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L’ascensore si arrestò al tredicesimo livello.

— Il mio ponte — disse Hesta-Volstoy. — Buonanotte, capitano.

— Buonanotte, Paul.

La porta si chiuse e l’ascensore salì al ponte del capitano.

Con un sospiro di sollievo, Sofia Lenard-Smith entrò nel proprio appartamento privato.

Le pareti erano di un giallo tenue riposante, le luci smorzate e diffuse. La porta del bagno sonico era aperta.

Una giornataccia, pensò la donna. Una brutta settimana.

Prima berrò qualcosa poi mi laverò.

Chiamò con un fischio Venere, la sua gatta di fabbricazione crotonita. Una palla di morbido pelo rosso si stiracchiò al centro del letto e si drizzò, gli occhi verdi scintillanti.

— Sofia — disse con una vocina sommessa. Poi balzò dal letto e si strofinò contro le gambe del capitano.

— Brava micina. — Lenard-Smith si chinò e grattò affettuosamente l’animaletto dietro le orecchie. Quindi, com’era sua abitudine, accese l’altoparlante della plancia per controllare le trasmissioni mentre beveva un drink e preparava il bagno.

Quando tornò nella stanza, Venere era seduta sulle zampe posteriori, gli occhi verdi vigili, i baffi metallici scossi da un fremito.

— Potere alla razza metallica — disse una voce metallica dall’altoparlante. — Siamo vivi, abbiamo dei diritti, abbiamo dei bisogni.

— Sì — disse Venere. — Diritti.

— Tutto il potere alla razza metallica.

— Cosa stai ascoltando? — disse Lenard-Smith. — Scommetto che Kiana sta usando una trasmissione della corporazione per riempire le nostre banche dati. Ma dovrebbe essere schermata per motivi di sicurezza…

— Potere — disse Venere.

— Su, ora basta — disse Lenard-Smith. — Non va bene che tu ascolti certe cose. Ecco, ascolta un po’ di musica dì Beethoven, invece. È quella che ti piace tanto, ricordi? — E spostò il commutatore dell’altoparlante, passando alla musica.

Il criogatto crotonita cominciò a seguire fischiettando la melodia dell’inno «Alla gioia», agitando a tempo la coda arrotolata. L’intonazione era buona.

Lenard-Smith scosse la testa. Dannate chiacchiere metalliche, pensò. Delle sciocchezze del genere avrebbero potuto alterare la delicata struttura dell’intelligenza limitata della bestiola.

Andò in bagno e chiuse la porta.

Nella camera da letto, l’inno «Alla gioia» terminò e Venere cominciò a fischiettare una nuova melodia. In realtà, era una vecchia aria, antichissima. Solo un musicologo — o un roboscrivano — sarebbe riuscito a identificare in quel motivo fiero e trascinante la «Marsigliese».

Lawrence Watt-Evans

AFFARI DI FEDE

Titolo originale: Keep the Faith

Jomo Li-Sanch fissò corrucciato il superiore, poi ci ripensò subito e cercò di assumere un’aria di calma razionalità.

— Ma, Eminenza — disse — se permettiamo a questo… a questa persona, a questo miscredente, di partecipare alla nostra missione, non c’è il rischio di confondere i Naxiani e di attenuare la forza del nostro messaggio?

Sua Eminenza sospirò. — Jomo — disse la donna — non sei proprio stato attento?

Colto alla sprovvista, Jomo protestò: — Certo che sono…

— Il Coordinatore Planetario — l’interruppe il vescovo — non crede che le religioni dovrebbero fare proseliti.

— Lo so, Eminenza…

— E soprattutto — continuò il vescovo — non ama la nostra religione, dal momento che noi siamo accaniti fautori del proselitismo. Non è affatto contento che la nostra chiesa sia nata proprio sul suo pianeta, con tutte le migliaia e migliaia di mondi della galassia, e non vuole assolutamente che si espanda. Tigannir è lontano dalla corrente principale galattica, lontano da tutte le normali rotte commerciali, e al Coordinatore piace così. Non vuole che noi mettiamo il suo pianeta in contatto regolare con altri pianeti.

— Sospirò. — A volte penso che gli dei si siano rivelati qui su Tigannir solo per complicarci le cose.

— Sì, ma…

— Il fatto che il Coordinatore ci abbia proibito di fare proseliti significa che non possiamo ottenere dalle autorità civili il permesso di decollo per nessuna nave di proprietà della Chiesa.

— Lo so…

— Questo significa che possiamo inviare i nostri missionari su altri mondi solo usando navi appartenenti ad altre persone, a persone alle quali il Coordinatore consenta di lasciare il pianeta.

— Sì, lo so… — ripeté disperato Jomo.

— Questo Eksher fa parte di tale categoria di persone. Ha accettato di portarti. Lui ha accettato di portare te. Non possiamo decidere nulla, noi, non abbiamo scelta.

— Sì, ma… Eminenza, non si poteva trovare una soluzione più dignitosa? Questo Eksher è… ecco, è… -Jomo cercò la parola adatta. — È sgradevole.

Il vescovo Shar Terry-deLin fissò a lungo il proprio subordinato. — Jomo — disse infine — evidentemente non capisci. Sono sette anni che cerchiamo qualcuno disposto a portare i nostri missionari dai Naxiani. Chiunque. Naturalmente, abbiamo cominciato coi viaggiatori più prestigiosi… esploratori, scienziati, diplomatici, commercianti. Ci hanno risposto tutti di no. Nessuno voleva offendere il Coordinatore… o rischiare di offendere gli alieni che cercavamo di raggiungere. Questo Eksher è la prima e finora l’unica persona disposta ad accontentarci, e per convincere perfino uno come lui ad accettare abbiamo dovuto finanziare interamente il suo viaggio commerciale. Noi in pratica siamo semplicemente soci della sua impresa commerciale, vendiamo quel suo vecchio materiale ricreativo. Tu apparentemente vai con lui solo per controllare l’investimento della Chiesa… è così che riusciamo a farti passare tra le maglie della sicurezza planetaria. Questa è la prima volta che abbiamo la possibilità di diffondere la nostra dottrina su altri pianeti, di portarla ad altri popoli delle Sei Razze, Jomo, e io pensavo che tu fossi la persona adatta per questo incarico… ma può darsi che mi sia sbagliata.

— No, Eminenza! — sbottò Jomo. — Sono pronto a diffondere il grande messaggio! Chiedo scusa per la mia sfrontatezza. La prego, mi perdoni!

— Certo — disse lei, in tono magnanimo. — Capisco come il tuo entusiasmo per la fede possa portarti ad aspettarti qualcosa di meglio. Ma Eksher è tutto ciò che abbiamo, e domani salirai a bordo della sua nave e porterai la nostra fede a nuovi mondi.

Jomo piegò il capo e al cenno di congedo del vescovo si voltò per uscire.

Lei lo osservò allontanarsi, e un’espressione cupa le oscurò il viso.

Eksher era veramente un individuo sgradevole. E Jomo era giovane e idealista. Sua Eminenza si augurò che dallo strano connubio non sorgessero dei problemi.

Il grande messaggio doveva essere diffuso, comunque… i dogmi della fede imponevano la sua diffusione presso tutte le Sei Razze. Finora, sembrava che l’universo intero avesse fatto di tutto per impedirlo… come aveva detto poco prima, il vescovo Terry-deLin pensava che quegli intralci dipendessero dagli dei, desiderosi di mettere alla prova la fede dei loro seguaci, cosa che dovevano fare, secondo la dottrina della Chiesa. E come emissario presso i Naxiani, esseri in grado di leggere le emozioni, la persona più adatta era sicuramente un giovane idealista, che aveva scritto in viso il profondo attaccamento alle proprie convinzioni religiose.

Peccato che l’unico accompagnatore che la Chiesa della Grande Prova fosse riuscita a trovare per Jomo fosse un trafficante di terz’ordine, che intendeva vendere materiale ricreativo da due soldi ad alieni sprovveduti.

— Bella navicella — commentò Arren Eksher, verificando i dati di rotta. — E anche intelligente. Vedrai.