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Il secondo piano era completamente vuoto. Non c'erano nemmeno arredi provvisori. Qualcuno aveva tracciato un rettangolo ampio sul pannello in plastica della parete e aveva scritto all'interno: PORTELLO QUI?

— Questo è il bagagliaio, però non siamo sicuri se ci sarà bisogno di tanto spazio. Se ne avanza, possiamo usarlo per altri passeggeri. Questo piano è molto più interessante…

Il terzo piano conteneva una dozzina di poltroncine stile aereo, tutte di modello diverso. Due di esse erano occupate da manichini molto realistici, un uomo e una donna, che sembravano terribilmente annoiati di tutta la faccenda.

— Praticamente abbiamo deciso per questo tipo — disse Kingsley, indicandogli una lussuosa poltroncina inclinabile a cui era collegato un tavolino — ma faremo i soliti test prelminari.

Morgan affondò il pugno nel cuscino.

— Qualcuno è rimasto seduto lì per cinque ore? — chiese.

— Sì. Un volontario che pesa cento chili. Niente piaghe da decubito. Se i passeggeri si lamentano, ricorderemo loro i primi giorni dell'aviazione, quando erano necessarie cinque ore solo per trasvolare il Pacifico. E, naturalmente, per quasi tutto il viaggio ci è possibile offrire la comodità di una gravità ridotta.

Il piano superiore era identico al precedente, ma senza poltrone. Lo attraversarono in fretta e salirono al livello successivo, a cui i progettisti avevano dedicato particolare attenzione.

Il bar sembrava quasi vero, e in effetti il distributore di caffè funzionava. Appena sopra, in una cornice estremamente elaborata, c'era un'antica stampa così piena di significati da mozzare il respiro a Morgan. In alto a sinistra campeggiava un'enorme luna piena, verso cui correva un treno a forma di proiettile, con quattro vagoni. Dai finestrini del vagone di prima classe sporgevano le bombette di personaggi vittoriani, che ammiravano lo spettacolo.

— Dove l'hai trovato? — chiese Morgan, con un misto di sorpresa e di ammirazione.

— È caduta di nuovo la targhetta — si scusò Kingsley, chinandosi dietro il banco del bar. — Ah, eccola qui.

Tese a Morgan un pezzo di cartone su cui era scritto, a vecchi caratteri tipografici:

TRENO PROIETTILE PER LA LUNA
Stampa dall'edizione 1881 di
DALLA TERRA ALLA LUNA
Diretto
In 97 ore e 20 minuti
E UN VIAGGIO ATTORNO ALLA LUNA
Di Jules Verne

— Temo di dover dire che non l'ho mai letto — confessò Morgan dopo aver assimilato l'informazione. — Mi avrebbe risparmiato un sacco di guai. Però mi piacerebbe sapere come facevano a viaggiare senza rotaie…

— Non dobbiamo attribuire troppi meriti o demeriti a Jules. Questa stampa non è roba da prendere sul serio. È uno scherzo del disegnatore.

— D'accordo. Fa' i miei complimenti a quelli del Design. È una delle loro idee migliori.

Abbandonati i sogni del passato, Morgan e Kingsley s'incamminarono verso la realtà del futuro. Al di là della grande vetrata d'osservazione, un sistema di laser proiettava una stupefacente visuale della Terra, e non una visuale "qualsiasi", notò soddisfatto Morgan, ma quella esatta. Taprobane era nascosta, ovviamente, perché si trovava direttamente sotto di loro; ma appariva l'intero subcontinente indiano, fino alle nevi bianchissime dell'Himalaya.

— Sai — disse all'improvviso Morgan — succederà esattamente come per il Ponte, una seconda volta. La gente farà il viaggio solo per ammirare il panorama. La Stazione di Mezzo potrebbe diventare la più grande attrazione turistica della storia. — Gettò un'occhiata al soffitto azzurro-blu. — C'è niente d'interessante all'ultimo piano?

— Niente di speciale. La camera d'equilibrio è ultimata, ma non abbiamo ancora deciso dove mettere il dispositivo di supporto del sistema di sopravvivenza e gli strumenti elettronici per il centraggio dei binari.

— Problemi?

— No, con i nuovi magneti. In accelerazione o in inerzia possiamo garantire un gioco perfetto fino a ottomila chilometri orari, cioè il cinquanta per cento in più della velocità massima prevista.

Morgan si concesse un sospiro di sollievo. In quel settore era del tutto incapace di formulare giudizi, e doveva affidarsi completamente alla competenza di altri. Sin dall'inizio era stato chiaro che a velocità del genere ci si poteva affidare soltanto a qualche sistema di propulsione magnetica; anche il minimo contatto "fisico", a più di un chilometro al secondo, avrebbe provocato la catastrofe. Eppure, le quattro paia di scanalature di guida che correvano sui lati della torre avevano solo pochi centimetri di gioco attorno ai magneti; dovevano essere costruite in modo che potessero generarsi in continuazione forze stabilizzatrici enormi, in grado di correggere tutti gli spostamenti della capsula rispetto alla linea centrale.

Mentre seguiva Kingsley giù per la scala a chiocciola che attraversava l'intera lunghezza della capsula, Morgan fu colpito all'improvviso da un pensiero cupo. "Sto diventando vecchio" si disse. "Oh, avrei potuto salire fino al sesto piano senza problemi; ma sono contento che abbiamo deciso di non andarci.

"Ho solo cinquantanove anni, e ne occorreranno almeno altri cinque, ammesso che tutto vada bene, perché la prima capsula passeggeri raggiunga la Stazione di Mezzo. Poi altri tre anni di prove, tarature, correzioni. Diciamo dieci anni, per stare sul sicuro…"

Faceva caldo, ma lui sentì un brivido improvviso. Per la prima volta, a Vannevar Morgan venne in mente che il trionfo a cui aveva dedicato tutto se stesso poteva giungere troppo tardi. E, inconsciamente, premette la mano contro il sottile disco di metallo nascosto dentro la camicia.

33

CORA

— Perché hai aspettato fino ad oggi? — aveva chiesto il dottor Sen, col tono di chi si rivolgesse a un bambino ritardato.

— Il solito motivo — rispose Morgan, lasciando correre il pollice buono lungo l'allacciatura della camicia. — Avevo troppo da fare… E se mi veniva il fiato corto davo la colpa all'altitudine.

— Certo l'altitudine ha la sua parte di responsabilità. Sarà meglio che tu faccia fare un esame a tutti i tuoi uomini che lavorano sulla montagna. Come hai fatto a trascurare un particolare così ovvio?

"Già, come ho fatto?" si chiese Morgan imbarazzato.

— Quei monaci… Alcuni avevano passato l'ottantina! Stavano così bene che non mi è mai venuto in mente…

— I monaci vivono lassù da anni. Si sono adattati perfettamente. Ma tu hai continuato a salire e scendere parecchie volte al giorno…

— …Al massimo due…

— …Passando dal livello del mare a mezza atmosfera in pochi minuti. Ad ogni modo il danno non è troppo grave… Se d'ora in poi seguirai le istruzioni. Mie, e di CORA.

— CORA?

— Allarme coronario.

— Oh… Uno di quegli aggeggi.

— Sì. Uno di "quegli" aggeggi. Salvano circa dieci milioni di vite l'anno. Pezzi grossi del governo, uomini d'affari importanti, eminenti scienziati, ingegneri di fama e altri stupidi del genere. Mi chiedo spesso se ne vale la pena. Può darsi che la natura stia cercando di dirci qualcosa che noi non ascoltiamo.

— Ricordati del tuo giuramento ippocratico, Bill — ribatté Morgan con un sorriso. — E devi ammettere che io ho sempre fatto quello che mi dicevi. Andiamo, il mio peso non è cambiato d'un chilo in dieci anni.

— Uhm… Be', non sei il peggiore dei miei pazienti — ammise il medico, un po' più malleabile. Frugò sulla scrivania e trovò un grande olocatalogo. — Scegli tu. Questi sono i modelli correnti. Per il colore come preferisci, basta che sia il rosso medico unificato.

Morgan accese le immagini e le studiò con disgusto.

— Dove dovrei tenere questa cosa? — chiese. — Oppure vuoi trapiantarla?