«L’ultima volta che se ne ebbe notizia» spiegò lo scienziato «era stato avvistato nello spazio in prossimità di Sark.»
«Può essere, ma non abbiamo prove della sua presenza su Sark.»
Non abbiamo prove! Il dottor Junz strinse nervosamente le labbra. Era la frase che da mesi gli andava ripetendo l’ufficio Spazio-Analitico Interstellare. «Non abbiamo prove, dottor Junz. Abbiamo la sensazione che il suo tempo potrebbe essere speso meglio, dottor Junz.»
La cosa era cominciata, come aveva detto l’Assistente con burocratica pignoleria, undici mesi e tredici giorni innanzi secondo il Tempo Medio Insterstellare. Due giorni prima di quell’avvenimento era sceso su Sark per quella che avrebbe dovuto essere una semplice visita normale d’ispezione alla Sezione dell’Istituto di quel pianeta, ma che si era tramutata… ecco, che si era tramutata in quello che era.
Era stato accolto dal rappresentante locale dell’U.S.I., un giovanotto molto sveglio che il dottor Junz ricordava quasi esclusivamente per la sua abitudine di masticare senza un attimo di sosta un prodotto elastico dell’industria chimica di Sark.
Solo al termine dell’ispezione l’agente locale si era ricordato di un particolare, e aveva detto: «Ho qui un messaggio spedito da uno spazialista, dottor Junz. Non dev’essere importante. Sa come sono quelli.»
Il dottor Junz aveva alzato gli occhi, in preda a un momentaneo impeto di sdegno. Aveva avuto la tentazione subito soffocata di rispondergli che quindici anni prima anche lui era stato uno spazialista, sia pure per soli tre mesi. Comunque era stato proprio quel lampo di collera a spingerlo a leggere il messaggio con particolare attenzione.
Diceva: “Vogliate mantenere linea cifrata diretta aperta con Quartier Generale Centrale U.S.I. per messaggio dettagliato concernente questione di massima importanza inerente a tutta Galassia. Atterro secondo traiettoria minima.”
L’agente sembrava divertito. Le sue mascelle si erano rimesse a ruminare con moto ritmico, uniforme. Disse: «Pensi un po’! “Inerente a tutta Galassia”. Non c’è male, anche per uno spazialista. L’ho chiamato dopo aver ricevuto questo messaggio per vedere se riuscivo a cavarne qualcosa di sensato, ma non c’è stato niente da fare. Ha continuato a ripetermi che la vita di tutti gli esseri umani di Florina era in pericolo. Capisce? Mezzo miliardo di esistenze in pericolo. Mi è parso psicopatico. Perciò, francamente, non ho nessuna voglia di trovarmi a tu per tu con lui quando atterrerà. Che cosa mi consiglia di fare?»
Il dottor Junz aveva chiesto: «Ha una registrazione del colloquio con lui?»
«Sissignore.» Erano seguiti alcuni minuti di ricerche, ed era stato finalmente ritrovato un frammento di pellicola.
Il dottor Junz lo aveva inserito nel “lettore”, e si era immediatamente accigliato: «Questa è una copia, vero?»
«L’originale l’ho mandato all’Ufficio Trasporti Extra-Planetari perché ho ritenuto più prudente che gli andassero incontro sul campo di atterraggio con un’ambulanza. Come le ripeto, ho l’impressione che non stia troppo bene di salute.»
«Un momento. Crede che sia già atterrato?»
L’agente lo aveva guardato sorpreso. «Credo di sì, però nessuno mi ha informato ancora.»
«Chiami l’Ufficio Trasporti e cerchi di avere dei particolari. Psicopatico o no, dobbiamo pure registrare i particolari del suo viaggio sui nostri moduli.»
Lo Spazio-Analista era ritornato il giorno successivo per un ultimo controllo, prima di lasciare il pianeta. Aveva altre cose di cui occuparsi su altri mondi, e aveva una certa fretta. Ma giunto sulla soglia aveva chiesto: «Come va il nostro spazialista?»
L’agente aveva risposto: «Ah, già… L’Ufficio Trasporti non ne sa niente. Si vede che deve aver cambiato idea all’ultimo momento e non è più atterrato.»
Il dottor Junz aveva deciso di ritardare la propria partenza di altre ventiquattr’ore. Il giorno seguente entrava nell’Ufficio Trasporti Extra-Planetari della Città di Sark, capitale del pianeta, scontrandosi così per la prima volta con la burocrazia floriniana, ma tutti si erano limitati a scuotere il capo. Avevano ricevuto effettivamente un messaggio relativo al progettato atterraggio di un analista dell’U.S.I., oh, sì, però nessuna nave era atterrata.
Ma si trattava di una cosa molto importante, aveva insistito il dottor Junz, il povero uomo stava male. Non avevano ricevuto una copia della trascrizione del suo colloquio con l’agente locale dell’U.S.I.? Tutti lo avevano guardato con tanto d’occhi. Quale trascrizione? Nessuno si ricordava di averla letta. Erano spiacenti che il poveretto fosse ammalato, ma nessuna nave U.S.I. era atterrata, e nessuna nave U.S.I. si trovava nel vicino spazio.
Il dottor Junz era ritornato a meditare nella sua camera d’albergo, quindi aveva chiamato il portiere e aveva chiesto di essere trasferito in un appartamento più adatto a un soggiorno prolungato. Aveva quindi fissato un appuntamento con Ludigan Abel, l’Ambasciatore trantoriano.
Aveva speso il giorno dopo consultando alcuni volumi di storia sarkita e quando era venuta l’ora dell’appuntamento con Abel, il cuore aveva incominciato a battergli di sorda collera. Non si sarebbe dichiarato vinto tanto presto.
Il vecchio Ambasciatore lo aveva trattato come si tratta un ospite di riguardo, gli aveva stretto cordialmente la mano, aveva fatto venire il suo barista automatico e non aveva permesso che s’iniziasse tra loro alcuna discussione di affari se non dopo un paio di bicchieri.
Junz ricordava ancora come aveva veduto Abel quel primo giorno, con gli occhi profondamente incassati sotto le sopracciglia di un bianco abbagliante, il naso a becco sempre sospeso sul calice di vino, le guance incavate che accentuavano la magrezza della faccia e del corpo. Finalmente Junz aveva incominciato il proprio racconto, esponendo i fatti con la massima economia di parole.
Quando l’altro ebbe finito Abel si era asciugato delicatamente le labbra col fazzoletto e aveva chiesto: «Adesso, mi dica, lei conosce quest’uomo che è scomparso?»
«No.»
«Non l’ha mai incontrato?»
«I nostri analisti spaziali sono persone difficili da incontrare.»
L’Ambasciatore lo aveva guardato interrogativamente, quindi aveva chiesto: «E perché è venuto da me?»
«Per avere un aiuto.»
«D’accordo, ma in che modo? Che cosa posso fare, io?»
«Permetta che mi spieghi. L’Ufficio Sarkita dei Trasporti Extra-Planetari ha sondato il vicino spazio in cerca del tracciato energetico dei motori della nave del nostro uomo, ma senza riuscire a individuarlo. Non mi mentirebbero a questo proposito. Non dico che i sarkiti siano incapaci di menzogna, ma non mentirebbero inutilmente, e sanno benissimo che posso controllare le loro dichiarazioni in un paio d’ore.»
«È esatto. Ebbene?»
«Quando fallisce la ricerca di un tracciato energetico, i casi sono due. Nel primo, se la nave non si trova nello spazio vicino vuol dire che è saltata attraverso l’iperspazio e si trova in un’altra regione della Galassia; nel secondo, se non si trova affatto nello spazio vuol dire che è atterrata su un pianeta. Ora io mi rifiuto di credere che il nostro uomo sia saltato. Se le sue dichiarazioni circa i pericoli che minacciano Florina e l’importanza della Galassia erano dettate da megalomania aberrante, niente gli avrebbe impedito di scendere su Sark per venircene a parlare. E non avrebbe cambiato idea volontariamente. Ho quindici anni di esperienza di queste cose. A maggior ragione, se per un caso ipotetico, le sue dichiarazioni fossero state serie e fondate, mai più avrebbe cambiato parere e abbandonato lo spazio vicino.»
Il vecchio Ambasciatore aveva alzato un dito. «Perciò, lei è convinto che il suo uomo si trovi su Sark.»
«Esattamente. Ma qui ci troviamo ancora di fronte a due alternative. Prima di tutto, se si trova effettivamente sotto l’effetto di una psicosi può aver atterrato in un punto qualsiasi del pianeta, anziché su un astroporto ufficiale. Può darsi che stia vagando senza meta, ammalato e in stato di semiamnesia. Ciò è molto insolito persino tra gli spazialisti, ma fatti analoghi si sono già verificati. Normalmente in un caso del genere gli accessi sono temporanei, e passata la crisi, il paziente ricorda per prima cosa, prima ancora di ciò che personalmente lo riguarda, i particolari del suo lavoro, poiché in definitiva il lavoro dello Spazio-Analista è la sua vita stessa. Assai spesso accade che lo smemorato venga rintracciato, perché per prima cosa entra in una biblioteca pubblica a consultare libri di riferimento sulla Spazio-Analisi.»