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— Era la procedura normale. Entrambe le sfere vuote… era l’assetto standard.

— Sono stato stupido comunque. Questa non è una situazione normale. Abbiamo smesso di salire?

— Sì. Decisamente. Stiamo scendendo… lentamente, ma stiamo scendendo. Ora dobbiamo solo trovare gli altri.

— Non dovrebbe essere difficile. Venz, ci senti, vero?

— Sì, appena appena — fu la risposta.

— Riesci a distinguere da quale direzione provengono le nostre voci?

— Non molto bene. Sento che grosso modo provengono dall’alto, e basta. Nell’acqua il suono si propaga troppo velocemente; le onde acustiche devono colpire un’ala prima dell’altra perché noi possiamo individuare la direzione precisa del suono. Quando parlate, non so da che parte stia andando il sommergibile. Sta a voi trovarmi.

— Ma nemmeno io so che direzione prendere, stando nella sfera.

— Allora quando raggiungerai il fondo… chiedo scusa, Janice, la piattaforma… dovrai uscire e ascoltare. Poi potrai dare a Bill le indicazioni necessarie… anzi, basta che tu gli dica di seguirti.

— Ma come faccio a uscire? Dovrei vuotare di nuovo la camera d’equilibrio, e cominceremmo a salire.

— Dovrai sbrigarti.

— Immagino di sì.

— Dunque i nostri guai sono finiti — esultò Venzeer. — Purché tu non diventi sordo prima di toccare il fondo.

— Le mie ali non sono certo inferiori alle tue — ribatté l’illustratore. — Avete trovato tutta la zavorra?

— Non abbiamo contato molto attentamente — rispose Hugh, senza pensare che quelle parole avrebbero messo in apprensione chi ascoltava. — C’erano cinquemila lingotti di rame da cento chili nei serbatoi, se ben ricordo. Venz ne ha trovati parecchi, una vera e propria montagna, prima che ci ricongiungessimo. I pochi che Jan e io avevamo trovato erano solo pezzi sparsi, isolati; non penso siano tanto importanti, comunque li abbiamo riportati nel mucchio principale. Continuate a scendere. Non potete esservi allontanati molto, lateralmente.

Una supposizione che si rivelò ottimistica. Il mezzo subacqueo si era allontanato a tal punto che neppure le sue luci erano visibili, e si posò bruscamente sulla superficie compatta della piattaforma senza essere stato avvistato da chi osservava dal basso. Sembrava ghiaccio scuro, duro, semitrasparente, piano, per quel che era in grado di dire Bill, molto diverso dalla parete del rilievo urtata in precedenza dal Compromesso. C’era parecchia vegetazione, che in parte stava disintegrandosi, gorgogliando e ribollendo violentemente nei punti in cui veniva schiacciata dal sommergibile. Presumibilmente l’azotidrato e gli enzimi, fuorusciti e venuti a contatto in seguito alla rottura delle membrane cellulari e degli organelli, stavano reagendo per dare azoto libero… una delle concause note delle tempeste in altre regioni oceaniche. Le bolle svanivano quasi subito, via via che il gas si raffreddava ed entrava in soluzione a duemila atmosfere di pressione.

Rekchellet non vide nulla di tutto ciò, dal momento che la sua sfera era ancora gelata, e Bill non vi fece caso; non era nulla di insolito per lui. Venzeer udì brevemente quel gorgogliare rabbioso, poi ascoltando con maggiore attenzione sentì i propulsori del sommergibile.

— Siete giù? — chiese.

— Sì — rispose Rekchellet. — Non vedete le nostre luci, immagino. Uscirò. Bill, dovrò vuotare la camera d’equilibrio, quindi per un paio di minuti probabilmente non potrai tenere il sommergibile sul fondo.

— Non importa. Perfino gli Erthumoi udirono il rumore del mare che si riversava nella sfera, ma dentro gli scafandri non riuscirono a distinguere la direzione del suono. Venzeer la individuò con sicurezza, e indicò ai compagni da che parte dovevano guardare.

— Sono fuori — annunciò infine l’artista crotonita. — Fate qualche rumore.

Venzeer cominciò a parlare. Hugh prese un lingotto di rame e lo lasciò cadere su un altro lingotto. Rekchellet sentì entrambi i suoni, ma riferì che il secondo era molto più chiaro.

— Distingui la direzione? — chiese pratico il suo compagno. Ci fu una pausa; Hugh, senza istruzioni, continuò la trasmissione percussiva metallo— contro-metallo.

— Da questa parte, credo, Bill. — Rekchellet si staccò dal sommergibile nuotando lentamente.

— Come, credi? — sbottò Venzeer.

— Ho sempre la sensazione che potreste essere dietro di me invece che davanti. Prima sono sicuro di sapere in che direzione vi trovate, un attimo dopo sono convinto del contrario.

— Senti o vedi qualche corrente? — domandò Janice.

— Certo. Basta osservare le piante. Se smetto di nuotare, vengo trasportato, mi muovo rispetto alle piante. Le piante si piegano, inoltre.

— Rispetto a voi, ti sembra che siamo a monte o a valle?

— A monte, controcorrente.

— Questo quadra. Prima, mentre eravate lontani, sarete stati trasportati lungo la corrente.

Rekchellet fu colpito da quell’osservazione; Bill, no. — È assurdo basarsi sulle correnti, pensare che possano mantenere una direzione costante per qualsiasi periodo di tempo — ribatté l’indigeno.

Janice aveva già espresso il proprio punto di vista sulla natura caotica del clima di Habranha e non se la sentiva di contraddire la voce dell’esperienza, ma suo marito diede quello che sembrava l’unico consiglio ragionevole.

— Procedi nella direzione che stai seguendo, e facci sapere se le correnti cambiano. Io continuerò a battere.

Il viaggio continuò per una buona mezz’ora. La corrente — Bill confessò il proprio stupore — rimase costante. Procedevano lentamente, a una velocità molto più bassa di quella a cui avrebbe potuto volare Rekchellet, perché non era affatto facile per Bill governare il sommergibile; la propulsione principale doveva essere usata perlopiù per tenere il mezzo in prossimità del fondo, anche con la sfera d’equilibrio piena d’acqua; e dato che il modulo propulsore era fisso, il Compromesso doveva viaggiare quasi con la prua in giù. Una volta Rekchellet riferì che il rumore guida stava diventando più debole, ma dopo qualche discussione si appurò che dipendeva da Hugh, che stava stancandosi e lasciava cadere il lingotto da un’altezza minore. Hugh e la moglie standardizzarono la distanza di caduta e si diedero il cambio regolarmente, e Rekchellet e il sommergibile continuarono ad avanzare.

Venzeer e i compagni tesero lo sguardo nella direzione da cui, secondo quanto affermato prima dal Crotonita, giungeva il rumore del propulsore, finché Hugh non notò che quella era anche la direzione da cui proveniva la corrente e lo fece notare dopo avere esitato un poco. Allora rivolsero la loro attenzione in ambo le direzioni, finché non apparve un lieve chiarore… a valle. Nessuno parlò dell’ambiguità direzionale del suono, anche se un Crotonita non si era sbagliato. Il tatto era ancora di rigore.

— L’avevo detto che le mie ali funzionavano benissimo — fu l’unico commento, fatto dall’artista-registratore, mentre Bill arrestava il sommergibile avvicinandosi il più possibile al cumulo di lingotti. Venzeer non disse nulla.

Ma le ali di Rekchellet non erano per niente adatte a qualcos’altro. Né quelle di Venzeer né quelle di Bill. Nessuno di loro riusciva a sollevare un lingotto da solo, e le varie imbracature di corda improvvisate per consentire ai Crotoniti di lavorare insieme si rivelarono molto scomode. Una massa di rame di cento chili, sott’acqua, alla gravità habra, pesava poco più di quindici chili. I volatili trasportarono alcune centinaia di lingotti, ma il resto fu portato dal mucchio ai serbatoi dai membri della squadra privi di ali. Un peso di quindici chili non era indifferente per un paio di gambe erthumiane quando dovevano muovere delle pinne, ma data la struttura di un sommergibile habra non era necessario nuotare. Ci si poteva arrampicare molto facilmente.

Fu un lavoro di parecchi giorni, e marito e moglie erano esausti alla fine. Non fecero tante obiezioni quando Bill dispiaciuto fece notare che era impossibile raggiungere l’Oceano Solido con un solo propulsore principale. Avrebbero dovuto ritentare.