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"Dal momento che la ionosfera, come l'atmosfera che le sta sotto, è controllata dal sole, possiede anch'essa un suo clima. Durante i periodi di perturbazioni solari è traversata da tempeste, grandi quanto un pianeta, di particelle cariche, e il campo magnetico terrestre vi crea turbini e vortici. In simili occasioni non è più invisibile, si rivela nelle splendide cortine dell'aurora boreale, uno dei più stupefacenti spettacoli della natura, che illumina la fredda notte polare coi suoi bagliori incredibili.

"Anche ora non comprendiamo tutti i processi che si verificano nella ionosfera. Uno dei motivi per cui è risultato difficile studiarla è che tutti gli strumenti installati su missili e satelliti l'attraversano a migliaia di chilometri l'ora; non siamo mai riusciti a osservarla da fermi! Ora, per la prima volta, il progetto di costruire la Torre Orbitale ci offre la possibilità di sistemare osservatori 'immobili' nella ionosfera. È inoltre possibile che la Torre stessa modifichi le caratteristiche della ionosfera; anche se indubbiamente non la manderà in corto circuito, come ha ipotizzato il dottor Bickerstaff!

"Perché dovremmo studiare questa regione, adesso che non è più importante ai fini delle comunicazioni? Ebbene, a prescindere dalla sua bellezza, dalla stranezza e dall'interesse scientifico, il suo comportamento è strettamente legato a quello del sole, padrone dei nostri destini. Ora sappiamo che il sole 'non' è la stella immutabile, tranquilla, che credevano i nostri progenitori; attraversa fluttuazioni di lungo e breve periodo. Al momento sta ancora riemergendo dal cosiddetto Minimo 'Maunder' verificatosi tra il 1645 e il 1715; di conseguenza, oggi il clima è più mite di quanto non lo sia mai stato sin dall'inizio del Medio Evo. Ma quanto durerà questa fase? E, ancor più importante, quando inizierà l'inevitabile recessione, e quali effetti avrà sul clima, l'ambiente e ogni altro aspetto della civiltà umana, non solo su questo pianeta, ma anche sugli altri? Poiché anche loro sono figli del sole…

"Alcune teorie molto ingegnose sostengono che il sole stia entrando in un periodo d'instabilità, più generale di quanto sia mai accaduto in passato. Se è vero, abbiamo bisogno di ogni informazione che ci sia possibile raccogliere per prepararci. Persino il preavviso di un secolo potrebbe non essere sufficiente.

La ionosfera ha aiutato la nostra creazione; ha dato il via alla rivoluzione delle comunicazioni; potrebbe ancora essere determinante per buona parte del nostro futuro. È per questo che dobbiamo proseguire lo studio di questa ampia, turbolenta arena di forze solari ed elettriche; di questo misterioso luogo di tempeste silenziose."

39

Il sole ferito

L'ultima volta che Morgan aveva visto Dev, suo nipote era un bambino. Adesso era alle soglie dell'adolescenza; e al loro incontro successivo, di quel passo, sarebbe stato un uomo.

L'ingegnere provava un senso di colpa assai modesto. Negli ultimi due secoli i vincoli familiari si erano allentati; lui e sua sorella avevano poco in comune, a parte l'affinità genetica, Si scambiavano auguri e chiacchiere forse una mezza dozzina di volte l'anno, erano in ottimi rapporti, però lui non era nemmeno sicuro di dove e quando si fossero visti l'ultima volta.

Eppure, quando salutò quel ragazzo disinvolto e intelligente (niente affatto intimidito, a quanto pareva, dalla fama dello zio), Morgan provò una malinconia dolce-amara. Non aveva figli destinati a portare il nome di famiglia. Molto tempo prima, aveva compiuto la sua scelta fra il lavoro e la vita, scelta che ai massimi livelli dell'impegno umano diventa quasi inevitabile. In tre occasioni, senza contare la storia con Ingrid, avrebbe potuto scegliere una strada diversa; ma i casi della vita, o forse l'ambizione, l'avevano fatto desistere.

Conosceva benissimo i termini del contratto che aveva firmato, e li accettava; ormai era troppo tardi per protestare sulle clausole a caratteri minuscoli. Qualsiasi sciocco poteva trasmettere i propri geni, e quasi tutti lo facevano. Però, che la storia gli rendesse credito o meno, pochi uomini avrebbero potuto fare quello che lui aveva fatto e stava per fare.

Nelle ultime tre ore, Dev aveva visto del Capolinea Terrestre più di quanto non vedessero i soliti gruppi di VIP. Era penetrato nella montagna a livello del suolo, seguendo il percorso fino alla Stazione Sud, quasi completa; e gli erano stati mostrati i complessi per lo smistamento passeggeri e bagagli, il centro di controllo, l'enorme piattaforma girevole su cui le capsule in arrivo dai binari est e ovest sarebbero state trasferite ai binari in salita nord e sud. Aveva ammirato la colonna alta cinque chilometri (una gigantesca canna di pistola puntata contro le stelle, come già l'avevano definita sottovoce centinaia di giornalisti) lungo cui si sarebbero alzate e sarebbero discese le capsule. E le sue domande avevano distrutto tre guide, finché l'ultima, felicissima, l'aveva consegnato allo zio.

— Eccolo qui, Van — disse Warren Kingsley quando arrivarono, servendosi dell'ascensore ad alta velocità, alla cima tronca della montagna. — Portatelo via prima che mi rubi il lavoro.

— Non sapevo che fossi così bravo in queste faccende, Dev.

Il ragazzo parve offeso, e un tantino deluso. — Zio, non ti ricordi il Tecnomeccano numero dodici che mi hai regalato quando ho compiuto dieci anni?

— Certo, certo. Scherzavo. — (E, a dire il vero, non è che si fosse proprio scordato la scatola di costruzioni; gli era solo uscita di mente per un attimo.) — Non hai freddo, quassù? — A differenza di tutti gli adulti, il ragazzo aveva rifiutato il consueto termocappotto di stoffa leggera.

— No. Sto benissimo. Che tipo di jet è questo? Quand'è che aprirete la colonna? Posso toccare i nastri?

— Capisci cosa intendevo? — ridacchiò Kingsley.

— Uno: è il jet speciale dello sceicco Abdullah. Abbiamo ospite suo figlio Feisal. Due: non toglieremo la copertura finché la Torre raggiungerà la montagna ed entrerà nella colonna. Ci serve come piattaforma di lavoro e non lascia passare la pioggia. Tre: se vuoi puoi toccare i nastri… Non correre! A quest'altezza ti fa male.

— Ne dubito, a dodici anni — commentò Kingsley, mentre la schiena di Dev spariva in fretta. Loro due se la presero calma. Raggiunsero il ragazzo all'ancora del lato est.

Dev stava fissando, come già avevano fatto tante migliaia di ragazzi, il sottile nastro grigio che si alzava dal suolo e correva incontro al cielo in verticale. Il suo sguardo lo seguì su, su, su, fino a che la sua testa non poté più piegarsi all'indietro. Morgan e Kingsley non lo imitarono, anche se la tentazione, dopo tutti quegli anni, era ancora forte. E non gli dissero che alcuni turisti si sentivano talmente male da svenire e dover essere trascinati via.

Il ragazzo era in gamba: fissò intensamente lo zenit per quasi un minuto, come se sperasse di vedere le migliaia di uomini e i milioni di tonnellate di materiale sospesi oltre il blu profondo del cielo. Poi chiuse gli occhi con una smorfia, scosse la testa, e si guardò un attimo i piedi quasi ad assicurarsi che si trovava ancora sulla solida, incrollabile Terra.

Tese una mano con cautela e carezzò il nastro sottile che univa il pianeta con la sua nuova luna.

— Cosa succederebbe se si spezzasse? — chiese.

Era una vecchia domanda. Molti restavano sorpresi dalla risposta.

— Pochissimo. A questo punto, non si trova praticamente sotto tensione. Se tu tagliassi il nastro resterebbe lì, a dondolare al vento.

Kingsley ebbe un'espressione di disgusto. Tutti e due sapevano che quella semplificazione era eccessiva. In quel momento, ognuno dei quattro nastri era sottoposto a una tensione di circa cento tonnellate; ma era una cifra trascurabile a paragone dei pesi che avrebbero sorretto quando, integrati nella struttura della Torre, avessero cominciato a svolgere il loro lavoro. Comunque era inutile confondere il ragazzo con dettagli del genere.