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«Dev’essere stato così.»

Fife si volse, e lentamente, dignitosamente, ritornò alla propria scrivania, si issò a fatica sulla seggiola, quindi disse: «Non ho mai consentito a nessuno di vedermi in piedi dacché sono adulto e padrone di me stesso. C’è qualche motivo perché questa conferenza continui?»

Abel era a un tempo imbarazzato e seccato. La conferenza si era sino a quel momento rivolta tutta a suo danno. Fife era riuscito a mettere se stesso dalla parte della ragione, e gli altri da quella del torto, presentandosi come un martire costretto a subire i ricatti di Trantor e le false accuse di Steen che si erano subito sfasciate come un castello di carta.

Abel avrebbe voluto almeno ridurre le proprie perdite. Lo Spazio-Analista sondato psichicamente non sarebbe più stato di alcuna utilità a Trantor, ormai. Qualsiasi “ricordo” che gli potesse tornare in seguito sarebbe stato deriso e ridicolizzato, anche se autentico. Sarebbe stato accettato come un mero strumento dell’imperialismo trantoriano, e uno strumento inservibile, per giunta.

Tuttavia esitava, ma fu Junz a rompere il silenzio.

Disse: «A me sembra che ci siano ottime ragioni, invece, per non mettere fine alla conferenza proprio adesso. Non abbiamo ancora accertato chi è il responsabile del sondaggio psichico. Lei ha accusato il Signore di Steen, e Steen ha accusato lei. Anche ammesso che entrambi vi siate ingannati, e che entrambi siate innocenti, resta pur sempre il fatto che vicendevolmente vi ritenete colpevoli. Chi è dunque il responsabile?»

«Ha forse importanza?» ribatté Fife. «Per quanto riguarda lei, sono convinto di no. La questione sarebbe già stata risolta da un pezzo se Trantor e l’U.S.I. non si fossero intromessi. Sono sicuro di riuscire a scoprire io il traditore.»

«Che accadrà del colpevole?»

«Si tratta di una questione di politica interna che non la riguarda affatto.

«Mi riguarda e come, invece!» protestò Junz con veemenza. «Non si tratta dello Spazio-Analista soltanto, ma di qualcosa di assai più importante, e mi stupisce anzi che non sia stata ancora menzionata. Quest’uomo non è stato sondato psichicamente per il solo fatto che era uno Spazio-Analista.»

Abel non sapeva con esattezza quali fossero le intenzioni di Junz, ma si affrettò a gettare il proprio peso sulla bilancia. Disse in tono blando: «Naturalmente il dottor Junz si riferisce al messaggio originale lanciato dallo Spazio-Analista in cui si parlava di un pericolo grave.»

Fife ebbe un’alzata di spalle. «Per quanto io sappia, nessuno sinora ha dato importanza a questo punto, compreso il dottor Junz. Comunque ecco il suo uomo. Gli chieda quello che le interessa sapere.»

«Ma come può ricordare?» replicò Junz spazientito. «La sonda psichica agisce in modo particolarmente efficace sulle attività intellettive.»

«E allora, a cosa serve insistere?» disse Fife.

«Ma bisogna insistere, perché un altro, colui che lo ha sondato, sa di quale natura sia questo pencolo sconosciuto. Può darsi che non sia uno Spazio-Analista, e che ignori i dati precisi. Tuttavia ha potuto parlare con quest’uomo quando la sua mente era ancora integra, e ne avrà appreso abbastanza per metterci sulla via giusta. Inoltre, malcerto delle proprie cognizioni, non avrà osato distruggere le prove scritte che certamente questo uomo doveva avere con sé, i dati, gli appunti. Sai almeno dirci che cosa ricordi a questo proposito, Rik?»

«Solo che c’era un grande pericolo e che questo coinvolgeva le correnti dello spazio» mormorò Rik.

Fife disse: «Anche ammesso che lei riesca a scoprire la verità, che cosa ne ricaverebbe? Quali basi hanno mai le stupefacenti teorie inventate a ogni piè sospinto da Spazio-Analisti ammattiti?»

«Può darsi che lei abbia ragione, ma si direbbe che abbia paura di lasciarmi scoprire la verità.»

«Sono contro tutte le voci tendenziose che, vere o false, possano influenzare il commercio del kyrt. Non è anche lei del mio parere, Abel?»

«No. Le consiglio di ascoltare il dottor Junz.»

«Grazie» disse Junz.

«Lei dunque ha affermato, Signore, che chiunque sia il colpevole questi deve aver ucciso il medico che ha esaminato il cosiddetto Rik. Ciò farebbe supporre che il colpevole deve aver seguito quest’uomo in un modo o nell’altro, durante il suo soggiorno su Florina.»

«Ebbene?»

«Si devono pure ritrovare tracce di questa sorveglianza.»

«Secondo lei, dunque, gli indigeni si accorgerebbero se qualcuno li sorveglia?»

«E perché no?»

Fife disse: «Lei non è sarkita e questo spiega il suo errore. Le garantisco io che gli indigeni sanno stare al loro posto. Non avvicinano i Signori, e se i Signori si avvicinano a loro si guardano bene dall’alzare gli occhi da terra. Perciò, come potrebbero accorgersi di essere sorvegliati?»

«Trattandosi di indigeni normali può darsi che abbia ragione lei» disse Junz. «Ma qui non ci troviamo di fronte a un indigeno normale. Mi pare che la persona di cui sto parlando abbia dimostrato in modo inequivocabile di non essere un floriniano rispettoso come esige la tradizione più ortodossa. Intanto non ha ancora contribuito alla discussione, e mi sembra che sia venuto il momento di rivolgergli alcune domande.»

Terens, che era rimasto impassibile sino a quel momento, lo sguardo fisso sulle mani intrecciate, alzò la testa.

Junz si rivolse a lui: «Rik è sempre rimasto nel suo villaggio sin da giorno in cui venne ritrovato su Florina, nevvero?»

«Sì.»

«E lei non si è mai mosso dal villaggio? Intendo dire, non si è mai allontanato per motivi di affari?»

«I Borgomastri non si allontanano mai per motivi di affari.»

«Ho capito. Adesso la prego di ascoltarmi obiettivamente. Presumo che rientri nelle sue competenze sapere quando un Signore si reca nel vostro villaggio.»

«Certo. Ammesso che ci venga.»

«E ne è mai venuto nessuno?»

Terens si strinse nelle spalle. «Un paio di volte, per pura formalità. I Signori non si insudiciano le mani col kyrt: col kyrt grezzo, intendo.»

«Un po’ più di rispetto!» tuonò Fife.

Abel intervenne diplomaticamente: «Lasci che il dottor Junz e quest’uomo se la sbrighino tra loro. Fife. Lei e io, per il momento, siamo semplici spettatori.»

Junz provò un senso di intima soddisfazione di fronte all’insolenza di Terens, ma disse: «Risponda alle mie domande senza commenti supplementari, la prego, Borgomastro. Sa dirmi esattamente chi furono i Signori che visitarono il vostro villaggio nel corso di quest’anno?»

Terens rispose quasi con ferocia. «Come posso saperlo? Non sono in grado di rispondere a questa domanda. I Signori sono Signori, e gli indigeni sono indigeni. Mi mandano un comunicato e basta, indirizzato “Borgomastro”. In questo comunicato è detto che ci sarà un’ispezione da parte di un Signore in questo o quel giorno, e che devo perciò predisporre tutti i preparativi necessari. Devo quindi provvedere a che gli operai indossino i loro vestiti migliori, a far pulire l’opificio da cima a fondo, a badare a che la fornitura di kyrt sia abbondante, a che tutti appaiano contenti e soddisfatti, che le case siano lustre e le strade sorvegliate…»

«Non c’è stata nessuna ispezione, la settimana antecedente alla morte del medico? Ixnmagino che sappia in quale settimana quel medico è morto.»

«Mi pare di averne inteso parlare nei notiziari televisivi. Non credo che ci sia stata nessuna ispezione di Signori in quel periodo. Però non posso giurarlo.»

«A chi appartiene il suo territorio?»

Terens abbassò gli angoli della bocca. «Al Signore di Fife.»

Steen balzò su come un giocattolo meccanico, togliendo a tutti la parola con sorprendente prontezza: «Oh, ma andiamo! Con questo interrogatorio sta facendo il gioco di Fife, dottor Junz. Non capisce che così non approderà a niente? Crede che se Fife avesse avuto interesse a tenersi in contatto con questo individuo, si sarebbe dato la briga di spingersi sino a Florina per sorvegliarlo? A che cosa servirebbero i pattugliatori, allora? Francamente!»