Выбрать главу

Il guaio era che non si sapeva con esattezza. I manometri non avevano una precisione millesimale a quel livello di valori. I sensi di Bill erano limitati. I rilevamenti acustici erano del tutto inattendibili a causa dei vasti strati assorbenti e riflettenti di limo e plancton, e del labirinto di correnti termiche. Il globo di luce che permetteva a Rekchellet di vedere per alcune decine di metri attorno al Compromesso era una prigione, e l’abitacolo trasparente in cui trascorreva gran parte del proprio tempo era una seconda prigione, ancor più angusta. Volare era necessario di tanto in tanto, ma non era un grande sollievo. Non era volo vero, quello… no, dal momento che perfino gli Erthumoi ci riuscivano con quei loro arti ridicoli. Le alette artificiali — pinne — che portavano all’estremità delle loro appendici di deambulazione non contavano. Rekchellet si sentiva frustrato e irritato.

William era felice. Stava facendo qualcosa di nuovo e di utile in un campo che gli era sempre piaciuto. Al pari di Hugh, era abbastanza intelligente da avere paura, ma al pari di Hugh sapeva affrontare il pericolo con filosofia. Era il più calmo del gruppo, il che era prevedibile; era quello che aveva maggiore familiarità con la situazione.

Quindi era meno vigile di Janice. Si accorse per primo del pericolo solo perché il fenomeno influì su qualcosa che lo riguardava direttamente.

Notò tutt’a un tratto che muoveva le ali con maggiore difficoltà.

Quasi nello stesso istante, si rese conto che si stava formando della carica elettrica agli snodi dello scafandro, escluse le cerniere alari dove il movimento era costante. William era un subacqueo esperto, e quasi istintivamente agitò gli arti di manipolazione e piegò il corpo per controllare tutti gli snodi. La carica che stava accumulandosi scomparve… un breve flusso di corrente che William sentì. Avvertì anche una specie di lieve scricchiolio, come se ci fosse della polvere fine negli snodi. Non perse altro tempo, e nuotò frettoloso verso il Compromesso, lanciando un avvertimento.

— Venzeer! Hugh! Janice! Rientrare, presto!

I due Erthumoi obbedirono senza fare domande. Venzeer si girò in direzione del mezzo subacqueo, non vide nulla di strano, e replicò: — Qual è il problema? Cos’hai rilevato?

— Ghiaccio, penso. Muovi bene le ali?

— Mai mosse bene, quaggiù. Tutto normale, mi sembra.

— Rientra comunque, mentre controlliamo. Rek, leggi il termometro.

L’artista guardò il quadro strumenti e comunicò una cifra che giunse agli ascoltatori erthumoi come «due-quarantanove».

Janice confrontò l’informazione con i dati di fase imparati a memoria. Due gradi Kelvin sotto il punto di congelamento dell’acqua pura a questa pressione, pensò. L’acqua è tutt’altro che pura, però; dovrebbero esserci parecchia ammoniaca e una quantità notevole di altri soluti. Non dovrebbe esserci ghiaccio, non ancora. Non poteva parlare, naturalmente, con il fluido d’immersione nelle corde vocali, ma compose un conciso «Perché?» col trasmettitore-codificatore.

— Prima rientrate tutti, discuteremo dopo della parte teorica — replicò l’indigeno. — Se la situazione si complica, dobbiamo affrontarla compatti.

— C’è qualcosa che appanna lo scafo — riferì Rekchellet. — Non riesco a distinguervi bene, adesso. Venz, non ti vedo affatto. Dove sei?

— Stesso livello… circa sessanta metri… dritto dietro il sommergibile, quasi. Sto rientrando, ma muovere le ali sta diventando un problema. Meglio rallentare o arrestare il mezzo finché non arrivo.

— D’accordo. Hugh? William? Janice? Qualche difficoltà di rientro?

— A bordo, io… agganciato — rispose l’indigeno.

— Dieci metri — comunicò Hugh. — Nessun problema. Si nuota facilmente.

— Difficoltà visive? — chiese Rekchellet.

— Nessuna, a parte la luce scarsa.

— Si sta formando de! ghiaccio sugli elementi più piccoli dello scafo — annunciò Bill. — Non riesco a distinguere il tipo… i cristalli stanno crescendo rapidamente e non sono abbastanza grandi da permettere l’identificazione. Guardatevi attorno, tutti… guardate le parti dello scafo che dovrebbero raffreddarsi lentamente… gli elementi strutturali più grandi, gli involucri protettivi del motore, e via dicendo. Se qualcuno riesce a vedere se è ghiaccio esagonale o di qualche altro tipo, mi informi subito!

— Perché? — domandò Hugh. — Perché non cercare acqua più calda?

— È importante sa… — L’Habra fu interrotto.

— Sono ancora a dieci metri e ho le ali quasi bloccate — comunicò Venzeer. — Mi sembra anche di essere più pesante. Stento a mantenermi a livello del mezzo. C’è una sostanza bianca che mi copre interamente le ali, uno strato sempre più spesso.

— Non è più necessario che osserviate i cristalli — comunicò subito l’indigeno. — È ghiaccio medio. Dovremo salire per liberarcene, ma non troppo altrimenti avremo invece ghiaccio basso. Sta aumentando pure sul sommergibile. Rekchellet, inverti la rotta, in modo che possiamo raggiungere Venzeer e farlo salire a bordo prima che affondi troppo. Non sono vicino ai comandi principali. Se saremo costretti a scendere per seguirlo, il ghiaccio diventerà più spesso e pesante con l’aumento della pressione, e rischieremo di rimanere bloccati anche noi.

— Ma non vedo all’esterno, adesso. Come faccio a recuperarlo?

— Non c’è ghiaccio su di noi. Vi aiuteremo. — Era di nuovo il codificatore di Hugh. — Che succede, Bill? Sembra che tu conosca bene la situazione, ma non ci hai avvertiti di nulla.

— Prima pensiamo alle cose più importanti… Rek, avanti piano, e gira… a sinistra, è meglio. Bene. Alza un po’ la prua, stai scendendo… l’inclinazione è minima, ma non dobbiamo assolutamente abbassarci, a meno che non siamo costretti a farlo per non perdere Venz. Ecco, così va bene… Hugh, anche le mie percezioni sono molto limitate, adesso… si sta formando del ghiaccio sulle luci, e la carica corporea mi disorienta. Non sei ancora vicino a Venz?

— Ci sono… gli ho preso un’ala…

— Io, l’altra ala — annunciò Janice. — Continuate a girare… così… dritto… dritto… un po’ a destra… dritto… un po’ in basso, stiamo scendendo… quasi… ancora… ecco! Sono aggrappata allo scafo. Ha le ali aperte, ghiacciate. Dobbiamo spostarci un po’ verso poppa per entrare… aspettate… ecco, siamo al sicuro.

— Siete dentro? Bene. Rekchellet, portaci su, molto lentamente. Con un po’ di fortuna, cioè se non siamo troppo vicini all’Oceano Solido, dovremmo liberarci del ghiaccio in questo modo. Inizia la manovra; tra un attimo, prenderò io i comandi.

— Perché su’? Che è successo? Una spiegazione! — La veemenza della richiesta di Hugh non si smorzò nemmeno attraverso il codificatore.

Bill rispose calmo. — Non sono sicuro di avere ragione. Ho detto che avremo bisogno di un po’ di fortuna. Ci sono molti tipi di ghiaccio… Ecco, ora guido io, Rek… Il ghiaccio che si trova in superficie e in prossimità della superficie è meno denso dell’acqua liquida, quindi galleggia. Terra comune. Sarebbe meglio dire che galleggia se non contiene troppo fango, e che è terra se ne contiene abbastanza. A profondità medie troviamo un altro tipo di ghiaccio, e molto più in basso un terzo tipo. L’ultimo tipo è durissimo da sciogliere alle massime profondità, ed entrambi sono più densi dell’acqua liquida.