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Hal Clement

LE FASI DEL CAOS

Titolo originale: Phases in Chaos

1. Sopra

Quando l’iceberg s’inclinò, cogliendo tutti e tutto alla sprovvista, Rekchellet era intento a schizzare. Stava approfittando di un vento terso, freddo, secco e probabilmente breve proveniente da Latoscuro. Non che fossero mancati i segni premonitori; c’erano stati dei tremori, e poi un forte scricchiolio, con sufficiente anticipo da mettere in guardia, se solo fossero stati un po’ più specifici. Sembravano giungere da tutte le direzioni, non fornivano alcun indizio circa la loro causa e, secondo Rekchellet, non lasciarono a lui e ai suoi compagni altra scelta se non quella di continuare il lavoro. Quando il ghiaccio sottostante si abbassò all’improvviso inclinandosi bruscamente, la sorpresa fu totale, e quattro esseri e due oggetti non poterono che reagire obbedendo a leggi naturali elementari.

Venzeer e Rekchellet spiccarono subito il volo senza riflettere, mentre lo stilo e il blocco del registratore cadevano sul ghiaccio. Il grande pallone dell’antenna aerostatica aveva abbastanza inerzia da spezzare i quattro ormeggi, ed essendo zavorrato in modo tale da avere una lieve spinta ascensionale cominciò a sollevarsi lentamente. Il mezzo di trasporto con le provviste, lasciato momentaneamente a mezz’aria dall’abbassamento della superficie, tornò a posarsi. Trovando il terreno non più orizzontale cominciò a scendere, dato che quell’iceberg era abbastanza pulito da essere scivoloso. Janice e Hugh Cedar, attaccati al veicolo da quelle che avrebbero dovuto essere cime di sicurezza, caddero anch’essi e iniziarono a seguirlo loro malgrado verso il vicino lago di acqua di disgelo.

Naturalmente il mezzo di trasporto era galleggiante e le provviste nella sua cupola oblunga erano sigillate singolarmente, quindi la situazione era più seccante che pericolosa; ma nessuno la prese con calma. Erano troppo scossi.

— Perché i freni non erano inseriti, terricoli? — sbottò uno dei Crotoniti. La donna era troppo indaffarata a trascinarsi lungo la fune verso il veicolo per rispondere. Hugh, meno preoccupato e meno paziente, ribatté: — Prendete il pallone! Possiamo riunirla dopo una commissione d’inchiesta!

I membri alati della squadra stavano già inseguendo l’antenna di cinquanta metri, compito che ovviamente spettava a loro, e nessuno aprì bocca per almeno un minuto. Janice raggiunse la sua meta abbastanza rapidamente, trovò la leva desiderata e l’azionò, perché i chiodi del pattino direzionale destro si conficcassero nel substrato. Malgrado la gravità locale, si era sviluppata abbastanza velocità da spruzzarla di frammenti di ghiaccio, mentre il veicolo deviava verso di lei. Quando Hugh raggiunse la leva sull’altro lato, il veicolo era già fermo. Hugh la tirò ugualmente.

— Prendete! — Rekchellet era a qualche metro dal suolo, librandosi per quel che gli consentiva la sua struttura alare, stringendo una fune d’ormeggio in prossimità del pallone e lasciandola penzolare verso gli Erthumoi. Hugh afferrò l’estremità inferiore, la infilò nell’occhiello di fissaggio più vicino e l’assicurò.

— Nessun’altra? — chiese.

— Le altre si sono tutte spezzate in alto. Dovrete slegarle dalle ancore e lanciarci un capo. Sarà difficile fare dei nodi se c’è tensione; lasciatele sciolte in fondo finché non avremo finito.

— D’accordo — rispose Janice. Al pari del marito, sapeva che i Crotoniti si sarebbero sentiti offesi se fossero stati loro a ricevere istruzioni così dettagliate; a differenza del marito, non ne avrebbe mai fatto una questione. Quelle creature non potevano fare a meno di ritenere che i nonvolatori fossero adatti solo a compiti servili quali la guida di mezzi da superficie. Per fortuna, il recupero del pallone non presentò molti problemi dato che il vento era scemato. Nessuna delle due specie aveva motivo di criticare l’altra. Tutti e quattro i membri della squadra, comunque, erano concentrati nell’opera di ormeggio quando la fune successiva si ruppe.

Era la cima di sicurezza di Hugh.

Le onde superficiali si muovono lentamente in condizioni di gravità debole, però si muovono. L’inclinazione improvvisa del gigantesco iceberg aveva spinto il lago lontano dal veicolo, lungo una baia a imbuto alla sua estremità esposta al sole. Il riflesso del sole rossastro sull’acqua e sul ghiaccio avrebbe impedito al gruppetto di vedere chiaramente in quella direzione, anche se avessero guardato. C’era poco attrito; il ghiaccio stava sciogliendosi da decenni e la sua superficie, pur lungi dall’essere piatta, non aveva spigolosità accentuate o punti realmente accidentati. Perfino la vegetazione era rada in quella parte dell’iceberg, così l’onda di riflusso perse energia molto lentamente.

L’acqua si riversò nel proprio bacino, risalì lungo il fianco dell’iceberg, e raggiunse gli esploratori appena a destra della parte anteriore del mezzo di trasporto senza che nessuno si accorgesse dei pericolo, nemmeno gli alati.

La donna venne scagliata violentemente contro il veicolo. Hugh, che si trovava più in là sul lato opposto, fu proiettato all’estremità della lunghezza della propria fune; se la fune avesse resistito, sarebbe stato schiacciato da una dozzina di tonnellate di massa — oltre duemiladuecento chili di peso perfino su Habranha — quando il mezzo rotolò nel punto occupato precedentemente dall’uomo. Ma ormai Hugh era a parecchi metri di distanza.

I Crotoniti reagirono all’istante e in silenzio. Venzeer calò su Janice e la sollevò, mentre il veicolo rotolando la trascinava via. La cima di sicurezza di Janice era ancora attaccata, e per un attimo sembrò che entrambi potessero finire sotto il trasporto. Ma il fisico aveva visto il pericolo, estraendo un coltello dall’imbracatura portaattrezzi mentre scendeva. Un guizzo della lama eliminò il rischio.

Rekchellet ebbe maggiori difficoltà. Hugh era un bersaglio mobile all’inizio, e alla calma di alcuni istanti prima era subentrata una bufera di neve, così le prime due calate del Crotonita andarono a vuoto. Poi l’uomo cessò momentaneamente di essere sballottato, mentre l’onda esauriva la propria spinta. Il suo corpo era in un groviglio di cespugli strappati dall’ondata, ma gli arbusti sembravano sufficientemente bagnati, quindi il pericolo d’esplosione era limitato; al pari dei Crotoniti stessi, la vita evolutasi localmente usava lo ione azotidrato come gli esseri terrestri usavano I’atp. Il volatile si fidava abbastanza dell’isolamento elettrico della propria tuta da correre il rischio, e con un grido di trionfo sollevò Hugh prima che l’onda di riflusso potesse travolgerlo. Gli Erthumoi erano un carico pesante perfino su Habranha, però, e gli alati pur non osando posarsi troppo vicino all’acqua non si allontanarono molto.

Lo sciabordio stava diventando più circolare, e nessun’altra onda raggiunse il veicolo. Alcuni degli arbusti divelti rimasti accanto a esso, comunque, stavano bruciando lentamente senza fiamma nonostante fossero bagnati, e i soccorritori li evitarono. Venzeer volò rapido a controllare le provviste, mentre Rekchellet cominciava a cercare la propria attrezzatura da disegno.

Hugh li ignorò. Janice giaceva dove l’aveva posata Venzeer, e non appena riuscì ad alzarsi in piedi l’uomo le si portò accanto con un unico balzo.

— Jan! Tesoro! Mi senti? Stai bene? — Nessuna risposta. Hugh cominciò a controllare se ci fossero delle lesioni per quel che consentiva la mole della tuta di lei. Vide che respirava, e la piastra monitor diagnostica dell’indumento, appena sotto la gola, gli confermò che il cuore batteva, gli disse anche quale terapia fosse in atto. A quanto pareva, c’era una frattura ossea. Un accurato controllo indicò che quasi certamente non si trattava di un arto, e Hugh preoccupato per il cranio e la spina dorsale si augurò che fosse solo una costola.