«La Terra! Vengo dalla Terra!»
«La Terra?»
Rik annuì.
Samia si volse al Comandante: «Dove si trova questo pianeta Terra?»
Il capitano Racety ebbe un sorrisetto di superiorità: «Non ne ho mai inteso parlare. Non lo prenda sul serio, Signora. Gli indigeni mentono con la stessa facilità con cui respirano. La menzogna è il loro elemento naturale. Dicono la prima cosa che passa loro per la testa.»
«Ma non parla come un indigeno.» Si volse nuovamente a Rik. «Dov’è la Terra, Rik?»
«Io…» Si portò alla fronte una mano che tremava, quindi disse: «È nel Settore di Sirio.»
Samia chiese al Comandante: «Esiste un Settore di Sirio, vero?»
«Sì. E mi stupisce che abbia azzeccato. Con tutto ciò la Terra non diventa per questo più reale.»
Rik esclamò con veemenza: «Ma è reale! Esiste veramente, ve lo assicuro. Non mi posso sbagliare, non è possibile.»
Afferrò Valona per la manica, e quasi strappandogliela disse: «Lona, spiega loro ch’io vengo dalla Terra. Diglielo tu.»
Valona aveva gli occhi pieni di angoscia. «Lo abbiamo trovato un giorno, Signora, completamente scimunito. Non era capace né di vestirsi, né di parlare, né di camminare. Non era niente, era meno di un bambino. Poi ha cominciato a ricordare qualcosa, poco per volta, e ogni volta sempre di più.» Lanciò una rapida occhiata spaurita alla faccia seccata del Comandante. «Può darsi veramente che provenga dalla Terra, Signora. Però non intendo contraddirla.»
Il capitano Racety borbottò: «Per quel che ne sappiamo, può anche venire dal centro di Sark, Signora.»
«Può darsi, tuttavia in questa faccenda c’è qualcosa di strano» insistette Samia, subito afferrando con la sua mente femminile l’aspetto romantico della vicenda. «Ne sono sicura… Come mai era in quelle condizioni quando l’hai trovato, figliola? Si era fatto male?»
A tutta prima Valona non rispose.
«Parla, ragazza» intimò Samia.
Valona prese la propria decisione a fatica, ma capiva che in quel momento nessuna menzogna poteva sostituire la verità. Disse: «Lo feci visitare una volta da un dottore il quale mi disse che il… che il mio Rik era stato sottoposto a sondaggio psichico.»
«Cosa?» Samia si sentì invadere da un senso invincibile di repulsione. «Era forse psicotico?»
«Non so che cosa questo significhi, Signora» disse Valona umilmente.
«Gli indigeni non possono essere psicotici» intervenne il Comandante. «I loro bisogni e i loro desideri sono troppo semplici. Non ho mai saputo che esistesse un indigeno psicotico.»
«Ma allora…»
«È molto semplice, Signora. Se accettiamo il fantastico racconto di questa ragazza possiamo solo concludere che quest’uomo è stato un criminale, che è poi un modo come un altro di essere psicotici, immagino. In tal caso sarà stato curato da uno di quei ciarlatani che si trovano tra gli indigeni, il quale dopo averlo quasi ammazzato lo avrà piantato in un luogo deserto per evitare di essere scoperto e punito.»
«Ma è difficile che un indigeno possa disporre di una sonda psichica, e soprattutto che sappia usarla» protestò Samia.
«Può darsi. Ma certo un medico autorizzato non l’avrebbe adoperata tanto incautamente, e il fatto che con ciò giungiamo a una contraddizione dimostra che questa ragazza mente. Se vuole accettare il mio consiglio, Signora, lasci a me questi due. Come vede non è possibile cavarne niente di concreto.»
Samia esitò. «Forse ha ragione.»
Si alzò e guardò Rik, incerta. Il capitano prese la seggiolina e la piegò di scatto.
Rik balzò in piedi. «Aspettate!»
«Se non le dispiace, Signora» disse il Comandante tenendole l’uscio aperto «penseranno i miei uomini a calmarlo.»
Samia si fermò sulla soglia. «Non gli faranno del male, vero?»
«Non credo che ci costringerà a ricorrere a rimedi estremi. Dev’essere facile da sistemare.»
«Signora! Signora!» gridò Rik. «Posso dimostrarlo. Posso dimostrare che provengo dalla Terra.»
Samia stette per un attimo indecisa. «Sentiamo un po’ quel che ha da dire.»
«Come desidera» replicò freddamente il capitano.
Rik era tutto rosso in faccia, e nello sforzo del ricordo le sue labbra si erano contratte, abbozzando la caricatura di un sorriso. Disse: «Ricordo la Terra. Era radioattiva. Ricordo le Zone Proibite e l’orizzonte azzurro, la notte. Il suolo splendeva e niente poteva crescervi. Solo in pochissime aree gli uomini potevano vivere. Per questo ero diventato uno Spazio-Analista; per questo non m’importava di restare nello spazio, perché il mio mondo era un mondo morto.»
Samia crollò le spalle. «Andiamo, capitano. Quest’uomo vaneggia.»
Ma era venuta la volta del capitano Racety di restare impietrito, a bocca aperta. Mormorò: «Un mondo radioattivo!»
Samia chiese: «Può esistere veramente un mondo simile?»
«Sì.» Il Comandante puntò sulla Dama uno sguardo assorto. «Vorrei sapere dove può avere inteso una notizia del genere!»
«Ma come può un mondo essere radioattivo e abitato al tempo stesso?»
«Eppure ne esiste uno, e si trova proprio nel Settore di Sirio. Però non ne ricordo il nome…»
«È la Terra!» replicò Rik con orgoglio, pieno di sicurezza. «È il più antico pianeta della Galassia. È il pianeta sul quale ha avuto origine l’intera razza umana.»
Il Comandante mormorò quasi a se stesso: «È proprio così!»
Samia disse con la mente in tumulto: «Crede dunque che la razza umana sia veramente oriunda di questo pianeta Terra?»
«No, no» rispose il Comandante assorto. «Si tratta di una superstizione, ed è unicamente così che sono venuto a sapere dell’esistenza di questo pianeta radioattivo, che sostiene di essere il pianeta di origine dell’uomo.» Con improvvisa decisione si avvicinò a Rik: «Che altro ricordi?»
«La mia nave, soprattutto» disse Rik «e la Spazio-Analisi.»
Samia si avvicinò al Comandante, ripresa a un tratto da un’intensa emozione. «Ma allora tutto quello che hanno raccontato questi due è vero! Come mai ha potuto essere sottoposto a sondaggio psichico?»
«Chi lo sa?» mormorò il capitano Racety con aria assorta. «Proviamo a chiederlo a lui. Senti un po’, tu, indigeno o forestiero di un altro mondo, o quel diavolo che tu sia: come mai sei stato sottoposto a sondaggio psichico?»
Rik lo guardò incerto. «Siete tutti voi a dirlo. Persino Lona. Ma io non so che cosa significhi questa parola.»
«Quando hai smesso di ricordare, allora?
«Non lo so.» Ricominciò, con un’intonazione disperata nella voce: «Mi trovavo su una nave.»
«Questo lo abbiamo capito. Prosegui.»
Samia intervenne: «È inutile strepitare, capitano. Finirà col fargli perdere quel poco senno che ancora gli rimane.»
Rik era tutto assorto nel tentativo di dissipare le tenebre che gli oscuravano il cervello, e quello sforzo intensissimo non lasciava adito in lui ad alcun’altra emozione. Fu stupito lui stesso quando s’intese dire: «Non ho paura di lui, Signora. Cerco soltanto di ricordare. So che c’era pericolo. Di questo sono certo. Ricordo che un grave pericolo sovrastava Florina, ma non rammento i particolari.»
«Un pericolo che potrebbe minacciare l’intero pianeta?» Samia gettò una rapida occhiata al Comandante.
«Sì. Si trovava nelle correnti.»
«Quali correnti?» domandò Racety.
«Le correnti dello spazio.»
Il Comandante ebbe un gesto rassegnato. «Questa è pazzia furiosa.»
«No, no. Lo lasci parlare.» La certezza della sincerità di Rik si faceva sempre più strada in Samia. «Che cosa sono le correnti dello spazio?»
«Sono i diversi elementi» rispose Rik, vagamente, poi proseguì in fretta, quasi con incoerenza, parlando così come gli venivano i ricordi, sospinto, spronato da essi. «Avevo mandato un messaggio all’ufficio locale di Sark. Questo particolare lo ricordo benissimo. Dovevo stare attento. Era un pericolo che andava oltre Florina. Sì, oltre Florina. Era vasto quanto la Via Lattea. Bisognava circoscriverlo con molta attenzione…» Sembrava avesse perduto ogni contatto con quelli che gli stavano intorno, che vivesse in un mondo del passato dinanzi al quale si strappasse” a tratti una pesante cortina. Proseguì, ansante: «Non so come il mio messaggio sia stato intercettato da un funzionario di Sark. Fu un errore. Non so come accadde.» Corrugò la fronte. «Sono certo di averlo mandato alla sezione locale, sulla lunghezza d’onda diretta dell’Ufficio. Crede che possano avere alterato il sub-etere?» Non si stupì nemmeno che la parola “sub-etere” gli fosse venuta spontanea alle labbra. «Comunque, quando atterrai su Sark, mi accorsi che mi stavano aspettando.»