Выбрать главу

— E il carbonio per la loro torre?

— Ne possiedono riserve illimitate su Deimos, esattamente dove occorre. Marte ha già iniziato a cercare d'individuare i punti più adatti allo scavo, anche se i processi di lavorazione non potranno aver luogo sulla Luna.

— Posso chiedere perché?

— A causa della gravità. Anche Deimos possiede un certo grado di gravità. L'iperfilamento si può produrre solo in condizioni di assoluta mancanza di gravità. Altrimenti è impossibile garantire una struttura cristallina perfetta, rispondente ai nostri standard di resistenza.

— Grazie, Van. Posso chiederti perché hai cambiato il progetto originario? Non mi spiacevano quelle quattro tubature, due per salire e due per scendere. Quella specie di metropolitana era qualcosa che riuscivo a comprendere, anche se saliva verso l'alto in verticale.

Non per la prima volta, e indubbiamente neanche per l'ultima, Morgan restò sorpreso davanti alla capacità straordinaria del vecchio di ricordare anche il particolare più insignificante. Con lui non si doveva mai dare niente per scontato. A volte le sue domande erano dettate dalla pura curiosità (spesso la curiosità di chi è talmente sicuro di sé da non aver bisogno di fingere di sapere, per dignità), ma certo non trascurava mai nessun dettaglio.

— Temo che i nostri progetti iniziali fossero un po' troppo terreni. Abbiamo fatto come i primi disegnatori d'automobili, che continuavano a creare carri senza cavalli. Adesso il nostro progetto è quello di una torre cava, quadrata, con un binario su ogni facciata. Immaginate che si tratti di quattro binari verticali. Si parte dall'orbita con un lato di quaranta metri, che si riduce a venti arrivando sulla Terra.

— Come una stalag… Stalatt…

— Stalattite. Sì, anch'io ho dovuto controllare. Dal punto di vista tecnico, una buona analogia potrebbe essere la vecchia Torre Eiffel, capovolta e allungata di circa centomila volte.

— Così tanto?

— Più o meno.

— D'accordo. Immagino che nessuna legge proibisca a una torre di pendere verso il basso.

— Ne avremo anche una che va "in alto", non scordatevene: dall'orbita sincrona alla massa d'ancoraggio che tiene in tensione l'intera struttura.

— E la Stazione di Mezzo? Spero che non avrai cambiato anche quella.

— No. Si trova ancora nello stesso punto, a venticinquemila chilometri d'altezza.

— Bene. So che non la vedrò mai, ma mi piace pensarci… — Lo sceicco mormorò qualcosa in arabo. — C'è un'altra leggenda, sai. La bara di Maometto, sospesa fra cielo e terra. Proprio come la Stazione di Mezzo.

— Vi prepareremo un banchetto lì, signor presidente, quando inaugureremo la linea.

— Anche se riesci a tener fede ai programmi, e ammetto che col Ponte sei andato in ritardo solo di un anno, per quella data io avrò novantotto anni. No, temo di non arrivarci.

"Ma io ci arriverò" pensò Morgan. "Perché adesso so che gli dèi stanno dalla mia parte, anche se ignoro quali dèi siano."

PARTE QUARTA

La Torre

32

Espresso spaziale

— Risparmiati le battute — lo pregò Warren Kingsley. — Non dirmi che se ne resterà incollato al terreno.

— Mi era venuta la tentazione — ridacchiò Morgan, esaminando il modello dimostrativo a grandezza naturale. — Sembra proprio un vagone ferroviario messo in piedi.

— È esattamente l'immagine che vogliamo proporre — rispose Kingsley. — Uno compera il biglietto alla stazione, sistema i bagagli, si accomoda sulla poltroncina e ammira il panorama. Oppure può andare nel salottino-bar e passare le cinque ore successive a bere sul serio, finché lo trascinano fuori alla Stazione di Mezzo. Tra parentesi, cosa ne pensi dell'idea della Sezione Design, decorazioni stile carrozza di lusso del diciannovesimo secolo?

— Non mi sembra un granché. Le carrozze di quell'epoca non possedevano cinque piani circolari, l'uno sopra l'altro.

— Sarà meglio che lo dica ai ragazzi. Si sono innamorati dell'illuminazione a gas.

— Se vogliono uno stile un po' più adatto, una volta ho visto un vecchio film di fantascienza al museo d'arte di Sydney. C'era un'astronave che aveva una sala d'osservazione circolare. Proprio quello che ci occorre.

— Ricordi il titolo?

— Oh… fammi pensare… Qualcosa tipo "Guerre spaziali Duemila". Sono certo che riuscirai a rintracciarlo.

— Dirò alla Sezione Design di cercarlo. Entriamo. Vuoi un casco protettivo?

— No — rispose bruscamente Morgan. Quello era uno dei pochi vantaggi dell'essere dieci centimetri più basso della media.

Entrando nel modello, Morgan provò un brivido d'eccitazione quasi fanciullesca. Aveva studiato i progetti, osservato i computer che lavoravano su grafici e bozzetti; gli sarebbe stato tutto familiare. Ma adesso era "vero", solido. D'accordo, sarebbe rimasto incollato al terreno, per usare quella vecchia frase. Ma un giorno, capsule perfettamente identiche a quella si sarebbero lanciate fra le nubi, raggiungendo in sole cinque ore la Stazione di Mezzo, a venticinquemila chilometri dalla Terra. E il tutto per la modica spesa di un dollaro d'elettricità per passeggero.

Persino in quel momento era impossibile comprendere fino in fondo il significato della rivoluzione imminente. Per la prima volta, lo spazio sarebbe diventato accessibile quanto qualsiasi punto sulla superficie della Terra. Entro pochi decenni, se l'uomo medio avesse voluto trascorrere il week-end sulla Luna, se lo sarebbe potuto permettere. E nemmeno Marte sarebbe stato inaccessibile. Non c'erano limiti a quello che diventava possibile. Morgan tornò di colpo alla realtà: aveva quasi inciampato in un tappeto messo giù male.

— Scusa — disse la sua guida. — Un'altra idea del Design. Il verde dovrebbe ricordare ai passeggeri la Terra. I soffitti saranno blu, sempre più scuri di piano in piano. E vogliono usare l'illuminazione indiretta dappertutto, in modo che le stelle siano visibili.

Morgan scosse la testa. — È una bella idea, ma non può funzionare. Se l'illuminazione è abbastanza forte da permettere di leggere, i riflessi offuscheranno le stelle. Ci vuole una parte della sala d'osservazione che si possa oscurare del tutto.

— È già previsto per una fetta del bar. Uno arriva, ordina da bere, e scompare nell'ombra.

Adesso si trovavano nel piano più basso della capsula, una stanza circolare di otto metri di diametro, alta tre. Tutto intorno c'erano scatole di varie dimensioni, cilindri e pannelli di controllo con scritte come RISERVA D'OSSIGENO, BATTERIA, ASSORBITORE DI CO2, MEDICINALI, CONTROLLO TEMPERATURA. Era chiaro che il tutto era momentaneo, provvisorio, che la disposizione poteva essere cambiata nel giro d'un momento.

— Chiunque crederebbe che stiamo costruendo un'astronave — commentò Morgan. — Fra l'altro, qual è l'ultima stima del periodo di sopravvivenza?

— Purché non manchi l'elettricità, una settimana come minimo, anche a pieno carico di cinquanta passeggeri. Il che è davvero assurdo, visto che una squadra di soccorso potrebbe sempre raggiungerli in tre ore, o dalla Terra o dalla Stazione di Mezzo.

— Escludendo una catastrofe totale che danneggi la Torre o i binari.

— Se dovesse succedere una cosa del genere, non credo che resterà nessuno da salvare. Ma se per qualche motivo una capsula dovesse fermarsi, e se i passeggeri non impazziscono e non si mangiano in un colpo tutte le nostre deliziose tavolette d'emergenza di cibo compresso, il loro problema sarà la noia.