, per nessuna ragione, a interrogare ed esaminare tutti.

Quando fu solo nella sua minuscola cabina dell’Andrei Simic, si lasciò cadere sul pannello elastico che fungeva da letto. Lo Szecr gli aveva detto di star attento, perché la sua vita era in pericolo. Era un pensiero inquietante. Sebbene Farr fosse decisamente coraggioso e pronto ad affrontare nemici tangibili, era impotente di fronte a questa larvata minaccia, e il pensiero di non poter sapere né come né quando né perché volessero ucciderlo, gli dava un senso di nausea… Naturalmente il vicecomandante Szecr poteva essersi sbagliato, o aver espresso vaghe minacce per indurre Farr ad allontanarsi da Iszm.

Farr si alzò per ispezionare a fondo la cabina, ma non trovò niente di inaspettato, né cellule fotoelettriche, né strani congegni. Radunò le sue poche cose in modo da potersi accorgere se ci fosse stato qualche cambiamento nell’ambiente, poi, aperto il pannello scorrevole, sbirciò nel corridoio di vetro opaco era completamente vuoto. A passo veloce, Farr si recò nella sala comune per consultare l’elenco dei passeggeri. Erano ventisette in tutto, lui compreso. Riconobbe alcuni nomi: i coniugi Anderview, Jonas Ralf, Wilfred Willeran e Omon Bozhd; altri, traduzioni approssimate di nomi stranieri, non gli dissero nulla.

Farr tornò nella sua cabina, vi si chiuse a chiave e si coricò.

7

Farr vide gli altri passeggeri solo quando Andrei Simic era già nello spazio e il capitano fece adunare tutti nella sala comune per leggere, secondo il solito, il regolamento di bordo. C’erano sette Iszici, nove Terrestri, i tre saggi Monagi, tre monaci Codaini che facevano un pellegrinaggio rituale in diversi mondi, cinque appartenenti a pianeti diversi, quasi tutti arrivati su Iszm con la stessa astronave. Fatta eccezione per Omon Bozhd, gli Iszici ostentavano le strisce nere e oro dei rappresentanti dei piantatori, uomini austeri di casta superiore, di cui almeno due o tre — così parve a Farr — dovevano essere Szecr. I Terrestri comprendevano un paio di studenti ciarlieri, gli Anderview, Ralf e Willeran, e Carto e Maudel Wlewska, una giovane coppia in viaggio di piacere.

Farr studiò il gruppo, cercando di immaginarsi ciascuno dei componenti nelle vesti di un assassino potenziale, e giunse alla conclusione che nessuno ne era il tipo. Credette opportuno dover eliminare automaticamente dalla lista dei sospetti i due che erano già a bordo dell’astronave prima dell’atterraggio su Iszm, e così pure i tre monaci Codaini e gli angelici Monagi. Era assurdo sospettare gli Iszici, quindi restavano più o meno i Terrestri… ma perché una di quelle persone avrebbe dovuto desiderare di fargli del male? E perché doveva temere di essere ucciso da qualcuno di loro? Si grattò la testa perplesso, irritando così la ferita ancora fresca, ricordo della sua caduta nel troncocella.

Le giornate di viaggio erano tutte uguali, monotone, interrotte solo dai pasti e dai periodi di riposo scelti, a volontà, da ciascun passeggero. Per scacciare la noia, o forse perché la noia non gli offriva altro da pensare, Farr incominciò un innocente flirt con la signora Anderview. Il marito, occupatissimo a stendere un voluminoso rapporto sui risultati ottenuti dalla sua missione a Dapa Coory, sul pianeta Mazen, si faceva vedere solo all’ora dei pasti, lasciando la signora Anderview in balia di se stessa… e di Farr. Era una donnina graziosa, con una bella bocca e un sorrisetto provocante. Farr limitò i suoi approcci a qualche occhiata e a qualche frase gentile, e rimase assai stupito quando una sera si vide capitare in cabina la signora Anderview, di cui ancora ignorava il nome di battesimo, che sorrideva con timida impudenza.

Farr si alzò stupefatto.

— Posso entrare?

— Siete già entrata.

La signora fece un grazioso cenno con la testa, e richiuse alle sue spalle il pannello scorrevole. Farr notò subito che era molto più carina di quanto non avesse osservato in precedenza, e che intorno a lei aleggiava un profumo di una dolcezza indefinibile: aloe, cardamomo, limonano.

— Mi annoio talmente! — si lamentò lei sedendoglisi accanto. — Merritt non fa che scrivere giorno e notte. Non pensa che al suo libro. E io… a me piace divertirmi.