Ora l’irradiazione emozionale del La Se Dano cambiò, diventò di collera crescente. — Andrebbe meglio, visitatore da oltre le stelle, se una delle vostre razze dividesse con noi la vostra estesa conoscenza. Allora gran parte di quello che siamo costretti a scoprire lentamente e faticosamente si chiarirebbe presto, e potremmo conquistare la libertà di espanderci di cui abbiamo tanto bisogno.
Bortha disse: — Questa non è mai stata la politica delle razze galattiche. ognuna delle nostre specie apprezza la tecnologia soprattutto in quanto frutto di uno sviluppo autonomo. Ci siamo guadagnati il diritto di usarla, non ci siamo affidati alla carità degli altri.
La rabbia di Jo Ka Le crebbe, divenne così intensa che la testa di Bortha cominciò a pulsare. Anche se non poteva percepire quella collera, Richter intervenne come se volesse placarla, dicendo: — Comunque, tutte le nostre razze si chiedono se La Se Da non possa rappresentare un caso speciale che meriti questo aiuto. Forse presto potremo fornirvi l’assistenza che vi occorre, soprattutto dal momento che avete fatto tanta strada da soli.
Ma Jo Ka Le non era arrabbiato solo con Bortha. Disse: — E procederemmo anche più rapidamente se i terroristi di Vu Te Mi non saccheggiassero di continuo i laboratori della mia nazione per frenarci e impadronirsi intanto di queste tecnologie e arrivare così a dominare La Se Da. — Bortha sentì che la collera di Jo Ka Le si trasformava in cupa soddisfazione. — Ieri notte abbiamo catturato una squadra di incursori. Li abbiamo scorticati tutti, lentamente, e con la loro pelle abbiamo decorato le pareti del generatore di neutrini. I corpi li abbiamo fatti a pezzi e li abbiamo dati in pasto agli ha fe qo.
Gli ha fe qo erano una specie di animali domestici. Per il momento, Bortha preferiva non cercare di ricordare che tipo di animali fossero. Prima di andare su La Se Da, non aveva mai immaginato che degli esseri intelligenti potessero dedicarsi alla distruzione di altri esseri intelligenti con tanto malvagio entusiasmo. Il solo pensiero lo-la disgustava. Una cosa del genere sarebbe stata impossibile tra i Naxiani, che per natura sentivano il dolore degli avversari come se fosse loro.
Jo Ka Le disse: — Voi viaggiatori stellari, naturalmente, non rivelate gran parte di quello che fate. Il nostro obiettivo di ricerca primario riguardo questi manufatti del Popolo Misterioso è di trovare un manufatto che serva da dispositivo per focalizzare i neutrini. Possiamo produrne in quantità, ma non impedire che s’irradiino in tutte le direzioni. Con un raggio neutrinico coerente, dovremmo finalmente cominciare a realizzare le nostre potenzialità.
Bortha non disse nulla. Non solo, si assicurò che il suo corpo lungo e sottile non tradisse quel che provava… non che fosse probabile che Jo Ka Le potesse interpretare il linguaggio corporeo naxiano, in ogni caso. Era difficile per Bortha nascondere quel che sentiva, così com’era difficile per la maggior parte degli Erthumoi imparare una lingua straniera. Tra loro, i Naxiani non nascondevano — o meglio, non potevano nascondere — le proprie emozioni. Quando avevano a che fare con razze prive della facoltà empatica, però, la dissimulazione spesso si rivelava sorprendentemente preziosa.
Come in quella circostanza, per esempio, decise Bortha. Jo Ka Le aveva ragione: se i La Se Dani fossero riusciti a creare un raggio neutrinico coerente, si sarebbero avvicinati moltissimo al segreto dell’iperpropulsione. Bortha continuava a non sentirsi tranquillo-a all’idea di quei feroci alieni in espansione tra le stelle.
Rivolse il proprio senso empatico verso Eberhard Richter e constatò che l’Erthuma comprendeva e approvava le aspirazioni degli indigeni. Una scoperta per nulla rassicurante, che anzi acuì la sua preoccupazione. Gli Erthumoi e i La Se Dani si assomigliavano parecchio (almeno, agli occhi di un Naxiano) e avevano tipi di reazioni emozionali relativamente simili (almeno, se giudicati in base ai diversissimi standard naxiani). Le due specie avrebbero potuto rappresentare degli alleati naturali perfetti contro le altre razze stellari. Gli impetuosi e aggressivi Erthumoi non erano riusciti a sconvolgere la pace che regnava nella galassia. Però, unendosi agli abili e feroci La Se Dani… chissà?
Se Richter stava per rivelare il segreto dell’iperpropulsione, comunque, non lasciò trasparire nulla in presenza di Bortha. Disse a Jo Ka Le: — Non conterei sull’aiuto della tecnologia del Popolo Misterioso, se fossi in voi. In tutta la galassia, non abbiamo trovato traccia di focalizzatori neutrinici.
— È quel che dici tu — fece Jo Ka Le, la voce e i sentimenti alterati dal sospetto.
— È quel che dico io — convenne Richter senza reagire al tono di Jo Ka Le, suscitando la perplessità di Bortha. Perfino le creature mentalmente cieche come gli Erthumoi imparavano a percepire le emozioni in modo approssimativo e abbastanza fortuito. Certo, quel sistema funzionava meno tra specie diverse, ma i sentimenti di Jo Ka Le non erano né complessi né oscuri. Qualsiasi altra cosa si potesse dire di loro, i La Se Dani erano sinceri nella loro cattiveria.
Jo Ka Le borbottò qualcosa di poco lusinghiero, poi senza nemmeno un saluto volse le spalle ai due rappresentanti della civiltà galattica e s’incamminò impettito verso il veicolo da superficie che lo aspettava. Il guidatore, che aveva atteso con il mezzo (uno spreco di tempo evidente, secondo Bortha, soprattutto in una razza che sosteneva di apprezzare moltissimo l’efficienza), corse ad aprire la portiera e la richiuse quando Jo Ka Le fu a bordo. Poi tornò al proprio posto, avviò il veicolo e partì, lasciando dietro di sé un odore acre di idrocarburi parzialmente incombusti e un notevole miglioramento dell’atmosfera emozionale.
Bortha si voltò verso Eberhard Richter constatando che, pur essendo un alieno, sembrava la personificazione dell’urbanità rispetto ai La Se Dani. — Anche se non trovano un manufatto del Popolo Misterioso utilizzabile come focalizzatore, si stanno avvicinando alla realizzazione dell’iperpropulsione — disse. Un attimo dopo, aggiunse: — La cosa mi preoccupa.
— Li ammiro — disse Richter; come al solito, il suo inglese standard aveva un lieve tono gutturale. Bortha percepì che parlava sul serio. — Mi ricordano il mio popolo, i Deutsche… i tedeschi, in standard. Abbiamo avuto una lunga storia di guerre… guerre spesso perse, perché con la nostra grande determinazione a volte affrontavamo quasi tutte le altre nazioni della Terra… e dopo riacquistavamo la nostra forza. Abbiamo una volontà ferrea, come i La Se Dani.
Bortha contrasse leggermente il corpo, lasciando che Richter desumesse quel che poteva da quel gesto. Disse: — Sicuramente gli Erthumoi non hanno mostrato la ferocia che piace tanto a questi indigeni. — Nemmeno gli Erthumoi potevano essere così malvagi, rifletté.
— Quasi, data la tecnologia disponibile all’epoca di quelle guerre — osservò Richter. — È successo parecchio tempo fa, comunque.
— Mi fa piacere saperlo — disse Bortha, il tono leggermente scosso. La guerra non era una cosa naturale per i Naxiani, che di consuetudine cercavano di ottenere ciò che volevano ricorrendo al sotterfugio e non alla violenza.
Adesso, naturalmente, erano in grado di uccidere a distanze infinitamente più grandi della portata della loro facoltà empatica. Da dagli scontri con altri viaggiatori stellari meno sensibili avevano imparato che talvolta era necessario rispondere agli attacchi dell’avversario; in epoca recente, in un paio di occasioni dei Naxiani avevano addirittura combattuto contro i loro simili. Tuttavia, Bortha non poteva neppure immaginare che la propria specie agisse con la ferocia dei La Se Dani… o anche degli Erthumoi deutsche di Richter… era un’idea inconcepibile, come pensare che le stelle emettessero profumo invece di fotoni.
Disse: — Forse sarebbe stato meglio, per la tranquillità di tutti, se gli indigeni fossero riusciti a sterminarsi. Così non ci troveremmo di fronte alla prospettiva imminente della loro diffusione nella galassia.