Si astennero anche da qualsiasi commento sull’abilità di volo relativa.
Janice apprezzava tuttora i Crotoniti, e perfino suo marito ammise che gli alati avevano sopportato bene la propria dimostrazione di incapacità personale, anche se la cosa sicuramente non li aveva rallegrati. O anche se sicuramente non erano davvero riconoscenti per quello che gli Erthumoi avevano fatto per loro, aggiunse in seguito Hugh.
— Perché dovrebbero essere riconoscenti? — chiese sua moglie. — Noi terricoli stavamo salvando anche le nostre vite.
3. Intervallo
Hugh li considerava comunque ingrati, e provò perfino a convincere la moglie, finché non tornarono nell’atmosfera e poterono parlare di nuovo normalmente. Un giorno dopo essersi liberati del fluido d’immersione, rinvigoriti da un adeguato riposo, s’incontrarono con Bill e i Crotoniti per una riunione di programmazione del viaggio successivo. Hugh si aspettava che i Crotoniti dicessero che non volevano Erthumoi con loro. Sapeva che una reazione del genere sarebbe stata illogica, ma giudicava ancora i Crotoniti degli esseri illogici; in fin dei conti, avevano una scarsa opinione di chi non era in grado di volare, no?
Venzeer e il suo compagno li accolsero cordialmente, invece, al che Hugh si chiese cosa stessero nascondendo. La discussione durò parecchie ore e riguardò la riprogettazione dei coperchi dei serbatoi per la zavorra, metodi di fissaggio dei singoli lingotti, e altri argomenti assolutamente pertinenti. Venzeer disse anche che ci si poteva aspettare qualche progresso nella creazione di un fluido d’immersione per i Crotoniti. Tuttavia, si stabilì di comune accordo che non bisognava attendere che fosse pronto.
La riunione terminò con molti punti definiti, e l’impegno di riprenderla il giorno successivo. Mentre si congedavano, Rekchellet porse a Janice un foglio di registrazione.
— Ho pensato che valesse la pena di salvarla — disse.
La coppia erthuma guardò l’immagine, senza dubbio una registrazione proveniente dal blocco da disegno di Rekchellet. Per un attimo, marito e moglie non notarono nulla di speciale; era uno schizzo ben fatto di due Erthumoi, con i volti di Hugh e Janice facilmente riconoscibili. Non era la registrazione di qualche particolare del viaggio che loro ricordassero, anche se sullo sfondo apparivano il Compromesso e delle creature volanti che avrebbero potuto essere William e i Crotoniti. Le figure degli Erthumoi, comunque, erano un po’ strane; indossavano degli indumenti simili a mantelli che né Hugh né Janice ricordavano di avere mai usato nei due viaggi, e neppure in altre occasioni da quando erano giunti su Habranha.
Janice fu la prima a rendersi conto che Rekchellet era un artista, non un semplice illustratore.
Gli indumenti non erano mantelli. Non erano nemmeno indumenti. Rekchellet aveva ritratto gli Erthumoi con le ali.
Karen Haber
L’ESSENZA DELLA VERITÀ
Titolo originale: The soul of Truth
— Consideriamo Platone.
Ph’shaq, il Cephalloniano più giovane, si voltò verso Ph’shik, l’anziana. Fu una rotazione lenta, come tutti i movimenti dei massicci Cephalloniani. Ma c’era spazio in abbondanza nella nave, c’era l’indispensabile acqua vitale, e — chissà, forse — c’era tempo. Ph’shaq non era del tutto convinto dell’esistenza del tempo lineare come qualcosa di più di una costruzione filosofica. Ma in gioventù si poteva sbagliare. Avrebbe corretto i suoi sistemi opinativi nel modo opportuno.
— Platone? — Ph’shaq rovistò la propria memoria frontale. — Non abbiamo parlato di Platone nell’ultimo incontro? Dobbiamo farlo ancora, così presto?
Ph’shik agitò placida una pinna. — Forse ti stai stancando dei filosofi erthuma, giovane. Potremmo passare ai Naxiani, immagino. Ma sono così vaghi. Non penso abbiano una vera filosofia. Solo idee singolari. Quanto ai Crotoniti, le loro convinzioni repellenti non sono degne di discussione, come abbiamo convenuto. I Locriani sono più adatti a una disamina: il Grande Occhio, l’Invisibile e Noto…
Ph’shaq rabbrividì con tutta la delicatezza di cui era capace un vertebrato acquatico di mezza tonnellata.
Le credenze locriane erano… be’, sconvolgenti.
— No. Per favore. I filosofi erthuma sono graditissimi. Se mi è consentito, però, confesso di avere una preferenza.
— Dilla.
Ph’shaq sentì un fremito di piacere nelle pinne vestigiali. Ph’shik era molto gentile a domandargli cosa preferisse. Raramente ai giovani veniva chiesto di esprimere le proprie opinioni prima che avessero superato i sette archi temporali. Ph’shaq era solo a metà del quinto. — Sartre, Nietzsche, Kierkegaard.
— Gli esistenzialisti? — Il tono di Ph’shik era benevolo. — Naturalmente. I giovani li prediligono sempre.
— Non solo quelli. A me piace anche Spencer.
— Sì, sì. «C’è un’essenza di bontà nelle cose malvagie ma in genere anche un’essenza di verità nelle cose erronee.» Notevole, eccellente. L’eterna ossessione erthuma per il bene e il male. La verità. Interessante. — Ph’shik emise una scia di bolle rosa per evidenziare la propria approvazione.
Imbaldanzito, Ph’shaq abbandonò l’abituale riserbo. — E anche Russel, Mishima, James e Santayana.
— Basta. — Ph’shik galleggiava apparentemente tranquilla, ma le sue emissioni erano sfumate di rosso cupo, indice di impazienza. — Tu vorresti discutere di tutto contemporaneamente: il significato della vita, il significato della morte, l’evoluzione, il pluralismo, la ragione. Ma consideriamo il concetto erthuma di bellezza.
Ph’shaq assunse la terza posizione reclina per mostrare che era pronto ad ascoltare e discutere.
— Per esempio — disse Ph’shik — cos’è la bellezza se non viene percepita direttamente?
— Se vuoi discutere della percezione, forse faremmo meglio a passare ai Locriani — disse Ph’shaq, riuscendo quasi a reprimere il brivido questa volta.
— Be’, potremmo ampliare l’argomento, approfondirlo. Forse in un secondo tempo. Il problema secondo me si pone in questi termini: si possono accettare le percezioni di un altro essere senza una prova visiva diretta? Imbarazzante, davvero imbarazzante. I Crotoniti, naturalmente, sono inflessibili su questo punto. I Naxiani un po’ meno. E chissà cosa pensano i Locriani? O che importa cosa pensano, in fondo? — Ph’shik fece un gesto lento e greve che equivaleva a un’alzata di spalle. — Si potrebbe sostenere, anzi si può affermare che la nascita delle grandi religioni è un esempio primario dell’accettazione della percezione di un altro essere senza prova diretta.
— Sì — convenne Ph’shaq. — Quella spaventosa vicenda del Cristianesimo di cui ho letto… Sorprendente.
— Esatto. Naturalmente, data la breve durata della vita erthuma e le percezioni limitate degli Erthumoi, è sorprendente il fatto che abbiano prodotto una loro filosofia.
— O una tecnologia.
Un robot erthuma entrò nella sala e nuotò verso di loro, diffondendo un alone distensivo con le sue luci azzurre. Sul dorso aveva un vassoio di leccornie.
— Ma stiamo divagando. — Ph’shik accettò un bocconcino dal robot e lo ingoiò aggraziata. — Ancor più curioso, questo forte culto erthuma della bellezza. Nelle loro banche dati ci sono riferimenti a leggendarie creature del passato: Lilith, Eva, Elena di Troia, Cleopatra. Tutte grandi bellezze.
— Non ho mai visto la bellezza — disse Ph’shaq. Le sue emissioni erano verde cupo, segno d’eccitazione. — Potremmo vedere queste famose creature erthuma, allora, per scoprire cosa significhi questa cosa chiamata bellezza?