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— Ho capito il concetto. — C’era forse una traccia di rispetto nella sua voce? — Non è necessario che continui. La seguirò.

Lieta di quella conclusione, Laurice balzò in piedi e andò a prendere i bagagli. — Sarà meglio prendere le debite precauzioni — aggiunse.

— Uhm. Ho effettuato un esame. Le rocce qui attorno sono friabili. La terra rossiccia è un altro indizio. Questa regione è considerevolmente ricca di ferro e il Fusillus Ferruvorus si è dato da fare. Si tratta di un microbo che ricava la sua energia dall’ossidazione del ferro. Ne conseguono formazioni friabili, facilmente vuote al di sotto. Stia molto attenta dove il pendio è forte. Anche in piano c’è rischio di cadere in una buca nascosta da rami o detriti d’altro genere.

— Capisco. Uldor non mi ha mai accennato a questo microbo. Deve essere limitato a qualche zona, così forse non l’ha mai incontrato. Be’, è evidente che ho bisogno di averla con me. Abbiamo bisogno reciproco l’uno dell’altra.

Si infilarono in spalla i sacchi.

— Quel che è accaduto a Copperhue è evidente — disse Laurice.

— È scappato nel bosco, in salita. Un lyco l’ha seguito, ma solo per poco, perché i cespugli lo impacciavano più di quanto impacciassero il Naxiano e sembrava più facile uccidere le prede nella radura. Il rumore alle spalle di Coperhue e la ferocia che avvertiva l’hanno fatto scappare il più in fretta possibile, per quanto è concesso alla sua razza, il che vuol dire abbastanza veloce, e ha continuato a scappare a lungo. Anche i filosofi possono farsi prendere dal panico. Infine, dopo essersi calmato e riposato, ritengo, deve aver cercato di tornare indietro. Del resto dove avrebbe potuto andare altrimenti? Ma in una foresta fitta, una persona priva di esperienza può perdersi completamente a meno di un chilometro dal proprio obiettivo e allontanarsi sempre più senza neanche accorgersene. Questo è particolarmente facile su Venafer, dove non esistono ombre nette o corpi celesti o comunque punti di riferimento facilmente individuabili. Spero solo che Copperhue si sia reso conto che l’unica cosa sensata era di fermarsi e aspettare di essere ritrovato. Spero solo che sopravviva all’attesa.

I due entrarono nella foresta. Per qualche metro procedere non fu difficile. Laurice si infilava agilmente in mezzo agli alberi coperti di spine simili a ganci; con le braccia davanti al viso, allontanava i vimini, passava oltre e li lasciava andare adagio dando il tempo a Kristan di intercettarli prima che lo colpissero con forza. Poi la pista, fino a quel momento chiara per un occhio esercitato, si addentrò nel macchione che aveva sconfitto il lycosauroide. No, non si trattava di un boschetto, ma piuttosto di una vera e propria muraglia, troppo ampia per aggirarla e avere ancora qualche probabilità di ritrovare le peste dall’altra parte. Bisognava procedere piegati, a volte abbassandosi sulle mani e sulle ginocchia, aprendosi un varco a colpi di machete e facendo lunghe pause per individuare un altro rametto spezzato, gli alberelli ammaccati, le zolle di terreno smosse che contrassegnavano il punto in cui la paura era scomparsa. Stavano scendendo le tenebre e si sentiva un odore rancido. Il sudore ruscellava sulla pelle, si appiccicava agli abiti e puzzava, diventava appiccicoso col freddo sempre più pungente. Grida, gracchiamenti e sibili li schernivano da bocche invisibili.

Kristan imprecò. Laurice si stupì per la ricchezza del vocabolario. Doveva cercare di ricordare qualcuna di quelle frasi. L’uomo si interruppe bruscamente, segno evidente che si era ricordato della presenza di lei. Guardandosi alle spalle, Laurice lo vide dibattersi tra i rami. — Lo temevo — sospirò. — I pali della tenda prendono dentro dappertutto. Meglio sbarazzarsene. Anzi, butti via tutta quanta la tenda.

— Merdaio che no! — ringhiò Kristan, Aveva i capelli neri incollati alla fronte. — È la migliore… sa che cosa costa? E come siamo cronicamente a corto di fondi?

— Provi a programmare i suoi computer per metterglielo nel culo a quelli dell’amministrazione. — No, approccio sbagliato. Laurice fece uno sforzo per parlare gentilmente. — Quella tenda potrebbe farci perdere ore che non abbiamo a disposizione. La lasci. La recupereremo al ritorno.

— Be’, il mio sacco a pelo è impermeabile. E il suo? — chiese Kristan alleggerendosi del carico.

Quando si liberarono del boschetto, procedere non fu molto più veloce. A quella quota leggermente più alta, gli alberi crescevano più radi e il sottobosco era meno intricato. Ma questo voleva anche dire tratti di terreno o roccia nudi, dove si potevano perdere vari minuti per cercare di individuare le tracce. Il vento ruggiva più forte adesso, le foglie frusciavano e le nubi si rincorrevano basse e nere sopra di loro.

— Avrei pensato che il serpente sarebbe ritornato sulle proprie tracce — osservò a un tratto Kristan.

Laurice si impose di non risentirsi per il termine che l’uomo aveva usato. Anche lei in passato aveva commesso di tanto in tanto quel peccato. — Io non posso fare altro che cercare di scoprire da che parte è andato — gli ricordò. — Del resto che altro avrebbe potuto fare non conoscendo i posti?

— No, no… ha ragione. Che domanda stupida. Sono stanco e il cervello comincia a non funzionare più. Come fa lei a mantenersi in forma?

Laurice fu costretta a ridere. — E fragrante? Dopo aver scorrazzato nei boschi, si impara a dosare le proprie forze. O, almeno, è il nostro corpo che lo fa.

— È notevole come se la cava. Non mi sarei aspettato che l’esperienza su un pianeta sarebbe stata utile anche su altri.

— Oh, ci sono innumerevoli differenze, naturalmente, ma i principi generali sono gli stessi e le tecniche si possono sempre adattare. Quando ne ho accennato a Copperhue, è stato proprio questo a dargli l’idea di persuadermi a entrare a far parte della sua équipe per qualche anno.

Di colpo cadde il gelo. Laurice gli aveva ricordato quanto si fosse opposto a tutta la faccenda.

Le tracce deviarono. Copperhue evidentemente aveva notato di essere salito più in alto del campo e aveva cercato di ritornare in basso. Sfortunatamente, su quel terreno così irregolare non si trattava semplicemente di scegliere una direzione piuttosto dell’altra. Un controllo col radiofaro del velivolo mostrò che la direzione del sentiero da lui preso andava in generale in senso perpendicolare a quella che avrebbe dovuto prendere. Dopo un po’ la discesa divenne più brusca. Qui i batteri e l’erosione avevano reso sottile lo strato di terra, di modo che gli alberi si ergevano a distanza di tre o quattro metri e i knorrig contorti erano più frequenti degli spinati. Tra un albero e l’altro crescevano i grigi cespugli di tridente, e ovunque c’erano detriti di ogni genere, sassi e terriccio.

— A questo punto avrebbe dovuto capire di trovarsi sul percorso sbagliato — disse Kristan con voce rauca.

— Certo — convenne Laurice. — Ma sospetto che fosse terribilmente assetato e si fosse messo alla ricerca di un ruscello o comunque di qualche pozza d’acqua. — Loro avevano vuotato le borracce durante la marcia e le avevano riempite presso una sorgente che Laurice aveva trovato e che era sfuggita al Naxiano.