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Non annoverando la pazienza tra le sue doti, Jo Ka Le ignorò le spiegazioni farfugliate dal ricercatore, e lanciò un ultimo urlo di collera, chiamando due La Se Dani armati che portarono via lo sventurato subalterno.

Jo Ka Le si voltò verso i galattici che stavano osservando. — Veniva da un campo di lavori forzati, quel figlio incapace di madre mutata. Un altro periodo al campo gli ricorderà che era uscito a patto di non fallire… e lo ricorderà anche agli altri.

— Intanto, la vostra ricerca è ferma, naturalmente. — Di solito, Bortha non era sarcastico-a, ma La Se Da aveva il potere di fare affiorare i suoi lati peggiori.

In ogni caso, Jo Ka Le era inattaccabile da quel tipo di blanda ironia. — Non per molto — replicò calmo. — Le forze di sicurezza tireranno fuori qualcun altro… hanno degli elenchi di maschi con l’esperienza necessaria.

Infatti, il rimpiazzo arrivò prima di mezzogiorno. Si rivelò tremendamente servile e smanioso di accontentare Jo Ka Le, e si dimostrò anche capace di rimettere in funzione l’apparecchiatura recalcitrante, raggiungendo il proprio scopo.

— Vedi? — disse Jo Ka Le a Bortha. — Adesso possiamo iniziare, e con uno staff veramente motivato dalla voglia di riuscire.

— Vedo — disse Bortha, e lasciò perdere. Non era compito suo giudicare il modo di agire dei La Se Dani. Se lo fosse stato, Jo Ka Le e ogni membro della sua specie si sarebbero trovati in guai seri.

Dei generatori rumorosi pomparono energia nel doppio fascio di particelle. Due scie ardenti ionizzate solcarono l’aria e colpirono il manufatto lasciato sul pianeta dal Popolo Misterioso. «Manufatto» era solo un termine archeologico ricercato, pensò Bortha, un nome fine a se stesso che in realtà descriveva ben poco…

— Chissà se questo sarà completamente riflettente come tanti altri? — disse Eberhard Richter.

— Sai, io spero proprio che lo sia — rispose Bortha. Provò un piacere maligno immaginando la rabbia e lo sconcerto di Jo Ka Le. Poi il piacere svanì e subentrò la vergogna. Sicuramente, anche se l’esperimento fosse fallito, lo sfortunato ricercatore rispedito al campo di lavori forzati non sarebbe tornato in libertà, rifletté Bortha.

Comunque, il manufatto si rivelò permeabile. I La Se Dani accanto all’apparecchiatura gridarono eccitati, rizzando il pelo e sembrando grossi il doppio delle loro dimensioni reali. Jo Ka Le urlò qualcosa nella propria lingua, poi si rivolse ai galattici esprimendosi di nuovo in inglese standard. — Ho ordinato di concentrare ulteriormente i raggi per migliorare la chiarezza delle immagini che stiamo ottenendo.

Richter mosse la testa su e giù, un gesto erthuma che i La Se Dani avevano imparato a comprendere. Suo malgrado, Bortha dovette ammettere che Jo Ka Le sapeva quel che faceva. E nel constatarlo, chissà perché, si rese conto di trovarlo ancor più antipatico.

— Possiamo vedere quello che state ottenendo? — chiese. Sulla maggior parte dei mondi sarebbe stata una cosa assolutamente normale e naturale. Su La Se Da, dove la sicurezza era una mania, niente di più facile che una sbirciatina venisse considerata un atto di spionaggio.

— Guardate pure — rispose Jo Ka Le. Era riluttante, ma non osava manifestarlo, percepì Bortha, strisciando fino all’apparecchiatura e drizzandosi sulla coda per guardare oltre le spalle di un paio di La Se Dani.

Lo schermo mostrava un’immagine granulosa che mutava via via che il punto d’intersezione dei due fasci di particelle si spostava all’interno del manufatto. Da una stampante accanto allo schermo uscirono dei diagrammi con l’analisi dei cambiamenti della composizione. — Si riesce a individuare qualche traccia di struttura? — domandò Bortha.

Il La Se Dano che stava esaminando i diagrammi rispose:

— Dovrebbe esserci, pare. Apparenze ingannevoli. Il computer non ne trova nessuna.

Bortha dovette compiere uno sforzo per seguire l’inglese standard dell’indigeno. Quando ebbe decifrato la risposta, chiese:

— Non si può aumentare la risoluzione?

— Sistema al massimo — disse il La Se Dano. — Forse il computer analizza, dice qualcosa. Forse rende solo il mistero più profondo. — Bortha finse di non aver sentito. Gli Erthumoi erano l’unica razza stellare a usare intelligenze artificiali. I Naxiani preferivano pensare con la propria testa.

— Sciocchezze — dichiarò Jo Ka Le. — Un giorno capiremo perfettamente questi misteri. Appena una generazione fa, avremmo avuto poche speranze di riuscire a penetrare fino alla struttura interna di uno di questi oggetti. ora che cominciamo a scorgerla, comprenderemo sicuramente e raggiungeremo lo scopo.

— Non è detto — lo contraddisse Bortha. — Noi galattici studiamo da secoli i manufatti del Popolo Misterioso, e non abbiamo ottenuto che delusioni.

— Noi riusciremo — ribadì Jo Ka Le, irradiando la solita determinazione. Bortha sapeva benissimo che non bastava la determinazione per risolvere gli enigmi del Popolo Misterioso. Prima o poi, i La Se Dani sarebbero giunti alla stessa conclusione. Meglio non dirlo a Jo Ka Le, però, per evitare di sentire la sua ondata di collera, Bortha rimase in silenzio.

Eberhard Richter disse:-Quando la vostra analisi computerizzata sarà ultimata, Jo Ka Le, vorrei una copia dei dati, così noi umani… cioè, Erthumoi direste voi… potremo inserirli nelle nostre macchine. Forse i nostri sistemi diversi troveranno qualcosa che a voi è sfuggito.

— Forse — rispose Jo Ka Le. — Ma se troveranno qualcosa, che probabilità ci sono che comunichiate i nuovi dati anche a noi? Voi stellari siete maestri nel prendere le nostre conoscenze, frutto di duri sforzi, senza dare nulla in cambio. Prima di darvi qualcosa, vogliamo in cambio delle informazioni. Dovete imparare a trattarci da pari, perché un giorno viaggeremo tra le stelle come voi.

— Credo di avere qualcosa che v’interessa, forse — disse Richter sornione. Bortha lo guardò piuttosto allarmato-a. Sondò i suoi sentimenti, non lasciò passivamente che l’emanazione emozionale lo-la colpisse, ma la esaminò in profondità. Come aveva temuto, trovò ancora comprensione e solidarietà per i La Se Dani. Sapeva fin troppo bene cosa potesse interessare a Jo Ka Le, e pensava che non avesse il diritto di ottenerlo.

Anche il La Se Dano capì. — Allora? — disse. Tremava quasi, tanto era smanioso; perfino una creatura mentalmente cieca come l’Erthuma doveva accorgersene. Jo Ka Le proseguì. — Sai cosa vogliamo. Ce lo darai?

— In cambio dei dati importanti sul Popolo Misterioso che voi La Se Dani avete appena scoperto, sì… penso che ve lo darò — rispose Richter. Doveva essere impazzito, rifletté Bortha. Poteva anche darsi che la struttura interna del manufatto fosse interessante, però non aveva alcuna importanza immediata. I particolari dell’iperpropulsione, invece… e Jo Ka Le senza dubbio mirava proprio a quello…

Bortha sondò di nuovo Richter.

Adesso era ansioso, oltre a essere solidale coi La Se Dani. Che avesse notato qualcosa sfuggito a Bortha nell’analisi de! manufatto? Non c’era altra spiegazione che giustificasse le sue emozioni o il suo comportamento. Bortha si chiese come fare per impedirgli di tradire tutte le razze galattiche, compresa la sua.

Pensò all’assassinio, puro e semplice. Se avesse ritenuto improbabile che gli Erthumoi indagassero sulla morte improvvisa di un loro simile su un pianeta per loro importante, forse avrebbe tentato quella soluzione, o almeno non l’avrebbe accantonata subito. Ma Bortha non poteva nascondere la colpevolezza, e sicuramente gli Erthumoi avrebbero fatto in modo che tra gli inquirenti ci fosse un Naxiano di un mondo ostile al suo. Una volta scoperto che Bortha aveva ucciso Richter sarebbe potuta scoppiare una guerra non meno devastante di quella che, come temeva Bortha, avrebbero provocato i La Se Dani se fossero riusciti a spiccare il volo tra le stelle.