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Judith guardò fuori dell’oblò, immaginandosi il proprio ufficio laggiù nell’Istituto, sulla Terra. Il trasferimento del gruppo lassù (se fosse davvero avvenuto: Hans Gibbs se n’era andato ormai da parecchio tempo) le era parso una cosa talmente enorme quando le era stato proposto la prima volta… Ma a paragone di ciò che Salter Wherry stava progettando per le arcologie, non era nulla. Le arcologie erano progettate per essere autosufficienti per un periodo di molti secoli, e anche più. in grado di vagare liberamente attraverso il Sistema Solare e oltre se avessero scelto di farlo, indipendenti perfino dalla luce del sole. Da un chilogrammo o due d’acqua, gli impianti a fusione autoconfinata avrebbero fornito energia sufficiente per anni. Come ausiliario ai sistemi di riciclaggio, ogni arcologia avrebbe rimorchiato un asteroide di parecchie centinaia di metri di diametro, da cui estrarre i minerali se fosse stato necessario.

Judith scosse la testa pensierosa. Sollevò la poltrona in bilico per guardar fuori dagli oblò rivolti verso la Terra. Là sotto era giorno e poteva vedere la grande chiazza che avvolgeva la maggior parte dello Zaire e dell’Africa Centrale. Parte delle disseccate foreste pluviali equatoriali era ancora in fiamme, proiettando un’ombra scura sulla metà del continente. L’area tormentata della siccità si stendeva dal Mediterraneo fin oltre l’equatore e nessuno poteva prevedere quando sarebbe finita. Era difficile immaginare come fosse la vita là sotto, a mano a mano che i mutamenti climatici rendevano impossibili gli antichi stili di vita africani. E sull’altro lato dell’Atlantico il vasto bacino delle Amazzoni si stava anch’esso inaridendo in modo costante, diventando lo stoppaccio che si sarebbe incendiato nell’arco di pochi mesi a meno che il clima non avesse subito immediati e drastici mutamenti.

Girò la testa ed Eleonora ricomparve alla sua vista, molto in alto. Giù sulla Terra le arcologie parevano remote, il sogno ad occhi aperti di un uomo. Ma una volta lassù, guardando le navi-traghetto che sciamavano fra la Stazione e la lontana, ammiccante sfera di Eleonora…

— Interessata a fare questo viaggio? — disse la voce di Hans Gibbs alle sue spalle. — C’è spazio disponibile in abbondanza per le persone qualificate, e tu saresti un candidato di prima scelta come colono.

L’incanto era rotto. Judith si rese conto di essere rimasta lì a guardar fuori dimentica di ogni altra cosa, più affascinata di quanto si fosse mai aspettata. Lo fissò con una domanda inespressa.

— La risposta è sì — si affrettò lui ad aggiungere. Scosse la testa perplesso. — Ci avrei scommesso il fegato che non avrebbe neppure preso in considerazione la possibilità d’incontrarti, come ti ho detto, oggi Salter Wherry non riceve mai nessuno, salvo pochi assistenti. E cosa fa, invece? Acconsente ad incontrarti.

— Grazie.

Hans Gibbs scoppiò a ridere. — Per l’amor di Cristo, non ringraziare me. lo gliel’ho soltanto chiesto, e non mi aspettavo altro che un pronto rifiuto. Ha acconsentito così in fretta che mi ha colto impreparato. Avevo incominciato ad esporgli delle argomentazioni sul perché avrebbe dovuto fare un’eccezione in questo caso, poi il mio cervello ha raggiunto la mia mente. Suppongo che questo dimostri quanto poco io lo conosca, anche dopo tutti questi anni. Se sei pronta, possiamo andare subito da lui. Il suo appartamento si trova sull’altra estremità di Spindletop, proprio dalla parte opposta a quella in cui ci troviamo adesso. Vieni, prima che cambi idea.

CAPITOLO SESTO

La Stazione Salter era stata costruita secondo il progetto generale della doppia ruota messo a punto trent’anni prima per una stazione spaziale permanente.

La Ruota superiore, la cosiddetta Spindletop, era riservata alle comunicazioni, alle abitazioni e alle aree ricreative. Ruotava intorno all’asse fisso che sporgeva in su fino ad essa dalla ruota inferiore. Con un diametro di quattrocento metri, Spindletop aveva una gravità effettiva che andava da quasi zero al mozzo fino a quasi un quarto di G alla circonferenza esterna. La sezione inferiore, più spessa, ruotava con lentezza assai maggiore. Ci volevano quasi due ore per una completa rivoluzione, a confronto della rotazione col periodo di un minuto di Spindletop. Tutti gli impianti per la manutenzione, la costruzione, le centrali d’energia e i sistemi agricoli si trovavano nella ruota inferiore.

— E anche un certo numero di persone — aggiunse Hans Gibbs, mentre cavalcavano il cavo mobile diretti verso il mozzo di Spindletop. — Una volta che si sono abituati alla gravità zero, è un lavoro d’inferno riuscire a farli risalire quassù. Esiste un programma obbligatorio di esercizi, ma stenteresti a credere quanti sono i modi che riescono a escogitare per aggirarlo. Qui abbiamo dei tecnici che non potrebbero mai tornare sulla Terra senza un anno di condizionamento, passano tutto il loro tempo a oziare intorno a Workwheel. Consumano perfino i loro pasti là sotto. — Indicò un corridoio metallico, d’una ventina di metri di larghezza, che si allontanava ad angolo retto da quello che loro stavano percorrendo diretti verso l’interno. — Quella è la strada principale tra Workwheel e Spindletop. Ecco, adesso siamo arrivati al mozzo. Se volessimo, potremmo starcene sospesi qui e andarcene alla deriva.

Si soffermarono per alcuni secondi, in modo che Judith potesse dare una buona occhiata intorno a sé. La sezione centrale era un labirinto di cavi, corridoi e camere di equilibrio.

— È tutto pressurizzato — disse Hans Gibbs in risposta alla domanda di Judith sulla necessità delle camere di equilibrio interne. — Ma le diverse sezioni hanno diversi livelli di pressione. E, naturalmente, le camere di equilibrio sono state messe anche per motivi di sicurezza. Non abbiamo mai avuto esplosioni o una grave perdita d’aria, ma potrebbe succedere in qualsiasi momento, non possiamo tener d’occhio tutte le meteore.

Le prese il braccio quando passarono al cavo che si protendeva fuori lungo un altro corridoio radiale di Spindletop. I muscoli di Judith si tesero leggermente sotto le sue dita, ma lei non fece nessun commento.

— Hai passato molto tempo in caduta libera? — le chiese Hans Gibbs dopo qualche istante. Si girò, così adesso si trovarono rivolti l’uno verso l’altra, cadendo costantemente verso l’esterno lungo la galleria circolare spiraleggiante che conduceva all’orlo di Spindletop.

Lei scosse la testa. — Quel tanto che basta a non darmi più fastidio allo stomaco, ma niente di più. Talvolta ho pensato che sarebbe stato bello fare una vacanza su Waterway per vedere come si fa a nuotare in caduta libera, ma mi hanno detto che costa caro, ed io sono sempre stata molto occupata.

— Se verrai a lavorare quassù potrai farlo gratis. I grandi serbatoi del pesce giù su Workwheel sono sempre aperti ai nuotatori.

Girò il viso, così da non guardarla più direttamente quando riprese a parlare. La sua voce era completamente neutra. — Ci sono altre esperienze in caduta libera che dovresti provare, alcune davvero interessanti. Forse potresti saggiarle prima di ridiscendere all’Istituto, così da poter dire agli altri come si sta quassù.

Sentì i muscoli del braccio di lei tendersi di nuovo sotto la sua stretta. — Prima vediamo cosa succede con Salter Wherry, d’accordo? — Judith rispose. La sua voce non era impegnata, ma suonava leggermente divertita. — Forse dovrò dir loro che non ha funzionato. O forse avremo qualcosa da festeggiare.

L’area nella quale stavano entrando aveva un aspetto sostanzialmente diverso dalle parti della Stazione Salter che Judith Niles aveva già visto. Invece di pareti metalliche e paratie, adesso stavano costeggiando pavimenti coperti da morbidi tappeti fiancheggiati da elaborate pitture murali. Alla porta di un’anticamera venne loro incontro un giovane abbigliato con un’uniforme attillatissima color azzurro-elettrico. A Judith parve un grazioso ragazzino di non più di tredici anni. La sua carnagione era morbida, senza la minima traccia di peli sul viso.