Выбрать главу

«Cinquant’anni» disse Wainwright, pensoso. «Un’attesa molto lunga.»

«Per la razza umana, forse, ma non per Karellen» rispose Stormgren. Soltanto adesso il Segretario Generale cominciava a comprendere l’elegante soluzione dei Superni: quella promessa concedeva loro il respiro di cui avevano bisogno e tagliava le gambe alla Lega della Libertà. Stormgren non credeva che la Lega si sarebbe arresa, ma la sua posizione era sicuramente indebolita. Anche Wainwright doveva essersene reso conto.

«In cinquant’anni il danno sarà fatto» disse amareggiato il capo della Lega. «Tutti quelli che hanno conosciuto i giorni della nostra indipendenza saranno ormai morti, e la razza umana avrà dimenticato il suo retaggio.»

Parole… parole vuote, pensò Stormgren. Parole per le quali un tempo gli uomini combattevano e morivano, e per le quali non avrebbero combattuto mai più. E per il mondo era meglio così.

Guardando Wainwright andar via, Stormgren si domandò quanti altri guai avrebbe causato la Lega nel futuro. Ma questo, pensò con animo leggero, era un problema di cui si sarebbe occupato il suo successore. E poi, certi mali solo il tempo poteva guarirli. Importante era non deludere gli uomini retti. Gli altri si poteva distruggerli.

«Eccoti la tua busta di pelle» disse Duval. «Te la rendo come nuova.»

«Grazie» disse Stormgren, esaminando ugualmente la borsa con molta attenzione. «Ora forse mi dirai il risultato e quale sarà la prossima mossa.»

Ma il fisico sembrava immerso nei suoi pensieri.

«Quello che non riesco a capire» disse «è la facilità con cui abbiamo raggiunto l’intento. Ora, se io fossi stato Karellen…»

«Ma tu non sei Karellen. Avanti, vieni al punto, Duval! Si può sapere che cosa abbiamo scoperto?»

«Ah, queste razze nordiche, ipertese, sovreccitabili!» sospirò il francese.

«Quello che abbiamo inserito nella tua borsa era un radar di minima potenza, che sfrutta radioonde di altissima frequenza e l’estremo infrarosso, o per meglio dire tutte le onde che nessuna creatura vivente potrebbe vedere, avesse anche occhi soprannaturali.»

«Come fai a esserne sicuro?» domandò Stormgren.

«Non sono sicuro al cento per cento» ammise Duval, riluttante «ma Karellen ti riceve in un locale illuminato normalmente, no? Quindi i suoi occhi devono essere più o meno analoghi ai nostri, quanto a estensione spettrale. A ogni modo, il radar ha funzionato. Abbiamo avuto la prova dell’esistenza di una sala molto grande al di là del famoso schermo. Lo schermo ha uno spessore di tre centimetri, e lo spazio al di là si estende per almeno una decina di metri. Non abbiamo potuto ricevere nessuna eco della parete più lontana, ma non ci illudevamo con un radar di potenza minima. Comunque, ecco cos’abbiamo ottenuto.» Il francese spinse verso Stormgren una specie di fotografia che rappresentava un’unica linea alquanto larga. In un punto c’era come un nodo. Pareva il grafico indicante un leggero moto sismico. «Lo vedi quel segno?» domandò Duval.

«Sì. Che cos’è?»

«Karellen.»

«Oh, Dio! Ne sei sicuro?»

«È un’ipotesi ragionevolmente certa. Se ne sta in piedi o seduto, o chissà come, a due metri circa dallo schermo. Se il negativo fosse stato più chiaro, avremmo potuto calcolare le sue dimensioni.»

Stormgren guardava la leggera traccia sul foglio provando sentimenti diversi e molto vaghi. Fino a un attimo prima non esistevano prove che Karellen possedesse un corpo fisico. Ora la prova era ancora indiretta, ma lui l’accettava senza obiezioni.

«Inoltre» riprese Duval «abbiamo dovuto calcolare la penetrabilità dello schermo alla luce normale, e ora ne abbiamo un’idea abbastanza precisa. E anche se non è precisa al cento per cento, non importa. Tu capisci, naturalmente, che non esiste in realtà un vetro che lasci passare la luce in una sola direzione: si tratta soltanto di far cadere la luce secondo la giusta inclinazione. Karellen siede in una camera buia, tu sei in piena luce, e la cosa è fatta.» Duval ridacchiò. «Ma ora noi disporremo tutto in altro modo!»

Con l’aria di un negromante che si accinga a evocare un demonio, si mise a frugare in un cassetto, da cui trasse infine un grosso flash. Un’estremità della lampada si dilatava in una specie di canna sfiatatoio così che tutto il congegno ricordava un vecchio trombone da briganti. Duval sorrise compiaciuto.

«Non è così pericolosa come sembra. Non dovrai fare altro che puntare la bocca contro lo schermo e tirare il grilletto. La lampada emana un lampo fortissimo che dura una decina di secondi, durante i quali tu avrai tutto il tempo di spazzare in cerchio la stanza dietro lo schermo e goderti il panorama. Tutta la luce passerà attraverso lo schermo centrando il tuo amico come il fascio luminoso di un faro.»

«Non rischierò di ferirlo?»

«Basterà che tu tenga la canna un po’ abbassata prima di puntargliela contro, ciò darà tempo ai suoi occhi di adattarsi. Suppongo che abbia riflessi simili ai nostri… del resto non abbiamo nessuna intenzione di acce-carlo.»

Stormgren guardò l’arma con aria dubbiosa, soppesandola tra le mani. Da qualche settimana la coscienza gli rimordeva. Karellen lo aveva sempre trattato con simpatia evidente, addirittura con affetto nonostante la sua franchezza a volte spietata, e Stormgren non voleva rovinare la loro amicizia ora che i loro rapporti ufficiali stavano per finire. Ma il Supercontrollore aveva ricevuto delle istruzioni precise, mentre Stormgren era convinto che, se Karellen fosse stato libero di decidere, si sarebbe mostrato agli uomini già da molto tempo. Ora avrebbe deciso lui per Karellen e, alla fine dell’ultimo incontro, Stormgren avrebbe visto la faccia del Superno. Ammesso che Karellen avesse una faccia.

Il nervosismo che aveva colto Stormgren durante i primi istanti era passato. Quasi tutto il colloquio venne sostenuto da Karellen, intento a tessere le frasi complicate di cui ogni tanto mostrava di compiacersi. Un tempo questa particolarità era sembrata a Stormgren la più straordinaria e inattesa delle qualità di Karellen, ma ora non gli sembrava più tanto meravigliosa perché sapeva che, come quasi tutte le capacità del Supercontrollore, era l’effetto della forza intellettiva più che di un particolare talento.

«Non vedo la necessità per voi, o il vostro successo, di preoccuparvi oltre misura per la Lega, nemmeno quando si sarà ripresa dal suo attuale stato di depressione. In questi ultimi mesi se n’è stata tranquilla e, anche se rinascesse, non rappresenterà pericolo per chissà quanti anni. Inoltre, dato che è sempre bene sapere quello che fa l’opposizione, la Lega della Libertà è un’istituzione assai utile. Anzi, qualora si trovasse in difficoltà finanziarie, potrei anche decidere di sovvenzionarla.»

Più di una volta Stormgren si era accorto di non capire quando Karellen scherzava. Rimanendo impassibile, continuò ad ascoltare.

«Tra breve la Lega perderà un altro degli argomenti ai quali si appoggiava. Molte critiche sono state mosse, e tutte alquanto puerili, all’incarico da voi svolto in questi ultimi anni. Per me il vostro lavoro è stato utile nei primi tempi della nostra amministrazione, ma ora che il mondo ha cominciato a muoversi lungo la linea di condotta segnata da me, il vostro intervento non è più necessario. In futuro tutti i miei rapporti con la Terra saranno indiretti, e l’ufficio del Segretario Generale può tornare alle sue funzioni di una volta. Nei prossimi cinquant’anni ci saranno molte crisi, ma si risolveranno tutte. Il futuro della Terra si presenta sereno, e un giorno tutte queste difficoltà saranno dimenticate, anche da una razza dalla memo-ria tenace come la vostra.»

Le ultime parole furono dette in tono tanto significativo, che Stormgren si sentì gelare. Karellen non parlava mai a caso, e anche le sue indiscrezioni erano calcolate al decimillesimo. Ma non ci fu il tempo di far domande (a cui certamente sarebbe stato risposto) prima che il Supercontrollore cambiasse ancora argomento.