In ogni caso, la frattura si sarebbe saldata in un quarto d’ora a meno che lui non annullasse l’intervento curativo della tuta. Non sembrava che ci fosse motivo di farlo; a quanto poteva vedere, non era necessaria alcuna regolazione, e anche se ci fossero state delle vertebre lese il midollo spinale sicuramente sarebbe stato più protetto se l’osso circostante si fosse saldato del tutto prima che Janice venisse spostata o cercasse di muoversi. Hugh non sapeva se fosse priva di sensi per la terapia o per l’urto; poteva solo aspettare, spostando lo sguardo dalla faccia della moglie alla piastra monitor e viceversa, finché lei non fosse rinvenuta o la terapia non fosse terminata. Fu interrotto prima che accadesse una delle due cose.
— È ferita gravemente? — Rekchellet si posò sul ghiaccio, attaccando il blocco recuperato all’imbracatura e lasciando le ali spiegate alcuni secondi per disperdere il calore corporeo. La maggioranza degli esseri umani avrebbe dato per scontato che fosse solo preoccupato per la missione; i Crotoniti non erano certo famosi per sentimenti quali l’amicizia e la compassione. Hugh, tuttavia, aveva acquisito gran parte della tendenza innata della moglie ad apprezzare le persone indipendentemente dalla loro forma, e prese la domanda alla lettera.
— Troppo presto per dirlo. Avete bisogno di me?
— Non credo. Non so se si sia ancora spezzato qualche ormeggio, ma se si è spezzato pare che Venz li abbia fissati alla slitta, adesso. — La bufera era terminata; antenna e veicolo erano di nuovo visibili. — Se lo avessimo fatto subito, probabilmente i cavi non si sarebbero mai rotti, dato che il trasporto non si è abbassato con la velocità del terreno.
— Perché è rimasto indietro. Ci siamo ancorati al ghiaccio per avere maggiore stabilità, il che è stato un errore. Arrivano ancora dei segnali?
— Penso di sì… se sono segnali. Venz ha messo in funzione l’analizzatore dopo avere assicurato l’antenna. Non gli ho parlato; ho cercato questo blocco. — Rekchellet aveva sganciato nuovamente l’attrezzatura da disegno e stava registrando Janice e i dati della sua tuta. — Hai ragione — aggiunse. — Avremmo dovuto portare l’apparecchiatura per fare dei duplicati.
— L’avio avrebbe dovuto trasportarla, e poi noi avremmo…
Rekchellet ignorò l’interruzione di Hugh. — Sono stato in ansia per qualche minuto, finché non ho trovato questo. — Finì lo schizzo, agganciò il blocco all’imbracatura e meditò brevemente. — Penso ancora che i segnali sembrino linguaggio habra, ma giungono dal basso, e non riesco a credere che un volatile assennato possa essere sott’acqua.
— O all’interno di un ice… aspetta! — Hugh aveva visto che sua moglie si era mossa. Un attimo dopo, Janice fece una smorfia e aprì gli occhi. Guardò per alcuni istanti Hugh e il Crotonita, attendendo evidentemente che il cervello le si snebbiasse; poi sorrise, un sorriso piuttosto amaro, e parlò.
— Mi fa male il torace. Se sei stato tu, ti ho già detto di andarci piano. Quanto tempo sono rimasta svenuta? Vedo che è nevicato ancora…
Hugh non si era accorto del cambiamento del vento e nemmeno della bufera di neve, finora.
— Non sono stato io — le assicurò. — Un’onda ti ha sbattuto contro la slitta. Frattura ossea, stando al monitor diagnostico. Sono contento che sia solo una costola… se è una costola. Riesci a muovere le braccia e le gambe? Come va la testa? — Lei mosse adagio tutti gli arti, tranquillizzando Hugh circa le condizioni della spina dorsale. — Bene. Stai ferma finché non si è saldata la frattura. Non ci vorrà molto; sei rimasta priva di sensi per parecchi minuti. Rek pensa che stiamo ancora captando i segnali.
Quella notizia, volutamente, servì a distrarre Janice, facendole dimenticare la sofferenza. — Continuo a non capire — disse pensierosa. — La direzione è cambiata, ma i segnali provengono sempre dal basso. Nessun cambiamento pare avere un legame con il mutamento delle condizioni atmosferiche. La linea attraversa almeno una decina di chilometri di iceberg, forse il doppio, dato che non conosciamo la forma dell’iceberg sotto la linea di galleggiamento. Poi presumibilmente raggiunge l’oceano, e non si sa per quanto prosegua. Dato che sembra che la sorgente si stia muovendo non può trattarsi di qualcuno sepolto nel ghiaccio… e nessuno degli Habra che ho conosciuto aveva una voce radio abbastanza forte da attraversare più di un paio di chilometri del tipo di suolo che esiste qui.
— Sono tecnici abili — fece notare Rekchellet. — Potrebbero usare degli amplificatori. Li usano, infatti. A loro non piace farlo, ovvio, dal momento che parlano e sentono direttamente via radio e i segnali amplificati sono dannosi per loro, però la capacità non gli manca. — Gli Erthumoi lo sapevano, come tutti gli alieni su Habranha che volevano usare la radio e non potevano a causa di quella particolarità degli indigeni. Hugh e Janice la consideravano una caratteristica più comprensibile della preferenza crotonita per le registrazioni grafiche schematiche — i disegni — rispetto alle fotografie, ma c’erano cose più importanti a cui pensare, adesso.
— Che parole indigene avete riconosciuto nella trasmissione? Qualche discorso vero e proprio? — chiese lentamente Hugh.
— No. Solo una parola. «Qui. Qui. Qui.» Seguita a volte, mai preceduta, da modulazioni diverse che non siamo riusciti a riconoscere.
Gli Erthumoi si guardarono. — Potrebbe essere una trasmittente automatica su una sonda oceanografica — disse Hugh dopo un po’. Sua moglie annuì.
— Quadra. Quadra anche con la tua idea che un volatile assennato non andrebbe mai sott’acqua. — Janice sorrise a Rekcheilet. — E con la vostra incapacità di interessarli ai viaggi interstellari. — Alzò il riscaldamento della tuta; il vento tutt’a un tratto era diventato più freddo, anche se l’aria era ancora limpida. — Il loro oceano rappresenta una sfida interessante quanto lo spazio, e d’importanza più immediata per loro.
Il Crotonita parve entusiasta della prima parte del commento di Janice e sembrava sul punto di convenire, poi però sentendo la seconda parte assunse un’espressione pensierosa.
— Immagino di sì — disse. Agitò le ali inquieto e lanciò uno sguardo verso l’antenna a un centinaio di metri, dove il compagno era ancora occupato. Entrambi gli esseri umani sapevano che i Crotoniti erano di pareri discordi sulla questione di convincere gli indigeni di Habranha a unirsi alle sei comunità di viaggiatori stellari conosciute, la settima era ancora di competenza degli archeologi. Alcuni, come Venzeer, volevano un’altra specie alata per compensare l’influenza dei terricoli e degli acquatici nel campo della diplomazia e del commercio interstellare. Altri sembravano preferire lo splendore solitario di essere l’unica razza astrale volante, o forse temevano di dover competere con dei rivali per il possesso di mondi adatti alle intelligenze alate. Moglie e marito si scambiarono una breve occhiata, poi cambiarono argomento.
— Pensi che potrebbero costruire qualcosa in grado di resistere alle pressioni oceaniche, dunque, vero? — chiese Hugh. — È logico che vogliano informazioni dettagliate sul comportamento delle correnti. La deriva dei continenti è un elemento tutt’altro che trascurabile qui, con il continente fatto di ghiaccio, centinaia di chilometri di profondità oceanica, e circolazione termica da Latosole a Latoscuro. — Né lui né la moglie conoscevano bene Habranha, dato che erano su quel mondo da appena qualche settimana. Avevano visto il continente anulare di ghiaccio galleggiante arrivando dallo spazio, e capivano grosso modo come stesse continuamente sciogliendosi sul lato esposto al sole per essere ricostruito sull’altro lato dagli iceberg provenienti dall’emisfero buio. Al pari degli altri stranieri, e degli indigeni stessi, non sapevano di preciso come mai un pianeta del genere potesse avere condizioni atmosferiche così complesse e variabili, anche se tutti ritenevano che c’entrasse in qualche modo la complicata circolazione oceanica. Venzeer e Rekchellet, come altri Crotoniti, avevano cercato di scoprire qualcosa di nuovo e di utile su Habranha per migliorare la propria immagine presso gli indigeni.