Morgan rise. — Con questo si può abbattere da soli un albero, in un paio di minuti. Ma non è facile maneggiarlo, ed è pericoloso. Abbiamo dovuto costruire apparecchi speciali per arrotolarlo e srotolarlo. Li chiamiamo "filiere". Questa va a batteria ed è stata costruita per le dimostrazioni. Il motore può sollevare fino a duecento chili, e io ne scopro sempre nuovi usi. La modesta esibizione di oggi non era la prima, fra l'altro.
Quasi riluttante, Rajasinghe tolse il dito dall'anello. L'anello cominciò a cadere, poi si mise a penzolare avanti e indietro come sospeso nel vuoto. Morgan schiacciò un bottone, e con un ronzio delicato il filo rientrò nella filiera.
— Non sarete venuto fin qui, dottor Morgan, solo per impressionarmi con quest'ultima meraviglia della scienza… Per quanto io sia impressionato. Voglio sapere cosa c'entro io in questa faccenda.
— C'entrate moltissimo, signor ambasciatore — rispose l'ingegnere, fattosi improvvisamente serio e formale come Rajasinghe. — Avete perfettamente ragione a pensare che questo materiale possa avere molte appplicazioni pratiche, alcune delle quali stiamo appena cominciando a intravedere. E una di queste applicazioni, nel bene o nel male, farà della vostra pacifica isoletta il centro del mondo. No, non solo del mondo. Dell'intero sistema solare. Grazie a questo filamento, Taprobane sarà il punto di partenza verso tutti i pianeti. E un giorno, forse, verso le stelle.
10
Il Ponte dei ponti
Paul e Maxine erano due dei suoi amici migliori e di più antica data. Eppure fino a quel momento non si erano mai incontrati, e nemmeno, per quanto risultava a Rajasinghe, erano mai entrati in contatto. Non ne avevano motivo. Oltre i confini di Taprobane nessuno aveva mai sentito parlare del professor Sarath, ma l'intero sistema solare avrebbe riconosciuto all'istante il volto o la voce di Maxine Duval.
I suoi due ospiti erano adagiati nelle comode poltrone reclinabili della biblioteca, mentre Rajasinghe sedeva dietro il terminale principale della villa. Tutti e tre fissavano la quarta figura, che era immobile.
Troppo immobile. Un visitatore giunto dal passato, ignaro dei miracoli quotidiani dell'elettronica, dopo qualche secondo avrebbe forse deciso di avere di fronte una statua di cera superbamente minuziosa. Però un esame più ravvicinato avrebbe svelato due fatti sconcertanti. La "statua" era trasparente al punto che attraverso il suo corpo si potevano vedere i lampadari; e, a pochi centimetri dal tappeto, i suoi piedi diventavano sfuocati.
— Riconoscete quest'uomo? — chiese Rajasinghe.
— Non l'ho mai visto in vita mia — rispose subito Sarath. — Sarà meglio che sia un uomo importante, perché mi hai fatto scappare via da Maharamba. Stavamo per aprire la sala delle reliquie.
— Io ho dovuto abbandonare il mio trimarano all'inizio delle gare sul lago Saladino — disse Maxine Duval. La sua famosa voce di contralto conteneva quel tanto d'irritazione sufficiente a gelare una persona meno coriacea del professor Sarath. — E lo conosco, è ovvio. Vuole costruire un ponte da Taprobane all'Indostan?
Rajasinghe rise. — No. Sono due secoli che abbiamo una strada rialzata perfettamente funzionale. E mi spiace di avervi trascinati qui tutti e due… Anche se tu, Maxine, prometti da vent'anni di venire.
— Vero — sospirò lei. — Ma devo passare così tanto tempo nel mio studio che a volte dimentico che fuori esiste un mondo vero, occupato da circa cinquemila cari amici e cinquanta milioni di conoscenti intimi.
— In quale categoria faresti rientrare il dottor Morgan?
— L'ho incontrato… Oh, tre o quattro volte. Gli abbiamo fatto un'intervista al termine della costruzione del Ponte. È un tipo straordinario.
Detto da Maxine Duval, pensò Rajasinghe, quello era un complimento eccezionale. Per oltre trent'anni lei era stata forse la professionista più rispettata nel suo difficile campo, e si era meritata tutti gli onori che potevano offrirle. Il primo Pulitzer, il trofeo Global Times, il premio David Frost erano appena la punta dell'iceberg. E solo di recente era tornata al professionismo attivo, dopo due anni trascorsi alla Columbia University come insegnante di nuove tecnologie applicate al giornalismo.
Tutto questo l'aveva un po' addolcita, senza compromettere il suo entusiasmo. Non era più la sciovinista, a volte crudele, che una volta aveva detto: — Visto che le donne sono così brave a fare figli, probabilmente la natura avrà dato agli uomini qualche talento per compensare il dislivello. Ma per ora non me ne viene in mente nessuno. — Ad ogni modo, di recente aveva messo nell'imbarazzo un povero moderatore affermando: — Sono una giornalista "donna", maledizione, non uno scribacchino.
Sulla sua femminilità non erano mai esistiti dubbi. Si era sposata quattro volte, e andava famosa per le scelte dei REM. A prescindere dal sesso, i Remoti erano sempre giovani e atletici, in modo da potersi muovere con la massima agilità nonostante l'ingombro delle apparecchiature, che potevano pesare fino a venti chili. Quelli di Maxine Duval, immancabilmente, erano molto maschi e molto belli. Nell'ambiente si diceva, scherzando, che tutti i suoi Remoti erano anche montoni. La battuta era assolutamente priva di rancore, perché anche i più accesi rivali amavano Maxine quasi quanto l'invidiavano.
— Mi spiace per le tue gare — disse Rajasinghe — ma vedo che "Marlin III" ha vinto con estrema facilità anche senza di te. Penso ammetterai che questa faccenda è molto più importante… Ma diamo la parola a Morgan.
Schiacciò il bottone di "pausa" del proiettore, e la statua immobile riacquistò immediatamente vita.
— Mi chiamo Morgan. Sono ingegnere capo della Divisione Terra della Terran Construction. I mio ultimo progetto è stato il ponte di Gibilterra. Adesso voglio parlarvi di qualcosa d'infinitamente più ambizioso.
Rajasinghe lanciò un'occhiata nella stanza. Morgan li aveva affascinati, come si aspettava.
Si appoggiò all'indietro sulla poltrona e attese di sentir esporre quel progetto ormai familiare, per quanto incredibile. Strano, si disse, come si faccia in fretta ad accettare le regole della proiezione, ignorando gli errori anche grossolani dei comandi Inclinazione e Livello. Persino il fatto che Morgan "si muovesse" pur restando nello stesso punto, e la prospettiva completamente falsa del paesaggio esteriore, non riuscivano a distruggere il senso di realtà.
— L'era spaziale ha quasi duecento anni. Per oltre metà di questo periodo, la nostra civiltà è dipesa in modo pressoché totale dall'insieme di satelliti che orbitano attorno alla Terra. Comunicazioni mondiali, previsione e controllo del tempo, riserve terrestri e marine di mezzi, servizi postali e d'informazione: se dovesse succedere qualcosa ai meccanismi che controllano tutto questo dallo spazio, precipiteremmo in epoche oscure. Durante il caos che ne risulterebbe, malattie e carestie distruggerebbero gran parte della razza umana.
"E guardando oltre la Terra, ora che abbiamo colonie autonome su Marte, su Mercurio e sulla Luna e che siamo in grodo di estrarre le incalcolabili ricchezze degli asteroidi, vediamo l'inizio di un vero commercio interplanetario. Anche se ci è voluto un po' più di tempo di quanto non prevedessero gli ottimisti, è ormai ovvio che la conquista dell'aria era solo un modesto preludio alla conquista dello spazio.
"Ma oggi ci troviamo di fronte a un problema fondamentale, un ostacolo che si frappone a ogni progresso futuro. Anche se generazioni di ricerche hanno fatto del missile la più sicura forma di propulsione mai inventata…"
— Hai pensato alle biciclette? — mormorò Sarath.
— …I veicoli spaziali sono ancora estremamente inefficienti. Quel che è peggio, il loro effetto sull'ambiente è tremendo. Nonostante tutti i tentativi di controllare i corridoi aerei, il frastuono dei decolli e dei rientri disturba milioni di persone. I prodotti di scarico abbandonati nelle zone più alte dell'atmosfera hanno scatenato mutamenti climatici che potrebbero produrre conseguenze molto serie. Tutti ricordano l'epidemia di cancro alla pelle degli anni Venti, causata da un'infiltrazione di raggi ultravioletti, e i costi astronomici dei prodotti chimici che furono necessari per ricostruire l'ozonosfera.