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Mentre Xinseus riformava l’ala destra dopo il suo passaggio attraverso la fanteria daglawana, il fianco sinistro stava decimando la cavalleria nemica. Nello stesso tempo, le falangi della fanteria yempenita cominciarono a correre per avvantaggiarsi dello scompiglio che i loro compagni avevano portato nelle file nemiche.

— Ah — disse Globo Nero, soddisfatto.

— Come ci avevi promesso, Possente Yersoth — disse Daocan. — Anch’io avevo previsto la nostra vittoria.

— Se oggi Xinseus non completa la distruzione dei Daglawani, allora domani ci sarà ancora qualche scaramuccia. Domani sera ceneremo nella capitale di Daglawa.

— E tu allora potrai dare libero sfogo alla tua vendetta. Cosa farai di preciso?

Globo Nero emise un lungo, lungo sibilo. — Farò ciò che più mi piace. Non ho ancora fatto piani. Vedrò cosa mi stimola la fantasia.

Un lampo maligno passò nello sguardo di Daocan. — A Daglawa staranno tremando in questo momento. O dea, posso chiederti un favore?

— Prova a chiedere, creatura — rispose lui-lei. — Non ti garantisco niente.

Daocan fece una lunga pausa pensierosa. — Quando entreremo a Daglawa — disse infine — potrò avere una casa per me? Solo una casa. A Yempena non ne ho. Mi sembra giusto che il cucciolo della potente dea Yempena abbia una casa tutta per lui.

Globo Nero sibilò. — Sì, puoi avere una casa tutta tua — rispose lui-lei. — Ma cosa sta succedendo?

I due cunei della cavalleria yempenita si erano riformati alle spalle della prima linea dei Daglawani, e stavano attaccando le riserve, dove lentamente, a colpi di mazza e di lancia, si stavano aprendo la strada verso il centro, dove si trovava il generale daglawano circondato dalle sue guardie del corpo. Nello stesso istante, la fanteria e gli arcieri yempeniti stavano completando la distruzione di quanti erano rimasti in piedi della prima linea.

II combattimento proseguì per tutta la mattina, senza che il risultato finale venisse mai messo in dubbio. Quando Ksul raggiunse lo zenit, la battaglia era terminata. L’arida pianura era cosparsa dei cadaveri dei Daglawani oltre che degli Yempenesi che celebravano la vittoria mutilando e spogliando i nemici uccisi. Globo Nero stava pensando che quella era la visione più terribilmente affascinante che lui-lei avesse mai contemplato. — Guarda gli antropoidi — disse piano il Naxiano — e comprenderai il comportamento degli Erthumoi.

Molto più tardi, mentre la congestionata massa di Ksul, ora color rosso cupo, cominciava ad affondare all’orizzonte, il generale Xinseus guidò una folla di guerrieri yempeniti fino al padiglione di Globo Nero. Lui-lei si era ritirato nella sua navicella, e solo Daocan e due preti-schiavi erano rimasti nella tenda ad aspettare la folla. Il cucciolo di Globo Nero era accoccolato vicino a uno dei pioli che reggevano il padiglione, al quale era incatenato. Xinseus, ritto davanti ai suoi soldati, li guidò in una solenne preghiera di ringraziamento.

— Graziosa dea della Vittoria — gridò il generale — noi ti ringraziamo per averci mostrato la via della guerra. Ti ringraziamo inoltre per averci dato i mezzi per schiacciare i nostri nemici, per proteggere il tuo onore e le nostre case, adesso e nel futuro. Ora che abbiamo appreso quest’arte sanguinosa, non temeremo alcuna nazione fintantoché tu manterrai il tuo sguardo favorevole sui nostri figli in armi. Possente Yersoth, accetta i nostri ringraziamenti, il nostro amore e la nostra adorazione.

Seguì un momento di silenzio, poi i guerrieri assemblati cominciarono a cantare: — Yersoth! Yersoth! — Globo Nero poteva sentirli anche da dentro la navetta. Lui-lei era un po’ seccato che gli Yempeniti avessero fatto un lavoro così veloce contro i Daglawani. Forse sarebbe riuscito a indurli a un’altra guerra contro uno dei confinanti.

— Yersoth! Yersoth! Yersoth!

— Il canto sembrava non voler mai cessare; anzi, diventava sempre più forte ed entusiasta. Dopo alcuni minuti, Globo Nero pensò che sarebbe potuto essere divertente uscire e farsi adorare pubblicamente da quegli antropoidi.

Il Naxiano indossò di nuovo l’apparato respiratore e cominciò il ciclo di passaggio attraverso i vari sportelli stagni. Quando lui-lei apparve, l’entusiasmo salì ancora di tono. Dopo una vita da fuorilegge, scacciato da una colonia naxiana all’altra, Globo Nero si concedeva il piacere di impersonare il ruolo di un’adorata dea, anche se i suoi adoratori erano dei piccoli primati pelosi che avevano da poco ricevuto il dono della parola. Lui-lei non si faceva illusioni su quelle creature, perché c’erano decine di migliaia d’anni di sviluppo civile fra loro e il più primitivo degli Erthumoi. Eppure, questi Yempeniti erano il di lui-di lei popolo, e lui-lei si sentiva generoso nei loro confronti. Lui-lei avanzò lentamente dalla nave fino al padiglione d’onore.

— Yersoth! Yersoth! Yersoth! — cantavano gli antropoidi. Persino il corpulento Xinseus si univa al canto con entusiasmo. Tuttavia Globo Nero non poté fare a meno di notare che l’unico antropoide che non partecipava al tripudio generale era Daocan, il suo cucciolo.

— Popolo mio! — Lui-lei urlava al massimo consentito dal simultrad erthumiano. — Ti ringrazio per l’onore che mi fai!

— Noi ti ringraziamo per il favore che ci hai donato, Possente Yersoth — disse il generale Xinseus.

— Graziosa dea — disse un soldato che era stato ferito durante la battaglia.

Globo Nero allungò il mozzicone di una delle sue pinne sfrangiate verso la creatura sanguinante.

— Figlio mio — disse lui-lei.

— Figlio mio — mormorò Daocan sottovoce. Globo Nero lo guardò ma non disse nulla.

— Molti dei miei compagni sono caduti nella lotta contro gli idolatri daglawani — disse il ferito. — Io stesso ho sentito il morso delle loro lance. Eppure so che nessuno dei miei compagni rimpiange la propria morte, così come io faccio per le mie ferite, perché abbiamo imparato, ora e per sempre, come proteggere le nostre famiglie è le nostre case. Adesso le nostre case sono al sicuro per l’eternità grazie a quello che tu ci hai insegnato. Fra molti secoli tutto ciò diventerà mito e leggenda, e i nostri discendenti si chiederanno quanto di vero c’è. Io mi sento privilegiato di aver partecipato a questi eventi che ho visto coi miei occhi.

— Possente dea, non pensi che tutto ciò sia durato a sufficienza? — disse Daocan in tono acido. Era seduto in un angolo del padiglione, con la gamba sinistra incatenata a un piolo.

— Cosa vuoi dire, cucciolo? — chiese il Naxiano, con una velata minaccia nella voce.

— Voglio dire che molti di questi uomini sono stanchi, o feriti. Le celebrazioni potrebbero continuare domani.

Globo Nero fissò gli occhi gialli su di lui. — Che differenza comporta per te, che non hai mai combattuto?

Daocan si strinse nelle spalle.

Globo Nero si sistemò meglio sul tronetto. — Figli miei — disse lui-lei. — Daocan ha fatto una giusta osservazione. Oggi abbiamo combattuto una grande battaglia, e molti di voi abbisognano di riposo e di cure per le ferite ricevute. Domani mattina riceverò il generale Xinseus al quale darò le mie istruzioni per il futuro. Questa notte la dedicherò a pensare alle nostre future azioni. Se dobbiamo dirigerci subito alla capitale daglawana e ridurla in cenere, oppure se dobbiamo mostrare clemenza al loro esercito disfatto e tornare alle nostre case. Dormite bene, con la consapevolezza che vi benedico per il coraggio e la devozione dimostratimi.

— Yersoth! — gridò di nuovo l’esercito yempenita, a lungo. Infine gli stanchi guerrieri s’allontanarono dal padiglione del Naxiano e tornarono alle loro povere tende.