Che fare, dunque? Bortha non ne aveva idea. Il problema lo-la tormentò tutto il giorno, come un pezzo di tubero incastrato tra i denti palatali, ma non riuscì a risolverlo, proprio come di solito non riusciva a togliersi un pezzo di tubero senza stuzzicadenti e specchio.
Quella sera, provò a convincere Richter a non passare informazioni ai La Se Dani in cambio delle loro immagini dell’interno del manufatto del Popolo Misterioso. — ora che sappiamo che i fasci di particelle penetrano nell’oggetto possiamo ottenere i nostri dati… e probabilmente dati cento volte più precisi di quelli ricavati da questi trogloditi planetari. Forza, Erthuma, prova a darmi torto se sei capace.
Eberhard Richter si limitò a rispondere con un grugnito. Invece di parlare con la creatura naxiana, era impegnato a parlare col proprio computer, concentratissimo, e la concentrazione lo schermò dai ripetuti sondaggi di Bortha. A un certo punto, dalla disperazione, Bortha provò a sondare il computer. Un attimo fu più che sufficiente a ricordargli-le perché la propria razza non avesse mai cercato di produrre forme di intelligenza artificiale. Le strutture concettuali del computer — rigide, fredde, meccaniche, insipide — erano sconcertanti e ripugnanti. Non era vivo, e nemmeno decentemente morto. Era disgustoso.
Non per Richter. Canticchiando, l’Erthuma studiò lo schermo della macchina, ordinò un paio di cambiamenti, osservò di nuovo, ordinò un altro cambiamento e bofonchiò soddisfatto, raggelando Bortha. Quindi ordinò al computer di formattare le informazioni perché fossero compatibili con l’hardware La Se Dano.
— Hai davvero intenzione di farlo? — chiese Bortha, mentre il computer espelleva una piccola scheda dati quadrata del tipo usato dalle macchine degli indigeni.
— Sì — rispose Richter. — Ti assicuro che è a fin di bene.
Bortha sondò ancora, il più a fondo possibile. Anche volendo, l’Erthuma non avrebbe potuto nascondere nulla. Era convintissimo di quel che diceva. Doveva essere impazzito! Possibile che non si rendesse conto che i La Se Dani rappresentavano un pericolo per tutta la galassia? Bortha si rammaricò più che mai dei limiti del senso empatico; sapeva quel che provava un individuo, ma non cosa stesse pensando. I processi mentali di Richter erano e rimanevano impenetrabili. Alieni, completamente alieni…
L’Erthuma disse: — Dopo che Jo Ka Le e io avremo concluso il nostro scambio, credo che noi due dovremmo tornare in seno alla civiltà.
Bortha rimase un po’ sorpreso-a; si aspettava che Richter volesse restare ad aiutare i La Se Dani a sviluppare l’iperpropulsione, perché sicuramente avrebbero cercato di realizzarla con le informazioni fornite da lui. Disse soltanto: — Come desideri.
Se Richter non arrivava a capire che Bortha avrebbe presentato un reclamo contro di lui non solo al governo del suo mondo ma anche ad altre autorità erthuma e ad ogni altra razza stellare, peggio per lui. Bortha si sarebbe adoperato-a perché tutti gli esseri civili da quel momento in poi, e per l’eternità, maledicessero il nome dell’Erthuma. Se non poteva impedirgli di liberare i La Se Dani nella galassia, si sarebbe vendicato-a. Per un Naxiano, era quasi altrettanto importante. Pensò a come diffamare l’intera specie erthuma per avere commesso l’errore di generare quell’individuo.
La mattina dopo, Jo Ka Le consegnò i suoi dati — i suoi dati inutili, insignificanti e schifosi, pensò Bortha — a Richter. In cambio, Richter diede al La Se Dano la scheda dati elettronica che aveva fatto preparare la notte prima dalla sua (inutile, schifosa) macchina. Bortha non dovette sondare in profondità per sapere cosa stesse provando Jo Ka Le: la sua mente irradiava avidità, un’avidità vivida e ardente come il sole locale che stava salendo nel cielo.
Richter disse: — Usate questi dati con saggezza, Jo Ka Le. Mi dispiace che Bortha e io non possiamo rimanere qui ad aiutarvi a elaborarli. Abbiamo ricevuto un messaggio urgente la notte scorsa e dobbiamo tornare sui nostri mondi.
— Ce la caveremo — disse Jo Ka Le. — Prima che la nostra vita finisca, forse verrò a farti visita sul tuo mondo, un giorno. — Se di fronte a tale prospettiva l’indigeno avesse provato un senso di umiltà o di orgoglio o di soggezione, Bortha avrebbe potuto ricredersi e accettare l’iniziativa di Richter. Ma Jo Ka Le sembrava un predatore che avesse avvistato la preda… come tutti i La Se Dani subalterni lì accanto, del resto.
Sotto un certo aspetto, fu un sollievo abbandonare il pianeta, allontanandosi dalle menti fameliche e bramose che lo abitavano. D’altro canto, però, le cose non miglioravano di certo così, perché Bortha si trovava solo-a con Eberhard Richter, e Richter, lungi dal sentirsi in colpa, era soddisfatto di sé, provava un compiacimento quasi indecente.
Bortha agitò l’estremità della coda, in preda a un furore legittimo. — Sai cos’hai fatto? — sbottò. — Te ne rendi conto? Senza dubbio hai preparato il terreno per il peggior bagno di sangue che la galassia abbia mai visto.
— Oh, non accadrà nulla di così catastrofico — rispose Richter.
Incredibile! Dopo tutto quello che aveva visto su La Se Da, era convinto di quel che diceva, non pensava di mentire. Bortha si arrabbiò ancor di più. — Voi Erthumoi usate «trenta pezzi d’argento» come simbolo ricorrente del tradimento — disse. — Tu hai preso i tuoi, li hai avuti da Jo Ka Le.
— Niente argento in questo caso — replicò Richter. — Terbio, se mai.
— Terbio? — Bortha non capì l’allusione. Non solo, non capì l’improvviso cambiamento d’umore dell’Erthuma, passato a un misto di ironia e divertimento. Non poteva fare nulla a questo proposito. Riguardo la prima cosa invece… attivò un modulo di memoria organico. — Il terbio è un metallo del gruppo delle terre rare che voi Erthumoi utilizzate per il drogaggio dei semiconduttori. A parte questo, ha pochi altri usi… che io sappia, la mia razza non lo utilizza in nessun modo. Dunque, perché ne parli adesso?
— Perché ho passato una notte in bianco preparando una documentazione sull’uso del terbio come elemento catalitico in un iperpropulsore — rispose Richter. — Tutta la documentazione è nella scheda dati che ho consegnato a Jo Ka Le.
— E a cosa servirà? — disse Bortha irritato-a. — Lo sanno anche i piccoli che la catalisi dipende dal gadolinio.
— Lo sanno anche i bambini di una razza stellare, certo. Abbiamo la tecnologia da secoli… alcune delle nostre razze da millenni. I La Se Dani, no.
— Ma è una cosa ovvia — protestò Bortha. — In fin dei conti, il gadolinio è l’elemento con la più alta sezione d’urto di cattura neutronica.
— Certo… tre volte più grande di quella del più comune isotopo di terbio. Ma il terbio-158? Io ho dimostrato chiaramente che la sua sezione d’urto di cattura neutronica è dieci volte più grande di quella del gadolinio.
— Il terbio-158? — Bortha dovette riattivare il modulo di memoria, e inorridì. — Il terbio-158 ha un periodo di dimezzamento di undici secondi!
— Lo so — disse Richter. Non solo era divertito, era soddisfatto di sé.
Bortha avrebbe voluto protendere degli pseudopodi per torcergli il collo e staccargli quella testa grottesca, come se fosse un’anguilla xanas appena uscita dai mari di Naxos. Strillò: — Innanzitutto, è una bugia. In secondo luogo, a chi interessa la sezione d’urto di cattura neutronica di un isotopo che non dura abbastanza per assorbire neutroni?
Chissà perché, quella protesta indignata accentuò il divertimento di Richter. — Sarà anche una bugia — disse — ma ho fornito dei dati molto convincenti per farla sembrare vera. E per i La Se Dani non sarà facile scoprire che è una bugia. Come hai appena detto, il terbio-158 non dura abbastanza da consentire dei test accurati.