«A questa profondità, siamo vicini al limite tra i primi due tipi, e dovevo sapere che tipo di ghiaccio si stesse formando per stabilire se fosse necessario salire o scendere. Se fosse stato ghiaccio alto e fossimo saliti, con la diminuzione della pressione il suo punto di fusione sarebbe aumentato e su di noi se ne sarebbe accumulato sempre di più, e alla fine avremmo raggiunto la superficie, o più probabilmente avremmo toccato il fondo di un banco di ghiaccio, al centro di un iceberg di discrete dimensioni senza alcuna possibilità di uscirne, dato che non saremmo stati in grado di muoverci. Noi, non solo il sommergibile. Se fosse stato ghiaccio medio e fossimo scesi, l’aumento di pressione avrebbe innalzato il suo punto di fusione e anche in questo caso avremmo formato il centro di un grosso iceberg, questa volta sul fondo o sulla piattaforma glaciale sottomarina, se esiste. Dovrebbe esistere, dato che il ghiaccio si spinge per un tratto considerevole verso l’anello sul fondo. Prima di arrivare là, la trasformazione del ghiaccio medio in ghiaccio di profondità avrebbe spaccato noi e il sommergibile, per il cambiamento non omogeneo di volume in momenti diversi.
«Quando Venzeer ha detto che si sentiva trascinare verso il basso, ho pensato che dovesse trattarsi di ghiaccio medio, ed è per questo che ho ordinato di salire. La diminuzione di pressione dovrebbe abbassare il punto di fusione e liberarci abbastanza presto.»
— A meno che non oltrepassiamo il limite — osservò Hugh. — Linea interfase… Giusto?
— Giusto — rispose calmo Bill. — Credevo fosse Janice ad avere tutte queste informazioni.
— Lei ha i numeri. Io sono come Rek… solo immagini.
— Pare che il ghiaccio stia scomparendo — annunciò Janice.
— Sì. Vedo di nuovo la punta delle mie ali — confermò con gioia Venzeer.
— Riesci a muoverle? — domandò Hugh, pratico.
— Non ancora. Meglio che continuiate a tenermi. — Il Crotonita si era aggrappato alla meglio a una parte del mezzo con le chele, che a differenza delle grandi ali non erano state completamente immobilizzate, ma i suoi soccorritori lo avevano sorretto per non lasciarlo in balia delle correnti che penetravano nello scafo aperto del Compromesso.
— Non preoccuparti — lo rassicurò Janice. — Ti stai sgelando. Perché niente ghiaccio addosso a Hugh e a me?
— Il vostro scafandro è a una temperatura maggiore — rispose Bill. — Pur producendo meno calore corporeo di noi volatili, essendo privi di ali avete una superficie di dispersione molto minore.
Naturalmente. Fisica elementare, rifletté Hugh. Molto più semplice del comportamento di fase dell’acqua. Contattò la moglie. — Jan, e i solventi? Ammoniaca praticamente ovunque…
— Non qui — l’interruppe Bill. — Mai incontrato acqua così pura, se non in laboratorio. C’è della vita, ma anche i microbi devono aver fame. Che facciamo, ora? Siamo tornati indietro di circa un chilometro, e qui c’è un po’ più caldo, quindi dovremmo liberarci del ghiaccio abbastanza in fretta… credo che adesso dovresti vedere l’esterno, Rek…
— Non c’è nulla da vedere, a parte il resto del sommergibile, ma pare che tu abbia ragione. Non sono riuscito a vedere Venz con le ali gelate. Come faccio a registrarlo?
— Potresti uscire a dare un’occhiata prima che Venz si sgeli del tutto, se pensi che sia tanto importante. Gli Erthumoi non hanno mai avuto problemi, dunque non ci sono grossi rischi.
— Io ho visto. Ti farò uno schizzo di Venz, dopo — comunicò Janice.
Bill tornò a pensare al loro compito. — Se non possiamo procedere e continuare con i rilevamenti, che ne sarà della missione?
— Parecchia energia — fece notare Hugh. — Sommergibile caldo?
— Secondo me, questo renderebbe inattendibile qualsiasi rilevamento — rispose lentamente l’Habra.
— Non più della nostra presenza. Anche i nostri corpi disperdevano calore nell’oceano — osservò Venzeer. — Soprattutto il mio. Dobbiamo usare solo il calore necessario per impedire la formazione di ghiaccio.
— Ma in questo modo lasceremo dietro di noi una scia di acqua riscaldata. Basta un cambiamento di temperatura minimo per provocare instabilità convettiva. Ecco perché è tanto difficile calcolare la situazione meteorologica anche nell’aria.
— Nell’aria — sottolineò Hugh. — vp di scarsa entità nei liquidi. Espansione molto minore. Cambiamento di densità…
— Forse sarà così, però negli abissi abbiamo tempeste più violente che non nell’atmosfera — replicò Bill. — E la causa potrebbe essere proprio questa. Comunque, io sono disposto a provare se lo siete anche voi. Ma non manchiamo di controllare la quantità di energia immessa nei riscaldatori. Calcolare l’andamento di una perturbazione è già abbastanza arduo anche con tutti i dati.
— Calcolo impossibile — dichiarò Janice. — Situazione caotica.
— Non c’è nulla di fondamentalmente impossibile — ribatté l’indigeno. — Ma ammetto che è una cosa ben oltre le nostre capacità attuali.
— Impossibile — ripeté la donna. — La meteorologia avrebbe dovuto portarvi alla teoria del caos… Forse necessarie anche piste di bowling… Comunque, andiamo. L’Oceano Solido dovrebbe essere vicino.
— Perché? — chiese Rekchellet. — Non abbiamo nessun dato di superficie. Il ghiacciaio superiore si estende nell’emisfero diurno molto più in là dell’Oceano Solido, che dopo tutto è solo una teoria che stiamo verificando, però nessuno sa quale sia la differenza di estensione… e anche se la conoscessimo, non sappiamo che tratto abbiamo percorso sotto la banchisa. Certo, c’è un riflesso acustico che proviene a quanto pare da una superficie più o meno verticale davanti a noi, ma è impossibile stabilire se sia a dieci o a cinquanta chilometri, o anche se sia solida. Su cosa basi la tua ipotesi?
— La purezza dell’acqua. L’ha detto Bill. Dovrebbe essere acqua di disgelo formatasi di recente.
— Un’ipotesi valida — convenne l’indigeno. — Noi alati faremmo meglio a restare vicino al sommergibile o a bordo. Voialtri non ghiacciate così facilmente, e potete volare davanti a noi, compiendo i rilevamenti mentre procedete. Non allontanatevi troppo, però. È sempre possibile prevedere i fenomeni d’instabilità, qualunque cosa dica la vostra teoria del caos, ma non posso sempre calcolarli mentalmente, e non sono affatto sicuro di riuscire a percepirli. Tenete presente che qualche minuto fa sono stato colto di sorpresa.
— Perché non stavi pensando a quello! — obiettò Rekchellet.
— Avrei dovuto pensarci. Il fatto è che questa è una ricerca e, se sapessimo quello che probabilmente accadrà, la nostra presenza qui sarebbe superflua. Vi raccomando la massima prudenza, Erthumoi. So che siete capaci di volare, però stento a credere che i vostri arti siano davvero efficienti. Vi consiglio di usare dei cavi di sicurezza; ne abbiamo a bordo.
— Di che lunghezza? — chiese Hugh.
— Circa duecento metri. Non dovreste spingervi neppure a una distanza del genere, comunque, dato che la luce del sommergibile non vi consentirà di vedere in modo chiaro così lontano… la vista è il vostro unico senso utile, qui.
— Abbiamo delle luci — fece notare Hugh.
— Certo. Usatele. Io però userei ugualmente i cavi di sicurezza ed eviterei di allontanarmi troppo. Ecco… attaccatevi.
Hugh e Janice obbedirono, essendo creature assennate. Il Compromesso riprese il viaggio a velocità bassissima, preceduto dagli Erthumoi. Bill era ancora nella gabbia di pilotaggio, guidando il mezzo subacqueo. Rekchellet schizzò i due esploratori che svanirono a poco a poco in lontananza, ognuno spostato leggermente di lato… se non si fossero spostati lateralmente, sarebbero stati nascosti dai serbatoi del fango di prora posti davanti all’abitacolo sferico, e forse solo i sensi elettrici dell’Habra sarebbero riusciti a individuarli. A un certo punto, il Crotonita non vide altro che un tratto dei due cavi di sicurezza, che erano stati attaccati a elementi del telaio vicino alle sfere, non alla prua.