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L’invito non avrebbe potuto essere più esplicito. Farr esaminò gli aspetti della situazione, poi si schiarì la gola, mentre la signora Anderview, che teneva gli occhi fissi su di lui, arrossiva un poco.

Qualcuno bussò alla porta e Farr balzò in piedi, sentendosi assurdamente colpevole. Fece scorrere il pannello. Fuori c’era Omon Bozhd.

— Farr Sainh, posso parlarvi un momento? Mi fareste. Un grande favore.

— Be’, adesso avrei da fare.

— Si tratta, credetemi, di una cosa molto importante.

— Scusate un momento — disse allora Farr alla signora Anderview. — Torno subito.

— Fate presto! — rispose lei, che pareva molto impaziente, e Farr la fissò stupito, aprendo la bocca per rispondere.

— Sss — lo ammonì la signora e Farr, con un’alzata di spalle, uscì nel corridoio.

— Che cosa succede? — domandò a Omon Bozhd.

— Farr Sainh, avreste piacere di salvarvi la vita?

— Ma sicuro! Che cosa…

— Lasciatemi entrare nella vostra cabina — lo pregò Omon Bozhd, facendo un passo avanti.

— C’è poco posto, e inoltre…

— Capite la manovra, vero? — fece l’Iszico.

— No, temo proprio di no.

— Dovete mettere da parte la galanteria — dichiarò Omon Bozhd. — Entriamo in cabina. C’è poco tempo.

Fece scorrere il pannello ed entrò seguito da Farr, che lo giudicava pazzo… ma non sapeva ancora perché.

La signora Anderview balzò in piedi arrossendo più che mai. — Oh! Signor Farr!

Farr spalancò le braccia in un gesto d’impotenza. La signora Anderview fece per uscire dalla cabina, ma Omon Bozhd le sbarrò il passo.

— Vi prego, signora, non andatevene, la vostra reputazione non corre rischi.

— Non ho tempo da perdere — fece lei brusca, e Farr si accorse allora che non era affatto graziosa, che aveva la faccia a chiazze e gli occhi adirati e duri.

— Vi prego — insisté Omon Bozhd — non ancora. Sedetevi, per favore.

Si udì bussare violentemente, e una voce roca e furibonda gridò: — Aprite! Aprite subito!

— Certo — rispose Omon Bozhd, e spalancò il pannello. Sulla soglia c’era Anderview, con gli occhi fuori della testa. Impugnava una pistola e gli tremavano le mani. Vedendo Omon Bozhd, parve afflosciarsi.

— Scusatemi se non vi invito a entrare — disse Farr — ma stiamo già un po’ stretti.

— Che cosa succede qui dentro? — tuonò Anderview, tornato furibondo.

La signora sgattaiolò nel corridoio. — Niente, niente — sussurrò, allontanandosi in fretta. — Non avete niente da fare, qui — disse Omon Bozhd ad Anderview con aria noncurante. — È meglio che raggiungiate vostra moglie.

L’altro si voltò allontanandosi.

Farr si sentiva tremare le ginocchia. C’erano profondità che non riusciva a sondare, abissi e vortici di motivi e scopi… Si lasciò cadere sul lettino, avvampando al pensiero della figura da sciocco che aveva fatto.

— Pretesto eccellente per eliminare qualcuno — osservò l’Iszico. — Se non altro si accorda con le abitudini terrestri.

Farr gli lanciò un’occhiata, intuendo un sottofondo ironico nelle sue parole. — Pare che mi abbiate salvato la pelle… almeno qualche pezzetto — disse ingrugnito.

Omon Bozhd agitò una mano con noncuranza. — Roba da niente.

— Non per me — ribatté Farr. — Ci tengo, alla mia pelle.

L’Iszico fece per andarsene.

— Ancora un minuto. Desidero sapere che cosa sta succedendo.

— Mi pare che i fatti si spieghino da soli.

— Può darsi che io sia un po’ tardo.

L’Iszico lo guardò pensoso. — Forse siete troppo addentro alla situazione per vederla nel suo insieme.

— Siete uno Szecr?

— Tutti gli agenti all’estero sono Szecr.

— Be’, dunque, che succede? Perché gli Anderview ce l’hanno con me?

— Vi hanno soppesato, e hanno valutato la vostra utilità contro il pericolo che rappresentate.

— Ma è pazzesco!

Omon Bozhd lo guardò fisso, e disse come un oracolo: — Ogni minuto della nostra esistenza è un miracolo. Provatevi a prendere in considerazione le innumerevoli variazioni e possibilità che ci aspettano ogni secondo che passa… pensate a esse come strade aperte sul futuro. Noi ne seguiamo una, ma dove portano le altre? Questa è l’eterna meraviglia, la magnifica incertezza del secondo che verrà, mentre il passato è come un tappeto già disteso di cui si conosce il disegno.

— Già, già…

— La nostra mente resta obnubilata di fronte alle meraviglie della vita, per la sua grandezza e importanza. — Omon Bozhd distolse lo sguardo. — Sotto tale prospettiva, l’affare in cui siete coinvolto ha un interesse puramente intrinseco, come il respirare.

— Posso respirare come e quanto voglio — rimbeccò Farr seccato — però posso morire una volta sola e mi pare che ci sia una bella differenza. Mi sembra del resto che la pensiate così anche voi, e ammetto di esservi debitore. Ma… perché?

— Il modo di ragionare degli Iszici è naturalmente diverso da quello terrestre. Nondimeno abbiamo in comune alcuni istinti, come il rispetto per la vita e l’impulso ad aiutare le persone che conosciamo.

— Capisco — disse Farr. — Il vostro modo di agire è dunque determinato unicamente da un impulso amichevole?

— Consideratelo pure a questo modo — convenne Omon Bozhd con un inchino. — E adesso vi auguro una buona notte — e uscì dalla cabina.

Farr rimase seduto sul letto, completamente disorientato. In pochi istanti, gli Anderview si erano trasformati da una coppia di missionari gentili e riservati in due crudeli assassini. Ma perché? Perché?

Farr scosse la testa perplesso. Il vicecomandante Szecr aveva parlato di una spina e di una bibita avvelenate: evidentemente i missionari erano responsabili anche di quei tentativi di omicidio. Farr balzò irosamente in piedi, si avviò alla porta, l’aprì, e guardò nel corridoio. Il nastro di vetro grigio si stendeva lucido a destra e a sinistra; un nastro uguale, sul ponte di sopra, conduceva alle cabine superiori. Farr uscì senza far rumore e arrivò in fondo al corridoio, per sbirciare nella sala, dall’arcata. I due giovani studenti, l’ingegnere e un paio di Iszici stavano giocando a poker.

Farr tornò indietro, per salire la scala che portava al ponte superiore. Tutto era immerso nel silenzio, rotto solo dai rumori dei motori di bordo, delle pompe, dei condotti dell’aria condizionata.

Farr trovò la porta su cui era scritto MERRITT E ANTHEA ANDERVIEW e si mise in ascolto, esitante. Non si udivano né voci né rumori. Posò la mano sulla maniglia, poi si fermò. Ricordava la dissertazione di Omon Bozhd sulla vita, le infinite strade del futuro. Lui, adesso, poteva bussare, o tornarsene nella sua cabina. Bussò.

Nessuno rispose. Farr guardò a destra e a sinistra lungo il corridoio. Poteva ancora tornarsene in cabina. Invece spinse la porta, che si aprì. Il locale era al buio. Accese la luce. Merritt Anderview sedeva rigido su una seggiola e lo guardava con occhi aperti e vuoti.

Farr capì subito che era morto. Anthea Anderview giaceva invece nella cuccetta inferiore, composta e rilassata. Farr non si avvicinò per guardarla più da vicino, ma capì che pure lei era morta. Una pistola a scossa, capace di vibrare a bassissima intensità, aveva omogeneizzato il loro cervello; anche i pensieri e i ricordi si erano fusi in un tutto unico: le loro strade aperte sul futuro, si erano improvvisamente interrotte. Farr rimase immobile. Cercò di trattenere il respiro, ma sapeva che ormai il guaio era fatto. Arretrò e richiuse la porta. I camerieri avrebbero trovato i cadaveri… Intanto… Farr aveva la mente sconvolta. Potevano averlo visto. Il suo sciocco flirt con Anthea Anderview era certo già diventato di dominio pubblico, e forse si parlava anche del litigio con Merritt Anderview. Avrebbero potuto stabilire con facilità che lui era stato nella loro cabina. Avrebbero trovato una traccia delle sue esalazioni sopra tutti gli oggetti della stanza. Ciò costituiva una prova decisiva, in tribunale, se fosse stato provato che nessun’altra persona a bordo avesse il suo tipo di esalazione.