La dimostrazione durò esattamente trenta minuti. Fu sufficiente: il giorno dopo, il governo del Sud Africa annunciò la reintegrazione dei pieni diritti civili alla minoranza bianca. A parte questi incidenti isolati, la razza umana aveva accettato i Superni come parte dell’ordine naturale delle cose. In un tempo straordinariamente breve, l’impressione iniziale si era attenuata fino a scomparire del tutto, e il mondo aveva ripreso la sua vita. Il maggior mutamento che un mitico Aligi, destatosi dopo un sonno secolare, avrebbe notato, era un’aspettativa in sordina, uno sbirciare mentale, in attesa che i Superni uscissero dalle loro lucenti astronavi per mostrarsi agli uomini.
Cinque anni dopo, l’umanità stava ancora aspettando. Era questa, pensava Stormgren, la causa di tutti i guai.
C’era il solito gruppo di curiosi, di giornalisti e di fotografi e di telecronisti, quando la macchina di Stormgren arrivò sulla pista dell’aeroporto. Il Segretario Generale scambiò alcune parole all’ultimo momento col suo assistente, prese la borsa di pelle e si avviò in mezzo a due ali di folla. Karellen non lo faceva mai aspettare a lungo. Ci fu un’esclamazione improvvisa della folla, e una bolla argentea si dilatò nel cielo con velocità incredibile. Una raffica di vento investì Stormgren nell’istante in cui il piccolo veicolo spaziale si fermava a una cinquantina di metri, restando sospeso a pochi centimetri dal suolo, quasi timoroso di un contatto con la Terra. Mentre camminava lentamente verso la folla, Stormgren vide il familiare raggrinzarsi dello scafo metallico apparentemente senza connessure, e un attimo dopo l’apertura che aveva tanto stupito i più celebri scienziati del pianeta si rivelò. Lui entrò nell’unica sala scarsamente illuminata della piccola astronave. L’apertura si richiuse senza lasciare traccia, escludendo ogni suono e ogni vista dall’esterno. Si riaprì cinque minuti più tardi. Non aveva avuto nessuna sensazione di movimento, ma Stormgren sapeva di essere a cinquanta chilometri sopra la Terra, profondamente incuneato nel cuore della nave cosmica di Karellen. Era tra i Superni: intorno a lui essi erano intenti alle loro misteriose faccende. Stormgren era spesso andato più vicino a loro di qualsiasi altro uomo, eppure come ogni altro terrestre ignorava tutto del loro aspetto fisico. La saletta delle riunioni in fondo al breve passaggio era arredata unicamente con una sedia e un tavolino sotto il teleschermo e, secondo le intenzioni, non rivelava assolutamente nulla delle creature che l’avevano costruita. Lo schermo era vuoto e spento, come l’aveva sempre visto Stormgren. Talvolta in sogno, lui immaginava di vederlo accendersi improvvisamente, rivelando il segreto che assillava il mondo. Ma il sogno non si era mai avverato: dietro quel rettangolo di tenebra si annidava il mi-stero più impenetrabile. Ma vi si nascondeva anche potenza e saggezza, e soprattutto una infinita tolleranza, una specie di divertito sentimento di affetto per le piccole creature che si affannavano sul pianeta Terra. Dalla grata nascosta venne la voce calma, mai assillata dalla fretta, che Stormgren conosceva tanto bene e che il mondo aveva sentito una volta sola nella sua storia. La profondità e la risonanza di quella voce erano la sola indicazione sulla natura fisica di Karellen, e dava una chiara impressione delle sue dimensioni: Karellen doveva essere altissimo, più grande di un essere umano. Alcuni scienziati, però, dopo avere analizzato la registrazione del suo discorso, avevano prospettato l’ipotesi che la voce fosse quella di una macchina, ma Stormgren non poteva crederci.
«Sì, Rikki, ho seguito il vostro breve colloquio. Che cosa ne pensate del signor Wainwright?»
«È un uomo onesto, anche se molti suoi seguaci non lo sono. Che cosa dobbiamo fare? La Lega in sé non è pericolosa, ma alcuni dei suoi estremisti sono apertamente per la violenza. Mi sono chiesto se non fosse il caso di chiedere una guardia del corpo, ma spero che non sia necessario.»
Con l’atteggiamento irritante che aveva spesso, Karellen non prese in considerazione l’argomento.
«Da un mese ormai si conoscono i particolari sull’andamento della Federazione Mondiale. C’è stato un sensibile aumento sulla vecchia percentuale del sette per cento dei miei oppositori, o sul dodici per cento degli agnostici?»
«No, ma non è questo il punto più importante. Mi preoccupa, piuttosto, il sentimento generale, diffuso anche tra i vostri sostenitori, che è tempo di svelare il mistero di cui vi circondate.»
Il sospiro di Karellen fu tecnicamente perfetto, ma mancava di convinzione.
«Ed è anche il vostro sentimento, non è vero?»
La domanda era retorica, e Stormgren non si preoccupò di rispondere.
«Mi domando se vi rendete conto» continuò seriamente «di come questa situazione renda difficile il mio lavoro…»
«Credetemi, non facilita nemmeno il mio» rispose Karellen, con una certa vivacità. «Vorrei che la gente la smettesse di considerarmi un dittatore e si ricordasse che sono soltanto un funzionario incaricato di seguire una politica coloniale nella cui elaborazione non ha messo mano.»
Questa definizione di sé, pensò Stormgren, era alquanto impegnativa; ma fino a che punto corrispondeva alla verità?
«Non potreste almeno darci una spiegazione per la vostra invisibilità?
Noi non riusciamo a trovarne, e la cosa ci disturba e fa nascere chiacchiere interminabili.»
Karellen fece udire la sua risata profonda, troppo risonante per essere del tutto umana.
«Che cosa si crede di me, adesso? La teoria del robot è ancora valida?
Preferirei, comunque essere una massa di valvole elettroniche che qualcosa di simile a un millepiedi… ah, sì, ho visto ieri quella vignetta sul «Chicago Tribune»! Ho una mezza idea di chiederne l’originale!»
Stormgren strinse le labbra. C’erano momenti in cui Karellen sembrava prendere i suoi doveri troppo alla leggera.
«Si tratta di una cosa molto seria» disse il Segretario Generale in tono di rimprovero.
«Mio caro Rikki» rispose Karellen «ma è soltanto non prendendo la razza umana sul serio, che riesco a conservare quel che ancora mi resta della mia forza mentale, assai considerevole un tempo.»
Stormgren non poté fare a meno di sorridere.
«Non mi avete dato un grande aiuto, non vi pare? Dovrò tornare laggiù a convincere i miei simili che, sebbene non vi facciate vedere, non avete niente da nascondere. Non sarà facile, ve lo assicuro. La curiosità è una delle caratteristiche umane dominanti. Non potete sfidarla in eterno.»
«Fra tutti i problemi che abbiamo dovuto affrontare quando siamo venuti sulla Terra, questo è stato il più arduo» ammise Karellen. «Vi siete fidati della nostra saggezza per altre cose, sicuramente potete fidarvi anche per questo.»
«Io ho fiducia in voi» disse Stormgren «ma Wainwright no, e meno ancora i suoi seguaci. Vi sentite di condannarli se interpretano in senso negativo il vostro rifiuto a mostrarvi?»
Seguì un lungo silenzio. Poi Stormgren udì un lieve rumore (uno scricchiolio forse?) quale avrebbe potuto fare il Supercontrollore nel muoversi.
«Sapete perché Wainwright e quelli che la pensano come lui hanno paura di me?» disse Karellen. La sua voce era triste, ora, come il suono in sordina di un grande organo che moduli le note dall’alto di una navata di cattedrale. «Troverete uomini come lui in tutte le religioni del mondo. Sanno che noi rappresentiamo la ragione e la scienza, e per quanta fiducia possano avere nella loro fede, temono che finiremmo per rovesciare i loro dei. Non necessariamente con un atto deliberato, ma in modo più sottile. La scienza può distruggere la religione ignorandone l’esistenza, o dichiaran-done false le basi. Nessuno mai ha potuto dimostrare, a quanto ne so, la non esistenza di Zeus o di Thor… ma queste divinità hanno pochi adoratori oggi. I vari Wainwright temono inoltre che noi si conosca la verità sulle origini delle loro fedi. Da quanto tempo, si domandano, noi stiamo osservando l’umanità? Abbiamo visto quando Maometto dette inizio all’Egira, quando Mosè impartì le leggi agli Ebrei? Sappiamo tutto ciò che c’è di falso nei miti ai quali essi credono?»