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La squadra esplorativa si tenne in contatto via codice; il suono, perfino il codice, si propagava bene nell’acqua, e tutti gli scafandri tranne quello di Bill avevano rivestimenti speciali come adattatori d’impedenza per risolvere il problema dell’interfaccia. L’indigeno aveva il proprio convertitore suono-radio, e aveva imparato il codice nelle settimane in cui era stato allestito il Compromesso. Per qualche tempo, l’unico messaggio che giunse dagli esploratori fu: «Niente di nuovo». Bill comunicò con pari regolarità che l’acqua era ancora purissima.

Poi, all’improvviso, un avvertimento da parte di Janice. — Turbolenza! Attenzione, Hugh e Bill. Mi ha quasi spezzato il cavo!

— Nulla qui — trasmise suo marito. — Hai… no… Solo locale… se… — La comunicazione cessò.

— Perché locale? — chiese Janice.

— Non so. Forse… — I Crotoniti erano irritati dai simboli confusi, pur intuendone la causa. Bill non consentì loro di protestare, ammesso che intendessero farlo.

— Non è il momento di teorizzare! — intervenne l’indigeno. — Tornate verso il sommergibile. Rimanete ad appena una decina di metri di distanza, così potrete avvertirmi ma riuscirete anche a rientrare in fretta e a tenervi saldi se dovessimo incontrare una forte perturbazione.

— Non percepisci nulla? — chiese Hugh.

— No. L’acqua è troppo limpida e informe… ho notato che qualcosa distorceva le onde di calore dei vostri scafandri quando siete stati colpiti dai vortici, ma non prima. Restate qui vicino. Adesso sento della turbolenza, con lo scafo.

— Anch’io — asserì Rekchellet. — È bello. Sono mesi che non volo in un cumulo.

— Non sarà affatto bello se lo scafo verrà sottoposto a sollecitazioni troppo intense — ribatté arcigno l’indigeno. — Sento che sta aumentando, adesso. Venite a bordo, Erthumoi, presto] Ho affrontato tempeste peggiori di questa, almeno stando a quanto sembra finora… ma non con dei membri dell’equipaggio all’esterno, e di solito sapevo cosa dovevo affrontare, ero in grado di valutare l’entità della perturbazione. — Janice e Hugh obbedirono senza discutere. L’Habra continuò. — Si prosegue, immagino… Rek, registra tutti i dati che riesci a ricavare dai tuoi strumenti. Lascia perdere il disegno, puoi scrivere. Prendi degli appunti, e salvali. Stiamo…

— Jan! Il cavo! — Hugh interruppe gli ordini del pilota. — Bill! A destra!

Hugh e la moglie avevano obbedito al comando iniziale di tornare verso il sommergibile, ed erano davanti alla prua, a una ventina di metri; la donna a destra, Hugh a sinistra. All’improvviso era apparsa una cosa in lontananza: un imbuto bianco e sottile simile a un tornado che turbinava nell’oscurità di fronte. Prima che il vortice li raggiungesse, qualcosa aveva spinto Janice in avanti, a destra, e un po’ verso il basso. Hugh cercò di afferrare la moglie, ma la donna passò a una dozzina di metri da lui. Entrambi avevano avvolto i cavi rientrando, ma Janice era stata più lenta, ed era stata spaventata dall’assalto improvviso della corrente. Alcuni giri di corda le sfuggirono di mano.

Mentre entrava nel vortice e veniva trascinato via con Janice, Hugh sentì che il proprio cavo di sicurezza si tendeva, e lo lasciò scivolare piano nella mano guantata per evitare uno strappo troppo brusco. Muovendo le pinne, avanzò di due metri… quattro… sei, svolgendo di nuovo la fune dietro di sé; poi riuscì a raggiungere il cavo della moglie. Lo afferrò e cominciò ad avvolgerlo attorno a un braccio quante più volte possibile. Janice stava ancora arrotolandolo all’altro capo.

Lo strappo più violento si avvertì nel tratto di fune tra loro, ma entrambi reagirono nel modo giusto, stendendo lentamente il braccio con cui tenevano il cavo per attutire il colpo. Per il momento sembrava che non ci fosse alcun pericolo; erano attaccati l’un l’altro, e uniti al Compromesso.

Cominciarono ad avanzare insieme lungo il cavo di sicurezza di Janice. Questo impedì a Hugh di badare al proprio, e il cavo si tese all’improvviso, prima che lui raggiungesse la moglie. Hugh allentò subito la stretta, ma in quegli attimi di disattenzione il cavo gli si era attorcigliato attorno alla caviglia sinistra. Il bordo sporgente di polimero dello snodo — lo scafandro non aveva parti metalliche, per via dei problemi sensori degli Habra — non era proprio affilato, ma purtroppo era abbastanza tagliente. Ora, solo la fune di Janice li univa al sommergibile.

La donna raggiunse il marito alcuni secondi dopo, e riavvolse la corda con la massima cautela. Hugh si tenne aggrappato al suo scafandro e cercò di non intralciarla; avrebbe voluto legarsi a lei col pezzo di cavo rimastogli, ma non osava staccare neppure una mano dalla tuta della moglie. Il vortice si calmò momentaneamente, e Janice si avvicinò al mezzo subacqueo trainando Hugh. Bill percepiva in modo vago la loro posizione e li aiutò, abbassando la prua del Compromesso e spostandola verso destra. Erano ormai a breve distanza da un appiglio sicuro quando un altro vortice sballottò il sommergibile.

La prua si allontanò con uno scarto improvviso. Janice reagì con la prontezza necessaria, salvando il cavo, e ricominciò a riavvolgerlo. Poi si accorse che Hugh era stato sbalzato via — in realtà, aveva lasciato la presa per afferrare lo scafo — e allora lasciò che la fune si srotolasse e cominciò a nuotare verso di lui agitando freneticamente le gambe. La turbolenza sballottò Hugh ora in una direzione ora in quella opposta… su, giù, a destra, a sinistra. Anche lui stava nuotando con quanta forza aveva in corpo, ma sembrava che i mulinelli stessero cercando deliberatamente di tenerli separati.

Anche Bill era impegnato; stava sfruttando al massimo la sua abilità di pilota per controllare il Compromesso e farlo avvicinare a poco a poco agli esploratori in difficoltà. A un certo punto, emise una raffica di suoni radio incomprensibili quando il caso portò lo scafo vicinissimo a Hugh e l’Habra pensò che il pericolo fosse cessato, ma vide poi che l’uomo ignorava l’occasione favorevole e continuava a cercare di raggiungere la moglie. Seguirono delle parole intelligibili attraverso il traduttore crotonita.

— Idiota! Lei è ancora legata allo scafo! Lei non ha bisogno di aiuto!

Ma Hugh non era uscito completamente di senno. Alcuni istanti dopo, riuscì ad afferrare il cavo di sicurezza di Janice, e invece di andare verso di lei si spostò lungo la fune fino allo scafo. Lì, scivolò all’interno tra un paio di correnti orizzontali, si agganciò con le gambe ad altri tratti di tubatura, e solo allora cominciò a tendere piano la corda, quindi ad avvolgerla con cautela per recuperare la moglie, evitando strappi bruschi. Bill collaborò, guidando il Compromesso in direzione della donna, finché lei non si trovò che a qualche metro di distanza. Allora, temendo di avanzare troppo e provocare una collisione, l’indigeno arrestò il mezzo subacqueo. Gli Erthumoi andarono l’uno incontro all’altro lungo gli ultimi metri di cavo e si presero per mano. Un attimo dopo erano al sicuro a bordo, o almeno al sicuro nei limiti consentiti dalla struttura aperta dello scafo. Hugh non si rilassò finché non furono all’interno del serbatoio del fango che consideravano il loro abitacolo.

La voce di William era sempre calma. — Si prosegue, suppongo.

— Certo, ma niente esploratori all’esterno — rispose Janice.

Hugh si chiese se dovesse aggiungere qualche osservazione a proposito della velocità, ma decise di lasciare che fosse Bill a valutare la situazione e a regolarsi di conseguenza. Il Compromesso riprese il viaggio, tremando e sussultando mentre passava da una zona di turbolenza all’altra. Forse era una tempesta di scarsa intensità per l’indigeno, ma Janice stava domandandosi quali potessero essere gli effetti della chinetosi su un corpo erthumiano impregnato di liquido d’immersione. Lei e il marito, i caschi appena al di sopra dell’orlo del loro serbatoio, guardavano avanti come meglio potevano. C’era poco da vedere, se non qualche sporadico turbine di polvere bianca quando si formava brevemente del ghiaccio nei punti dei vortici dove la pressione era maggiore o minore. A volte il biancore svaniva quasi subito; a volte nubi candide sempre più gonfie salivano o scendevano a seconda della densità del ghiaccio formatosi. Janice si chiese se l’amico habra pensasse davvero che fosse possibile calcolare e prevedere fenomeni del genere. Si chiese inoltre quando avrebbero raggiunto l’Oceano Solido… e come sarebbe stato l’impatto.