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Non si accorse nemmeno di usare la sinistra, ma d'improvviso capì che era serrata sulle cerniere del portello spalancato. Eppure non rientrò subito in cabina; era ipnotizzato dallo spettacolo della batteria che precipitava e scompariva in basso, roteando lentamente come uno strano corpo celeste. Ci volle molto tempo prima che svanisse del tutto; e solo allora Morgan si mise al sicuro, sprofondando nel sedile.

Restò immobile per molto tempo, col cuore che batteva forte, in attesa di un'altra indignata protesta di CORA. Invece scoprì, sorpreso, che restava in silenzio, come se anche lei fosse sorpresa quanto lui. Ad ogni modo non le avrebbe più dato motivo di lamentarsi: da quel momento in poi sarebbe rimasto seduto tranquillo davanti ai comandi, cercando di calmare i suoi nervi sconvolti.

Quando fu di nuovo padrone di sé chiamò la montagna.

— Ho liberato la batteria — disse, e da Terra udì salire esclamazioni di gioia. — Chiudo il portello e riparto. Dite a Sessui e soci di aspettarmi entro un'ora circa. E ringraziate Kinte per l'illuminazione. Non mi serve più.

Ripressurizzò la cabina, aprì l'elmetto della tuta, e si concesse una lunga, fresca sorsata di succo d'arancia vitaminizzato. Poi accese il motore e disinserì i freni, e un senso di profondo sollievo lo sommerse quando il Ragno riprese a salire a velocità piena.

Stava viaggiando da diversi minuti prima di rendersi conto cosa mancava. Gettò un'occhiata di ansiosa speranza alla griglia: no, non c'era. Be', poteva sempre procurarsi un'altra filiera, per sostituire quella che adesso stava piombando sulla Terra con la batteria esaurita; era un sacrificio modesto per un risultato così grande. Strano, quindi, che si sentisse tanto sconvolto, incapace di gustare a fondo il trionfo… Gli sembrava d'aver perso un vecchio amico fedele.

53

Perdita d'energia

Il fatto che il ritardo fosse di soli trenta minuti sembrava troppo bello per essere vero. Morgan era pronto a giurare che la capsula si era fermata almeno per un'ora. Su nella Torre, ormai lontana molto meno di duecento chilometri, il comitato di festeggiamenti si stava senz'altro preparando a riceverlo. E lui rifiutava la sola idea di prendere in considerazione problemi ulteriori. Quando oltrepassò il segnale posto al cinquecentesimo chilometro, continuando a viaggiare a tutta birra, da Terra gli giunse un messaggio di congratulazioni. — Fra l'altro — aggiunse Kingsley — il guardiano del santuario di Ruhana ha segnalato la caduta d'un aereo. Lo abbiamo rassicurato. Se troviamo la buca, potremo offrirti un ricordino. — Morgan non ebbe difficoltà a frenare l'entusiasmo: non voleva rivedere mai più quella batteria. Certo, se riuscivano a trovare la filiera… Ma quello era un compito impossibile.

Il primo segno di guai arrivò al chilometro cinquecentocinquanta. Ormai la velocità di salita avrebbe dovuto essere superiore ai duecento chilometri orari, invece raggiungeva appena i centonovantotto. Era una differenza minima, che non avrebbe influito in maniera apprezzabile sul tempo d'arrivo; però lo preoccupava.

A soli trenta chilometri dalla Torre aveva diagnosticato il problema, e sapeva che questa volta non poteva farci assolutamente niente. La riserva d'energia avrebbe dovuto essere piuttosto ampia, ma la batteria cominciava a scaricarsi; forse i delicati elementi che la componevano avevano subito qualche danno. Qualunque fosse la spiegazione, il flusso di corrente e la velocità della capsula diminuivano gradualmente.

Quando Morgan riferì a Terra le cifre che apparivano sul pannello, scoppiò la costernazione.

— Temo che tu abbia ragione — rispose Kingsley, che sembrava sul punto di piangere. — Ti suggeriamo di abbassare la velocità fino a cento chilometri orari. Cercheremo di calcolare il tempo di vita della batteria, anche se si tratterà solo di una valutazione approssimativa.

Ancora venticinque chilometri; solo quindici minuti, anche a quella velocità minima! Se Morgan fosse stato capace di pregare, avrebbe pregato.

— Riteniamo che tu abbia ancora a disposizione fra i dieci e i venti minuti, a giudicare dal tasso di diminuzione dell'energia. Ci mancherà un pelo, temo.

— Devo ridurre ancora la velocità?

— Per ora no. Stiamo cercando di sfruttare al massimo l'energia, e meglio di così non ci sembra possibile.

— Be', adesso potete accendere il proiettore. Se non posso raggiungere la Torre, almeno voglio vederla.

Né Kinte né le altre stazioni potevano essergli d'aiuto, adesso che voleva ammirare la base della Torre. Quello era un lavoro per il proiettore di Sri Kanda, puntato in verticale verso lo zenit.

Un attimo dopo, la capsula fu trafitta da un raggio di luce luminosissimo che giungeva dal cuore di Taprobane. A soli pochi metri di distanza, così vicini che gli pareva di poterli toccare, gli altri tre nastri erano fasci di luce che convergevano verso la Torre. Seguì il loro percorso, e vide le fondamenta…

Lontane appena venti chilometri! Poteva arrivarci in una dozzina di minuti, attraversare il pavimento di quel piccolo edificio quadrato che vedeva splendere in cielo, portare doni come un Babbo Natale troglodita. Era deciso a rilassarsi, a seguire gli ordini di CORA, ma gli era impossibile. Sentì che i suoi muscoli si tendevano, come se i suoi sforzi fisici potessero servire a spingere il Ragno lungo l'ultimo tratto di percorso.

A dieci chilometri dall'obiettivo il rumore del motore variò sensibilmente. Morgan se l'era aspettato, e reagì immediatamente. Senza attendere ordini da Terra ridusse la velocità a cinquanta chilometri orari. A quella velocità gli restavano "ancora" dodici minuti di viaggio, e cominciò a chiedersi, disperato, se non si trattasse di un avvicinamento asintotico. Era una variante della corsa fra Achille e la tartaruga: se dimezzava la velocità ogni volta che si dimezzava la distanza, avrebbe raggiunto la Torre in un tempo finito? Una volta avrebbe saputo subito la risposta; adesso si sentiva troppo stanco per elaborarla.

A cinque chilometri vide i particolari della Torre: il ponte d'impalcatura e le ringhiere di protezione, l'inutile rete di sicurezza messa come contentino per l'opinione pubblica. Per quanto si sforzasse, non riusciva a scorgere il portello verso cui stava strisciando con lentezza esasperante.

E poi la cosa non importò più. Due chilometri sotto le fondamenta, i motori del Ragno si fermarono completamente. La capsula scivolò indietro di qualche metro prima che Morgan riuscisse a frenare.

Eppure adesso, sorprendendo Morgan, Kingsley non sembrò disperato.

— Puoi ancora farcela — disse. — Da' dieci minuti alla batteria per ricaricarsi. C'è ancora energia a sufficienza per gli ultimi due chilometri.

Furono tra i dieci minuti più lunghi che Morgan avesse mai vissuto. Avrebbe potuto abbreviarli rispondendo agli appelli sempre più disperati di Maxine Duval, ma si sentiva troppo esausto emotivamente per parlare. Gli dispiaceva sinceramente, e sperava che Maxine capisse e lo scusasse.

Scambiò poche frasi con l'autista-pilota Chang, il quale gli disse che i prigionieri della Torre erano ancora in ottima forma, e molto incoraggiati dalla sua vicinanza. A turno lo osservavano attraverso l'unico oblò del portello esterno della camera d'equilibrio, e non riuscivano semplicemente a credere che non fosse in grado di superare i pochi chilometri che lo dividevano da loro.

Morgan, per scaramanzia, concesse un minuto in più alla batteria. Fu sollevato nel vedere che il motore ruggiva con forza, avanzando a buona velocità. Il Ragno arrivò a mezzo chilometro dalla Torre prima di fermarsi di nuovo.

— La prossima volta ce la fai — disse Kingsley, anche se a Morgan sembrava che l'ottimismo del suo amico suonasse un po' forzato. — Mi spiace per tutte queste soste…

— Altri dieci minuti?

— Temo di sì. E questa volta da' impulsi di trenta secondi, con un intervallo di un minuto fra l'uno e l'altro. Così sfrutterai gli ultimi erg della batteria.