Harriet s’aspettava di vedere un altro atterraggio perfetto, come quello di Majnoun, ma Lillà non era il tipo che faceva quanto ci si aspettava da lei.
Fece una virata stretta e scivolò lontano dalla spiaggia, fino a trovarsi molto al largo. Virò di nuovo, e prese una direzione che l’avrebbe certamente portata a fermarsi in grembo ad Harriet. Ma non avvenne.
Sempre al largo, si tuffò, perse aria e, davanti agli occhi attoniti di Harriet, abbandonò l’imbracatura tuffandosi a piedi in avanti nel mare. Le ali fiorite continuarono senza di lei, mancarono la carrozzella di Harriet di pochi centimetri e si fermarono gentilmente sulla spiaggia dietro di lei.
Harriet non riuscì a chiudere la bocca fino a quando i tre non furono usciti dall’acqua e l’ebbero spruzzata abbondantemente.
Majnoun stava ancora rimproverando Lillà per i suoi errori capitali: — Troppa faciloneria, corri stupidi rischi…
Lillà lo ignorò per sorridere a Harriet. — Dovevo fare qualcosa per darti il bentornata fra noi. — Guardò Wyss’huk e gli sorrise. — Ecco qui qualcosa di speciale per il tuo ospite d’eccezione… oops! — Venne trascinata in avanti dalle ali, che avevano cominciato a prendere vento, le strinse di nuovo, le controllò con infinita cura.
Wyss’huk disse: — Che il Suscitatore di Venti faccia volare le sue ali a qualcuno che le merita.
Harriet lo guardò, sorpresa. La scelta dell’imprecazione era tanto sorprendente quanto lo era stato l’atterraggio di Lillà. L’unica volta in cui aveva sentito una cosa del genere era rivolta a un Crotonita che, secondo gli standard dei suoi concittadini, non aveva messo la giusta cura nel lisciarsi le ali.
— Cos’ha detto? — chiese Majnoun.
— Anche lui pensa che sia troppo facilona. E convinto che abbia rischiato di rovinare le ali, facendo come ha fatto.
— Oh. — Majnoun guardò verso Lillà che, coi pollici alzati, gli faceva segno che le sue ali non erano danneggiate. Poi disse: — Sono più robuste di quanto appaiano. Lei le tiene in ottimo stato, e poi, di solito, non fa cose del genere.
Lo sguardo che rivolse a Harriet aveva in sé qualcosa in più della semplice ansia. — È più di un’occasione speciale averti fra noi di nuovo. Vuoi salire con noi e vederci partire?
Harriet guardò Wyss’huk. Lui non disse nulla, ma la bramosia che s’accendeva nei suoi occhi era ancora più accentuata. Si chiese se lui riusciva a vedere la stessa cosa nei suoi. Rispose per entrambi: — Certo. Siamo qui per questo.
Majnoun e Wyss’huk stavano seduti ai lati opposti di Harriet. Lei si mise a gareggiare con i mezzi degli altri, e vinse.
— Voglio mettermi anch’io un supplemento di potenza come il tuo — disse Lillà mentre smontava dal suo mezzo.
— Sempre se lo userai con la testa — disse Harriet — e non per fare qualche bravata.
Lillà scrollò la testa. — La mia non è stata una bravata. Ci ho lavorato a lungo e mi sono esercitata finché non ho capito che potevo farlo a dovere. Se non fossi stata nella posizione esatta per eseguirlo correttamente, avresti dovuto aspettare ancora un po’ prima di vedermelo fare.
Harriet inarcò un sopracciglio. Lillà si era certo aspettata quella domanda, perché si lanciò speditamente in una marea di descrizioni tecniche.
Quand’ebbe terminato, anche Majnoun stava annuendo. — Ritiro tutto — disse. — Ma Wyss’huk non ritirerà certo quello che ha detto. È troppo rischioso per le tue ali. — Strinse un poco le labbra ma non per disapprovare, solo perché era pensieroso. — Forse potremmo tentare di metterci una sorta di pastoia, perché tu possa guidare l’uccello a fare un atterraggio morbido. Lasciamici pensare.
— Lasciami volare mentre tu pensi — disse Lillà. Anche Isobel era arrivata, aveva scaricato il materiale ed era tornata verso la spiaggia. Tomas stava effettuando i controlli che precedono il volo sulla sua ala giallo vivo.
Majnoun rise. — Vai pure, Lillà. Io ho ancora qualcosa cui pensare.
Lillà si strinse nelle spalle, s’avvicinò all’orlo del dirupo, allargò il suo delta e si lanciò nell’aria, tutto con un unico, fluido movimento.
Il vento afferrò Harriet, le scompigliò i capelli. Le tornò tutto nel sangue di colpo, come se lei fosse al posto di Lillà in quel momento. Era un giorno perfetto per volare, tutti i suoi muscoli, persino quelli fantasma delle sue gambe, le ricordarono cosa fare. Anelava ad alzarsi, allargare le ali, e lanciarsi da dove stava seduta… Tomas si staccò dal bordo e volò via.
— Cosa ne dici, Wyss’huk? — chiese al Crotonita.
Ci volle un bel po’ prima che lui riuscisse a distogliere gli occhi da Lillà per guardarla. Le sue dita stringevano con tale forza il bracciolo della carrozzella che lei temeva che potesse spezzare qualcosa, magari anche le dita, o il braccio.
— Mi rendo conto che non sarà la stessa cosa — continuò Harriet. — Dovrà imparare un modo completamente diverso di volare, ma… — Non terminò la frase con le parole, ma lasciò che fossero i suoi occhi a proseguire, un lungo sguardo verso il mare, là dove Lillà e Tomas disegnavano con brillanti colori sul cielo.
Lui seguì quello sguardo. Lillà aveva trovato una corrente ascendente e salì, salì e salì, e il colore del suo delta svaniva per la distanza. Poi anche Tomas trovò la stessa corrente e si lanciò al suo inseguimento.
Wyss’huk si voltò bruscamente verso Harriet. Questa volta l’espressione del suo viso era pura furia. — Che tu venga fatta passare attraverso spazzole di ferro e che le tue ali si impregnino dì colla!
Anche quest’insulto venne riconosciuto da Harriet perché una volta aveva visto un Crotonita cui era stato fatto quello che le era stato augurato. Tre mesi dopo, la sua pelliccia era ancora impregnata di colla. Un Crotonita le aveva confidato che non solo quel trattamento condizionava il volo di una persona, ma che in più puzzava, almeno per un naso crotoniano.
— Tu pensi che volerei con ali artificiali? — Wyss’huk si stava scaldando al calor bianco, e questa volta parlava in nevelse. — Voi, striscianti Erthumoi, pensate di avere la tecnologia per fare qualsiasi cosa! Io usare un artificio per volare? — E alzò la mano armata di due artigli, che tenne bene estesi.
Involontariamente, Harriet si tirò indietro. Quel movimento le permise un’ampia visuale delle cicatrici che aveva sulla schiena. Dove una volta c’erano le ali.
— Le sue ali — disse. — Gliele hanno tolte coi denti?
Sapeva molto bene che non era così. Conosceva gli strumenti chirurgici crotoniti. Ma Wyss’huk venne costretto a una risposta difensiva: — Stupida lumaca! Hanno usato strumenti chirurgici…
— Esatto — disse Harriet. — Se loro possono usare strumenti — la sua pronuncia fece apparire la parola ancor più offensiva di quanto non fosse — per toglierla dal cielo, allora lei può usare un altro strumento per tornare nel luogo a cui appartiene.
— Lumacona — disse ancora lui. — Che tu possa incappare in un vuoto d’aria e venire scagliata contro gli AmmazzaGente. — Si trattava di una punta rocciosa di Pssstwhit, i cui venti capricciosi esigevano ogni anno un alto pedaggio alla popolazione del luogo.
Comunque, Wyss’huk non aveva ancora risposto alla sua domanda. Harriet seguì le sue ulteriori imprecazioni con scarsa attenzione. Non aveva intenzione di mollare. C’era solo una cosa su cui aveva abbandonato la lotta.
Ancora una volta, i suoi muscoli ricordarono. Tirati su, prendi la tua roba, e lasciati sollevare dal vento.
E le sue mani stavano già aprendo il pacco, stavano estraendo le sue ali. — Era mia intenzione — disse al crotoniano, interrompendolo a metà di un’altra accesa metafora su quelli che strisciano — di donarle queste. Ma Majnoun non vuole. — Guardò Majnoun, gli sorrise. — Grazie, amico mio. Puoi chiamare Isobel e chiederle di aspettarmi col suo gonfiabile?